Da Faenza eco-logica si dichiarano “profondamente preoccupati dalla situazione di grave inquinamento dell’aria, che imperversa da settimane su Faenza, così come in tutta la pianura Padana.

A Faenza – proseguono dall’associazione – da metà gennaio il PM10, come rivelato dall’unica centralina (posta nel Parco Bertozzi), ha superato la soglia critica (50µg/m3 media giornaliera) per ben 7 giornate, rimanendo comunque per il resto delle giornate poco sotto la soglia, quindi su valori allarmanti per la salute umana, soprattutto per i bambini

Oggi Arpae indica un livello di PM10 di 70 µg/m³.

La centralina inoltre è localizzata dentro ad un parco e lontana dall’autostrada e dagli impianti industriali. Nonostante le ripetute richieste, non è stata ancora installata una centralina fissa in via Granarolo per rilevare la qualità dell’aria. Si può solo immaginare quindi, cosa respirano i cittadini nel quartiere nord.

Ogni giorno i polmoni nostri e dei nostri figli fanno aerosol di polveri sottili e altri inquinanti, dannosi per la salute. Cosa fanno – si chiedono da Faenza eco-logica – comune e regione?

La regione ha varato l’ennesimo Pair (Piano Aria Integrato 2030). Servirà a qualcosa o sarà inutile come i precedenti?

Quello che serve lo sappiamo. Piantare alberi (e non abbatterli), non cementificare zone verdi con nuove costruzioni (che siano tangenziali o villette), limitare il traffico e investire su mezzi pubblici, che a Faenza sono molto scarsi, non ci sono nelle ore serali e difficilmente raggiungono la zona nord, dove sono concentrati cinema, Inps, luoghi di lavoro.

Il Pums non ha fatto passi avanti da quando è stato approvato, non c’è stato un aumento delle zone pedonali o ztl (anzi le strade scolastiche sono quasi smantellate). Oltre alla necessaria limitazione del traffico, urge però imporre uno stop alle centrali a biomassa e altri impianti fonti di emissioni, almeno nei giorni di aria più inquinata.

I cittadini della zona nord da tempo lamentano odori nauseanti, bruciore alla gola, e abbandono totale da parte delle istituzioni sia dal Comune sia dalla Regione.

Non è mai stato condotto – concludono – uno studio epidemiologico sulla salute dei cittadini di Faenza, in particolare della zona nord, dove ricordiamo, insistono ben cinque centrali a biomassa (di cui una brucia anche rifiuti), industrie ceramiche e altri impianti.

Il protocollo sottoscritto da sette aziende presenti nell’area industriale e dal Comune, è fermo al 2020. Prevedeva una concertazione fra le aziende e il Comune sugli interventi di mitigazione utili al miglioramento della situazione ma, a distanza di 4 anni, nulla è cambiato.

Cosa si aspetta? Perché la salute dei cittadini viene tenuta in così poco conto, privilegiando le logiche di profitto?”