Ricordate Stefano Boni, il dottore presentato alla stampa e alla cittadinanza a marzo 2022 come nuovo primario dell’Unità operativa di Geriatria a Faenza dalle autorità civili e sanitarie? Se lo si vuole vedere bisogna cercare un’immagine su internet perché alla richiesta di un appuntamento o di un colloquio in reparto sembra introvabile. L’esperienza personale vissuta in queste settimane con la mamma 93enne ricoverata ha dell’incredibile ma, a quanto saputo, in questo reparto non è un’eccezione ed è preoccupante. La sensazione provata è quella in cui l’unico obiettivo è dover liberare un posto letto il prima possibile, indipendentemente dalla salute del paziente.

La testimonianza

Arriviamo quindi ai fatti. L’8 agosto scorso M.T.S. è ricoverata in Geriatria direttamente dal Pronto soccorso dopo un episodio avvenuto già la settimana precedente che, dopo 12 ore di osservazione, è stato risolto con le dimissioni dal Pronto soccorso, ma, poiché le cure domiciliari non hanno avuto nessun effetto, il medico di base ha ritenuto urgente chiamare il 118 per un secondo “viaggio” in ospedale. Solo a seguito di questo avviene il ricovero. Premetto che in questo reparto, giustamente, le visite sono consentite solo in determinati orari e che con i medici si può parlare solo dalle 13 alle 13.30 unicamente per telefono quindi di tutto ciò che avviene in mattinata o nel pomeriggio si è informati direttamente dal parente ricoverato, se la situazione mentale lo permette, o dall’infermiera di reparto. Comunque, tornando all’esperienza vissuta, dopo esami fatti a più riprese, visite da parte di geriatra, infettivologo, urologo, dermatologo, e più ne ha più ne metta, si arriva a una diagnosi, ma non definitiva. Perché durante il periodo di ricovero ne succedono di tutti i colori, tra cui anche un rush cutaneo dovuto a un batterio preso lì, in reparto. Il colmo è avvenuto quando il 17 agosto mia mamma viene alzata, messa seduta e, svenuta, è lasciata così fino all’arrivo di mio fratello per il pranzo che, accortosi della situazione, chiama aiuto correndo in corridoio perché al campanello di emergenza nessuno risponde.

“L’obiettivo sembra quello di dover liberare posti letto”

Dopo un’ora dall’accaduto arriva un giovane dottore, F.F., il quale presenta a noi figli l’intenzione di dimetterla in previsione di un rientro in ospedale per un intervento per il quale c’è da attendere 2/3 mesi. Rimasti sul momento basiti, poco dopo ci è “scesa la catena” e siamo stati costretti a minacciare un ricorso in direzione sanitaria per questa decisione assurda delle dimissioni in quelle condizioni. Le nostre esigenze di parlare direttamente con il primario sono state negate, prima perché ancora in ferie, poi perché appuntamenti non ne prendeva; “bisogna telefonare” ma quando si fa è sempre in briefing. Un paziente poi ha diritto a un mese di rieducazione motoria presso una struttura convenzionata e la richiesta deve essere stilata dal medico di reparto. Anche questo è stato motivo di litigio perché «non potete avere queste pretese», ci è stato risposto; e invece sì ed è stato confermato anche dagli assistenti sociali dell’ospedale ai quali siamo stati costretti a rivolgerci per riuscire a smuovere le acque. Quindi, nonostante febbre continua dal 2 agosto, gamba e piede destro gonfio dallo stesso giorno, batterio preso in ospedale, il 26 agosto era pronto il foglio di dimissioni, per fortuna rettificate per intervento del medico di base. Nei giorni scorsi, finalmente, lunedì 28 agosto, la mamma è stata visitata dal fisiatra dando così il via alla procedura di ricovero in un Ospedale di Comunità per un mese di riabilitazione motoria, perché, ho dimenticato di dire, che M.T.S. fino al 31 luglio guidava l’auto e camminava da sola. Se agosto doveva essere un mese di riposo dal lavoro sicuramente non lo è stato a livello mentale ed emozionale, ma mi domando dove andremo a finire se questa è l’attuale situazione sanitaria italiana.

a.b.