“I cantieri in città procedono in maniera tranquilla. Troppo tranquilla. La sistemazione degli argini, la ricostruzione del ponte, i lavori sulle fognature. Non sembra esserci stata un’emergenza di proporzioni catastrofiche. Non sembra una città che deve ripartire al più presto dopo l’alluvione. Eppure, anche formalmente, fino al 30 aprile saremo in stato di emergenza. Chiunque giri per Faenza avrà notato però che i lavori procedono a ritmi ordinari. Forse pensano che noi cittadini siamo tranquilli… non è così”. È questa una delle riflessioni emerse il 4 dicembre nel corso dell’assemblea del comitato cittadino del Borgo alluvionato. A quasi otto mesi dai tragici eventi del 2 e 16 maggio l’emotività di chi ha perso quasi tutto traspare ancora dalle testimonianze dei presenti. A prendere però il sopravvento, ora, è la fredda burocrazia. Ci si deve barcamenare tra ordinanza 14, piattaforma Sfinge, Spid, Cis, scadenze che arrivano e lavori ancora da fare per sistemare casa. “Oltre allo stato di shock – dice una signora presente – ora ci tocca la beffa di avere costantemente l’ansia per riuscire a presentare le procedure corrette nei tempi giusti per ottenere i ristori”.

Tra burocrazia e scadenze per ottenere i ristori

L’assemblea proposta dal comitato Borgo aveva come obiettivo quello, dove possibile, di fare chiarezza, viste diverse incongruenze presenti nei modelli. Dove conviene inserire il rimborso dei mobili alluvionati? All’interno dell’ordinanza 14 o del Cis? Si può presentare un’unica perizia per due garage adiacenti dello stesso proprietario? Ed è possibile per il Comune bloccare la Tari? Fino ad arrivare a veri e propri paradossi con persone che devono pagare luce, gas e Tari di residenze in cui non abitano più. “Il Comune non può sospendere la Tari, sarebbe un atto illegittimo – spiegano dal comitato – su quello si può pronunciare solo l’ente nazionale Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), che ha ancora una cinquantina di giorni per decidere in merito. Nel frattempo, alcuni Comuni hanno trovato come soluzione il fatto di rimborsare i cittadini per pagare la Tari: è il caso per esempio di Ravenna”.

Un cammino lungo per la ricostruzione sul quale bisogna vigilare

A questi interrogativi di breve periodo, con alcune scadenze in arrivo come quella del 31 dicembre (“anche se, a livello informale, sembra siano intenzionati a prorogarla al 30 aprile, quando ci sarà la fine dello stato di emergenza” dicono con cautela i referenti del comitato) si intrecciano problematiche di lungo respiro. La ricostruzione avrà infatti un percorso di almeno 5 anni, ma cosa accadrà nel frattempo? Le zone alluvionate saranno nel frattempo a rischio? Ha senso scommettere di risistemare l’abitazione sapendo che nuovi allagamenti sarebbero dietro l’angolo? Quali strategie mettere in atto per controllare periodicamente i lavori lungo i fiumi? Verranno veramente realizzate le cinque casse di colmata indicate in uno studio ancora del 2010? In caso di allerta gialla per alluvione sono veramente pronte a intervenire le 11 postazioni mobili? Tra le proposte emerse, per quanto riguarda il monitoraggio del fiume Lamone, c’è stata quella dell’istituzione di un gruppo di volontari, le “Sentinelle del Lamone”.

“In Italia non c’è ancora un piano d’azione per affrontare un’alluvione. Senigallia non ha insegnato nulla e noi non abbiamo insegnato nulla a Prato”

A differenza delle prime riunioni, i partecipanti alle assemblee del comitato sono diminuiti: se a maggio il cinema Europa era pieno in ogni posto, lunedì scorso sono stati un’ottantina i presenti. Eppure tutti questi erano molto agguerriti, e si aggiungono agli altri cinque comitati cittadini presenti in città. Secondo diversi cittadini e i referenti del comitato Borgo, “bisogna far sentire di più la nostra voce, perché tutto sta procedendo in maniera troppo a rilento, sia a livello di lavori sia di risarcimenti, e quello che ci viene dato sembra quasi sempre un contentino. Non c’è nessun cantiere che procede h24 e la burocrazia a volte presenta cavilli assurdi”. “Da quello che vediamo – proseguono -, non abbiamo imparato nulla. Non esiste un reale piano d’azione di fronte a un’emergenza alluvione. E questo vale non solo per Faenza. Senigallia non ha insegnato alla Romagna che non ha insegnato alla Toscana”.