A diventar grandi ci si può far male. Ci si scontra con ciò che non si conosce, e ciò che non si conosce fa paura. C’è solo una cosa che, proprio perchè ancora tutta da immaginare e costruire, dovrebbe incoraggiare a sperare: il futuro. Eppure oggi sembra non essere più così. Sembra che gli adolescenti abbiano paura del loro domani e siano convinti che non possa essere bello come quello che immaginavano i loro genitori da ragazzi. «Probabilmente, visto ciò che succede nel mondo, hanno anche delle buone ragioni per pensarlo – ha detto in un recente incontro a Faenza lo psicologo e psicoterapeuta dell’istituto d’analisi Il Minotauro di Milano Antonio Piotti – ma questa mancanza di speranza fa sì che la percezione del futuro sia totalmente negativa, che non ci sia spazio per sogni o desideri e questo nei ragazzi più fragili crea angoscia: in loro l’ansia, che è generata da qualcosa di concreto, lascia il posto all’angoscia, un malessere intollerabile di cui non si conosce la ragione. Di fronte a questo o si chiede aiuto o si cerca di star meno male e questo accade talvolta sostituendo il dolore psichico con il dolore fisico, cioè facendosi del male. Quando questo non basta si arriva anche a pensare di volerla fare finita».
Una generazione completamente diversa dalle precedenti
Tutto questo spaventa il mondo adulto che si trova di fronte a una nuova generazione, profondamente diversa da tutte quelle precedenti. Ecco allora che genitori e insegnanti si trovano in difficoltà, anche quando hanno le migliori intenzioni, nel dialogare con i giovanissimi. «Se pensiamo ai ragazzi con in mente il ricordo della nostra adolescenza, non li capiremo mai – continua il dottor Piotti, – occorre accettare il fatto che i nostri ragazzi siano una generazione completamente diversa dalla nostra». Vivono in un mondo che attraversa un cambiamento epocale: ne è prova l’immersione della società in una cultura dell’immaginario in cui il virtuale ha sopperito molte delle esperienze concrete e reali di vita. «I ragazzi trascorrono in media 5 ore al giorno al telefono e in queste ore fanno amicizia, visitano siti, comunicano online – spiega Piotti -. Fanno attraverso il virtuale cose che prima si facevano nella realtà. Di conseguenza usano meno il corpo». E proprio il rapporto problematico con il corpo è un elemento centrale. «Non è necessario pensare subito ai disturbi del comportamento alimentare per comprendere come oggi per i ragazzi l’approvazione del gruppo dei pari debba passare da un corpo che deve rispecchiare un canone di bellezza esasperato: tatuaggi, ossessione per la palestra, chirurgia estetica sono alcune delle cose a cui ricorrono tantissimi ragazzi. Se non c’è approvazione si cade nella fragilità».

L’angoscia di non sbagliare
Bisogna essere belli e bravi, raggiungere standard molto elevati: in questa società non si può sbagliare. Ecco allora che anche il fallimento scolastico diventa particolarmente problematico: «capita spesso di avere come pazienti ragazzi che non riescono ad accettare un 7 e mezzo a scuola o che non riescono a dare esami perché convinti di non poter prendere meno di 30». Dall’angoscia si passa quindi alla vergogna, al sentirsi non adeguati nel corpo e nelle prestazioni: «se le generazioni precedenti vivevano con un costante senso di colpa che li portava a fare i conti con il peccato, con lo scontro con i genitori, oggi tutto questo lascia il posto a una vergogna che fa pensare che sia meglio sparire». Di fronte a tutto ciò, se i ragazzi sono spaventati, occorre avere degli adulti coraggiosi. «Ad esempio bisogna superare un tabù: che non sia bene parlare di suicidio con gli adolescenti – dice Piotti – Si deve parlare di questo argomento per far vedere ai ragazzi che c’è una porta aperta con il mondo adulto, che si è pronti all’ascolto. Ovviamente lo si deve fare con i toni giusti, evitando ogni tipo di declinazione romantica di un gesto che deve essere condannato perché va contro la vita». Occorre in altri termini conoscere quali sono le cause dello star male dei ragazzi, proprio per poterlo affrontare insieme a loro. «Occorre pensare – conclude Piotti – a questi ragazzi come se fossero tutti i nostri ragazzi», perché sono il futuro di tutti. E il futuro non deve fare né avere paura.
Letizia Di Deco