Settembre dovrebbe essere il mese della ripresa della scuola e invece è il mese della conta dei punti per molti insegnanti precari. Per evitare di cadere nella retorica del come dovrebbe essere la scuola, abbiamo chiesto a Francesco Caione, giovane prof di matematica, lo scorso anno al Liceo Torricelli Ballardini di Faenza, di raccontarci come realmente è vivere questi giorni in attesa di una cattedra.
Intervista al prof Caione
Come vivi questo settembre di incertezza e quanto impatta questa precarietà sul tuo essere insegnante?
Sapere che, nella migliore delle ipotesi, in una scuola ci si resta per un anno fa venir meno l’empatia, che è la cosa più importante per un insegnante; è difficile entrare in sintonia con i ragazzi in poco tempo. È più facile se li conosci e li vedi crescere. E poi questa attesa ogni anno impatta anche sulla motivazione del docente. Sapere di avere davanti a sé un periodo lungo significa prepararsi un percorso didattico basandosi su chi si ha di fronte perché lo si conosce. Il precariato fa essere sempre meno in condizione di essere efficaci anche dal punto di vista didattico.
Perché hai deciso di diventare insegnante?
Per me essere insegnante è una vocazione. Penso che però purtroppo questo non venga spesso sottolineato. Vero anche che il discorso economico deve essere valutato. Il fatto che sia un mestiere poco remunerativo fa venir fuori ancora di più la determinazione a essere insegnante: chi supera tutti questi ostacoli è veramente motivato.
Secondo te che cosa vorrebbero cambiare i ragazzi della scuola?
Da quel che vedo io vorrebbero una scuola più smart, non tanto nel senso di divertente quanto nel senso di stimolante. Credo che la generazione attuale sia molto soggetta a stimoli rapidi. I ragazzi sono bombardati da video brevi che danno input rapidissimi. Lo stile della scuola deve cercare di stimolare con input profondi ma di lunga durata. Forse è la cosa più scontata, ma la questione centrale è sempre questa: dobbiamo cercare di entrare nel loro mondo.

Se potessi cambiare qualcosa tu, da insegnante, che cosa cambieresti?
Sicuramente cambierei la gestione del precariato e l’aspetto economico, ma modificherei anche il metro di valutazione del docente. Si valuta solo per anzianità di servizio: più hai lavorato e più sei in alto in graduatoria. Invece io penso che i parametri debbano essere basati su competenze emotive, sociali.
Secondo te l’insegnante è un educatore?
Assolutamente sì, questo è stato uno dei motivi che mi ha spinto a fare questo lavoro. Un insegnante è responsabile tanto quanto un genitore, forse anche di più se contiamo il tempo passato con i
ragazzi, della crescita dei suoi studenti. Ha un compito fondamentale nella loro vita, nel loro diventare adulti. La scuola deve essere un modo per trovare la propria strada. È una responsabilità enorme.
Letizia Di Deco