Chi cerca Pietro Tirro, conosciuto come Piero, lo trova al Caffè della Molinella, dove lavora con sua moglie. Al Pink Panther, in via Lapi, non c’è più nulla; lo scorso maggio 7 metri d’acqua hanno spazzato via tutto, dagli arredi alle macchine, e della pasticceria rimangono solo i locali. Questo è uno dei quartieri più colpiti dalle due alluvioni e oggi appare ancora desolato. Tanti sono gli interrogativi che residenti e commercianti si pongono. Rete fognaria, messa in sicurezza, risarcimenti, non sono solo domande ma necessità per chi vuole continuare a vivere e lavorare qui, come Piero al Pink Panther da 35 anni.
La storia di Piero Tirro
«Ho acquistato l’ex Bar dei Pini nel 1986. Prima facevo il garzone presso un fornaio. Oggi non si usa più questa parola, che invece per me è bellissima. E all’inizio volevo fare solo prodotti artigianali, non volevo aprire una pasticceria – ci racconta Piero -. Fino al 1989 facevo caffetteria e colazioni, poi ho ristrutturato tutto, cambiando anche l’arredamento e il locale è diventato il Pink Panther. Ha questo nome perché ai miei figli piaceva la pantera rosa e a me piacevano i fumetti. Ero terrorizzato dall’idea di non riuscire ad avviare quest’attività, perché avevo tanto da imparare, e invece è andata benissimo». La pasticceria ingrana e le pesche di Piero arrivano anche in America, poi però iniziano i primi allagamenti. «Nell’ottobre del 1992 è successo per la prima volta. Per raggiungere la pasticceria ho dovuto togliere le scarpe in via Carboni perché oltre c’era l’acqua. Pensavo fosse l’incidente di una stagione e invece si è ripetuto ogni anno, una o due volte, con l’acqua a livelli sempre più alti, fino allo scorso maggio: la prima alluvione mi aveva portato in negozio 40 cm d’acqua, avevo dovuto sostituire una macchina che era stata danneggiata. Non sapevo che pochi giorni dopo mi sarei ritrovato a dover buttare via tutto». Il ricordo di quei giorni è sovrastato dalle immagini del fango che Piero ci fa vedere scorrendo la galleria del cellulare, ma c’è spazio per alcuni istanti di commozione: «La domenica mattina sono andato a cercare di liberare il laboratorio, ma non riuscivo a entrare da nessun lato, solo una porta era stata spalancata dalla forza dell’acqua. Mentre mettevo a posto le sedie ho sentito una voce che mi chiedeva se avessi bisogno di aiuto e mi sono ritrovato dieci ragazzi che mi hanno sgombrato il locale. Siamo riusciti a cavarcela grazie ai volontari, ma forse non è stato giusto – riflette Piero –; forse avrebbe dovuto esserci lo Stato in quei giorni con noi».

Un futuro incerto in via Lapi
I danni sono ingenti: il controsoffitto ha ceduto e le macchine, nonostante i tanti tentativi di sistemazione, sono da buttare, come anche l’arredamento intero. Così oggi Piero si divide tra il lavoro ancora importante di sistemazione della pasticceria e il bar. Il suo nome infatti, dal ‘98, è associato anche al Caffè della Molinella, che ha chiamato così per custodire il nome storico della piazza, oggi intitolata a Pietro Nenni. Parlare di futuro sembra difficile, fuori luogo o troppo audace. «La volontà di riaprire c’è e penso che per i prossimi cent’anni non ricapiterà più quel che è successo perché ora tutti staranno attentissimi, finché non si dimenticheranno di nuovo di quanto sia importante fare prevenzione – dice Piero -, ma come posso pensare di ripartire senza i fondi del Governo?». A oggi questa è la questione centrale: fronteggiare imposte e tasse solo con i propri risparmi fa paura. «Come posso anticipare somme ingenti se poi viene mantenuta una struttura che non funziona, se i soldi arriveranno tra dieci anni? Vogliamo la risposta dello Stato» dice Piero, che si interroga non solo sulla mancanza di fondi ma anche di responsabilità. «Quel che è successo non è stato un terremoto o un evento solo di natura ambientale, è stata la conseguenza dell’azione dell’uomo che ha messo l’asfalto ovunque – dice Piero – non lasciando alla terra la possibilità di assorbire la pioggia. Certamente è stato un evento di portata straordinaria, ma era necessario fare prevenzione nel quartiere». Quartiere che vuole rinascere e sta provando a farlo, ma troppe sono ancora le incertezze e le domande che rendono inquieto un autunno che ancora non è arrivato.
Letizia Di Deco