Mentre si cresce si impara a leggere, scrivere, far di conto perché tutto questo serve a diventare grandi. Ognuno però diventa grande a modo suo. Ci sono tempi e spazi diversi, strumenti e strategie differenti. Quel che occorre sapere se si vuole stare accanto ai ragazzi è che sono tutti giusti. Occorre perciò stare accanto a studenti e insegnanti. Lo sa bene Giulia Placci, psicologa e tecnico dell’apprendimento presso Strategicamente Insieme, centro di doposcuola per ragazzi con dsa, disturbi specifici dell’apprendimento (per i non addetti ai lavori si tratta di dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia). Il centro ha sede a Cotignola, Faenza e Ravenna. Su questi temi Placci ha da poco pubblicato il libro, La dispersione scolastica e i disturbi specifici dell’apprendimento nei territori della Romagna faentina, realizzato in risposta a un bando di ricerca de La Bcc. «Insieme al tutor Everardo Minardi abbiamo strutturato un’indagine che mettesse in correlazione il fenomeno dell’abbandono scolastico con la presenza di dsa nei ragazzi nei comuni del nostro territorio. Volevamo stare sul dato quantitativo, ma la complessità del reperire i dati, che sono dati sensibili che le scuole non conservano dopo gli spostamenti degli alunni in altre scuole, ci ha portato a elaborare invece un’indagine sui fattori di rischio e di protezione nella fascia d’età delle scuole medie e superiori – ci spiega Giulia – Così abbiamo somministrato questionari: 30 ai ragazzi, 30 ai genitori, 65 agli insegnanti, 35 agli operatori dei centri di doposcuola. Siamo quindi riusciti a fare un quadro completo della situazione scolastica che mette in luce alcuni problemi: a volte i ragazzi si sentono accolti e tutelati, a volte invece fanno fatica con il metodo di studio. Al centro deve esserci sempre la personalizzazione del metodo perché ognuno di loro è diverso».

Somministrati questionari a 30 ragazzi, 30 genitori, 65 insegnanti e 35 agli operatori dei centri di doposcuola

Negli ultimi anni anche chi non lavora a scuola o non ha figli che vanno a scuola inizia a sentir parlare di dsa, a capire di cosa di tratta. «Su questo tema adesso c’è un’attenzione diversa da parte di tutti. Al centro vediamo che le richieste sono aumentate. Posso dire che un’attenzione maggiore porta più persone a interrogarsi. Adesso ci sono anche strumenti diversi per le valutazioni in grado di mettere in luce i punti di forza e di debolezza di ciascuno». Necessario allora perseguire questa strada mettendo al centro sempre la ricerca del benessere a scuola. «L’aspetto centrale è sempre quello di prendersi cura dell’altro instaurando con lui un dialogo. Chiedere al proprio studente: “mi racconti come vai meglio nello strutturare le verifiche, le interrogazioni?”. A volte si chiede a chiunque come agire e poi manca quell’attenzione che porta a chiedere direttamente al ragazzo o alla ragazza che abbiamo davanti quali possono essere gli strumenti utili da mettere in campo. Costruire il percorso insieme ai ragazzi è fondamentale. Spesso capita che i ragazzi abbiano il pdp (piano didattico personalizzato, ndr) e non sappiano cosa c’è scritto. Sono i protagonisti e con loro ci si deve confrontare. Se già prima di fare questa ricerca credevo che fosse importante entrare nel vivo del vissuto di ognuno, ora ne sono ancora più convinta. Sono venute fuori cose molto diverse proprio per ricordare che il metodo di studio si deve costruire non sul manichino dello studente con dsa ma sulla persona che ha le sue caratteristiche, uniche e belle così come sono».

Letizia Di Deco