Uno spazio abitato dall’arte per riflettere sugli spazi abitati dall’uomo. La mostra a cura del vice-direttore del Museo Diocesano Giovanni Gardini Dove abita l’uomo. Luoghi, relazioni, intrecci che inaugurerà venerdì 8 settembre alle 18 presso la chiesa di Santa Maria dell’Angelo a Faenza ha un significato profondo, unico, in una Faenza che diventa un luogo particolare, un riferimento spaziale puntuale in questo settembre 2023. Undici gli artisti e le artiste in esposizione fino al 7 gennaio con opere che spaziano dal mosaico all’argilla, coniugando forme e colori con il contemporaneo. La mostra è stata aperta in anteprima durante le due giornate di Made in Italy a Faenza il 2 e 3 settembre.
Un significato diverso, in un anno particolare
“La mostra – spiega il curatore Giovanni Gardini – era stata pensata ben prima degli eventi alluvionali e ciò che è successo a maggio ci ha portato inevitabilmente a riprogettarla, a ridarle un significato diverso“. Ecco allora che il tema dell’abitare diventa metafora di qualcosa che ha a che fare con l’identità di un territorio, di una comunità. E proprio dalla comunità, dalla scuola Sant’Umiltà di Faenza, è arrivato un importante contributo. “I ragazzi hanno raccolto testimonianze, narrazioni e fotografie confluite in un libro che sarà disponibile durante la mostra – ha spiegato la prof.ssa Zoli – e i loro racconti, registrati qui mentre veniva allestita la mostra, sono fruibili per i visitatori tramite qr code. “L’alluvione ha generato lontananza e drammi ma anche fratellanza, presa di coscienza del rapporto tra l’uomo e la città toccando il tema dell’abitare in modo materiale – aggiunge il sindaco Massimo Isola – Il dramma dell’alluvione porta a riflettere sulla velocità, ma ci sono reazioni immediate e reazioni di lungo periodo; l’arte contemporanea ci aiuta a guardare le cose con sguardo critico”.
Dialogo tra antico e contemporaneo
“Si tratta di un dialogo tra antico e contemporaneo essenziale per entrare nella realtà dell’uomo di oggi- , spiega Mons. Mariano Faccani Pignatelli, direttore del Museo Diocesano – Il tema è molto vasto e include tre dimensioni: quella orizzontale che intende la casa come relazione tra le persone sottolineando l’aspetto della comunità, quella verticale che indica la sorpresa, ciò che non ci si aspetta, e quella della casa come luogo, che tocca direttamente il tema dell’alluvione. La mostra coniuga linguaggi e materiali diversi, abbracciando anche il mosaico. Una preview della Biennale del Mosaico di Ravenna, come sottolineato dall’assessore alla Cultura del comune di Ravenna Sbarzaglia, appuntamento corale che quest’anno mette al centro il tema del contrasto, caro al mosaicista Alberto Burri.
Il racconto della mostra: 11 gli artisti in esposizione
Felice Nittolo, con l’opera «Porziuncola», una preziosa dimora in mosaico, richiama al tempo quotidiano dell’abitare e alla dimensione interiore dell’uomo. Andrea Salvatori, presenta «Grande Testone (svuotatasche)», un omaggio al David di Michelangelo che qui
assurge ad immagine dell’abitare la mente e i pensieri, configurandosi come spazio della creatività e della riflessione. Daniela Novello, attraverso una serie di borsoni in piombo, invita a riflettere sulla precarietà della vita e sui ricordi simboleggiati da quei pochi oggetti
che, idealmente, possono trovare riparo nello spazio di una valigia. Una valigia che, per molte persone, riassume lo spazio di una casa nella quale custodire i ricordi. Jessica Ferro, Chiara Lecca e Marisa Zattini indagano il fragile equilibrio dell’uomo con la natura. La Lecca, attraverso i suoi evocativi e raffinati vasi di “fiori”, rende evidente l’ambiguità che segna il rapporto degli uomini con il mondo vegetale ed animale, mentre la Ferro prendendo spunto dalla potatura delle piante – un gesto che potrebbe sembrare violento e legato all’idea di caducità – innesta una riflessione lucida e serena sul vivere che vede nella rinuncia ad una parte di sé una possibilità di rinascita. Drammatica è la foresta fossile di Marisa Zattini che richiama a dimensioni apocalittiche e ad atmosfere lunari; eppure, nella ruvidezza sconcertante delle sue cortecce, si inserisce una dimensione di redenzione data dalla presenza di preziose lettere ebraiche, finemente tracciate in oro. A quattro fotografi è stato affidato il delicato compito di rileggere il dramma dell’alluvione che nel mese di maggio ha colpito la città di Faenza e tutta la Romagna. Andrea Bernabini offre una visione prevalentemente aerea, solo apparentemente distaccata, alla ricerca di un’armonia in mezzo ad un territorio devastato. Più crudo è lo sguardo di Marco Parollo: i suoi che indugiano sulle macerie alla ricerca di dettagli che possano restituire agognati frammenti di quotidianità. Adriano Zanni, rinunciando al colore, restituisce una visione quanto mai nitida della realtà, immortalata in tutta la sua estrema crudezza, senza sconti di sorta. Richard Betti indaga la dimensione del ricordo offrendo allo sguardo del pubblico una serie di fotografie legate alla sua dimensione familiare e che l’alluvione ha inesorabilmente cancellato o snaturato.
Il contributo della scuola Sant’Umiltà e l’opera work in progress di Matteo Lucca
Eppure, la memoria e l’affetto verso persone amate e luoghi visitati, rimane nonostante tutto immutata, se non addirittura più intensa. A queste fotografie si legano degli audio che rimandano al tempo dell’alluvione. Una prima serie, pensata a partire da testi scritti dagli studenti delle scuole Marri – S. Umiltà di Faenza, riporta ai giorni dell’alluvione e a quanto questi ragazzi e ragazze hanno provato, dalla paura sino alla ricchezza data da tanti gesti di solidarietà e di condivisione. Il repertorio di questi audio si arricchirà con quelli che i visitatori vorranno inviare attraverso whatsapp al cellulare del Museo Diocesano (cell 333-7834993). Questi messaggi vocali potranno essere sia un racconto di quanto accaduto sia una condivisione degli stessi messaggi che, nei giorni dell’alluvione, sono stati scambiati con amici e conoscenti. A questo archivio visivo e uditivo della memoria, un progetto che crescerà nel tempo della mostra, si lega l’opera di Matteo Lucca, anch’essa pensata in stretto dialogo con i visitatori che saranno invitati a cristallizzare nell’argilla, attraverso una serie di laboratori curati dallo stesso artista, il gesto potente della stretta di mano a ricordo e testimonianza delle tante mani infangate che, nel tempo dell’alluvione, si sono incontrate per il reciproco aiuto.
Info e orari
La mostra è stata finanziata nell’ambito del progetto Atmosfere Faentine 2023 da Regione Emilia-Romagna e Unione della Romagna Faentina e rientra all’interno del programma della VIII Biennale di Mosaico Contemporaneo di Ravenna che si terrà a Ravenna dal 14 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024. La mostra, inoltre, si inserisce all’interno della rassegna Dell’umana Dimensione. Arte e Visioni contemporanee lungo la Via Emilia a cura dell’Associazione Culturale RICOGNIZIONI SULL’ARTE APS e tesa alla promozione del lavoro di artisti attraverso la
valorizzazione dei territori, delle città e dei Comuni legati alla via Emilia. La mostra, a cura di Giovanni Gardini vicedirettore del Museo Diocesano, si terrà nella seicentesca chiesa di Santa Maria dell’Angelo, in via Santa Maria dell’Angelo a Faenza. La mostra sarà visitabile dal mercoledì alla domenica, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 18.30, dal 9 settembre 2023 fino al 7 gennaio 2024. Per informazioni: info@museodiocesanofaenza.it, cell 333-7834993