La signora Giuliana Budelazzi di Castel Raniero me l’ha fatta conoscere Pietro d’Quinzân. Sia io che lei, senza esserci mai incontrati prima,da anni condividiamo con Pietro una bella amicizia. L’avevo notata diverse volte in chiesa a Castel Raniero la domenica della Musica nelle aie alla Messa delle 8, celebrata in lingua autoctona, ma non avevo mai avuto occasione di parlarle. Pietro mi ha descritto spesso le doti, in particolare l’altruismo, che si accompagnano all’elegante signorilità di Giuliana e quando mi ha proposto di scambiare due chiacchiere con lei ho accettato più che volentieri.

La storia di Giuliana Budelacci

Giuliana è nata il 12 gennaio 1932 nella grande casa dei Budelacci, oggi in via Emilia Ponente, allora N°1 della parrocchia della Celle. Ho scritto “Budelacci” perchè quello era in origine il cognome, diventato poi “Budelazzi” per un probabile errore di trascrizione anagrafica.
Suo padre Giuseppe (1895-1972), fratello di monsignor Biagio Budelacci (vescovo di Nissa e Frascati) era di famiglia benestante, proprietaria di vari poderi sparsi nella campagna faentina di cui si occupava direttamente benvoluto e stimato dai suoi mezzadri e dai tanti operai. Dal suo matrimonio con Isolina Zardi (1894-1958) erano nati sei figli: Luigi (deceduto quasi subito), Antonio (1923), Luisa (1925), Francesca (1927), Giuliana (1932), Annamaria (1936). Quando parla della sua famiglia a Giuliana si illuminano gli occhi e ricorda con gioia l’ambiente sereno in cui è cresciuta. La sua è stata un’infanzia felice. Pur godendo di un benessere, all’epoca non indifferente, i suoi hanno sempre vissuto, e le hanno insegnato a vivere, con molta modestia condividendo il loro star bene con chi era stato meno fortunato. La sera la grande cucina si riempiva di gente, soprattutto vicini, che andavano a treb o di giovanotti che facevano la serenata alle sue sorelle maggiori. Il venerdì poi era il giorno riservato all’elemosina ai tanti poveri che arrivavano dalla città e se ne ritornavano con la sporta piena di un po’ di tutto: pane, farina, fagioli, patate, frutta, uova. Nessuno andava via senza niente, neppure un uomo anziano che, di quando in quando, passava con una pelle di volpe tutta spelacchiata e puzzolente. La mamma Isolina gli offriva sempre un piatto di minestra in brodo e pure qualcos’altro. Nel periodo del raccolto del fieno e del grano, da Marradi arrivavano diversi operai a cui per qualche settimana veniva dato vitto e alloggio; in cucina sua madre aveva un bel da fare a tirare sfoglie e a preparare tutto quello che serviva per metterli a tavola più volte al giorno. A questi si aggiungevano anche i pellegrini di passaggio a cui il babbo offriva un posto per dormire e qualcosa da mangiare.

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Una vita per gli altri

La serenità degli anni giovanili di Giuliana fu interrotta dal passaggio del fronte. Dopo i primi bombardamenti su Faenza la famiglia fu costretta a dividersi: il babbo e Luisa rimasero, la mamma e gli altri figli (compreso Antonio che dopo l’8 settembre doveva star nascosto) sfollarono a Sarna nel loro podere di via Fornace da dove furono poi cacciati dai tedeschi. Accolti dall’arciprete di Sarna, si sistemarono in chiesa insieme a tante altre persone, ma dopo due notti il tetto fu sfondato dagli spezzoni sganciati da Pippo e ci furono diversi feriti. Loro si salvarono, ma dovettero affrontare freddo, fame e pidocchi dormendo sulla paglia umida e mangiando per settimane solo pere volpine raccolte nei campi. L’arrivo di un reparto di indiani, con l’abbondanza di cui godevano i soldati alleati, gli portò un po’ di sollievo e poterono ricongiungersi con il resto della famiglia rimasto a Faenza dove il babbo di Giuliana aveva corso un grosso pericolo; spinto dal suo innato altruismo, aveva accolto in casa molti sfollati e fra questi pure un soldato tedesco che aveva disertato. In seguito a una spiata il tedesco era stato arrestato e il padrone di casa, da sempre contrario al fascismo, era stato massacrato di botte. Passata la bufera del fronte, nella casa dei Budelazzi si ricreò un’atmosfera di convinta e serena accoglienza di cui usufruì anche un ragazzo molisano che bussò alla porta chiedendo un lavoro. Donato Leonardi, questo il suo nome, fu accolto, assunto come garzone e trattato come un figlio. Giuliana, frequentate le elementari al Mazzolani e le medie in via S. Maria dell’Angelo, aveva anche imparato a ricamare dalle Ghidieri e a suonare la fisarmonica. Lei con il suo strumento e suo cugino Gino Zardi con il violino per qualche anno portarono allegria sia dove si ballava sia nelle case di riposo. Dopo la morte della mamma avvenuta nel 1958 e il suo matrimonio nel 1960, Giuliana si è dedicata agli altri con quello spirito di altruismo presente nel suo dna e rafforzato dall’esempio ricevuto in famiglia. Ha assistito persone anziane e malate, ha insegnato catechismo in parrocchia, ha aperto la sua casa a decine di ragazzi e agli ospiti di case di riposo. Tutto questo non le ha impedito di pensare un po’ anche a sè e, spinta dal desiderio di conoscere il mondo, ha viaggiato molto. Una vita intensa quella di Giuliana, spesa in gran parte per gli altri, che le consente però di guardare al passato con grande serenità, circondata dall’affetto dei nipoti Beatrice, Isolina, Federico e di tante persone amiche.

P.S. Vi ricordo che durante questo fine settimana (sabato 2 alle 21 e domenica 3 alle 15.30 ) nel Teatro dei Filodrammatici L.A. Mazzoni in viale Stradone 7 la Filodrammatica A.P. Bertòn presenterà la fiaba (per piccoli e grandi) Il principe dei ladri. I biglietti si possono prenotare telefonando al 377 3626110, su Whatsapp attivo tutti i giorni, oppure acquistare direttamente nelle serate di spettacolo.
Giovedì 7 dicembre, sempre ai Filodrammatici, prevendita diretta dei biglietti per il 31 al Masini dalle ore 18 alle ore 19.

Mario Gurioli