Fare pace col proprio territorio per evitare altri eventi catastrofici come l’alluvione. Per Massimo Rosetti, presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Ravenna, si può intanto partire da qui nel raccogliere l’eredità dell’alluvione. «Questo fenomeno estremo ci insegna che, oltre a mettere in sicurezza il territorio con interventi rapidi e risolutivi, è necessario integrare gli stessi e gestire lo sviluppo infrastrutturale del Paese – spiega – attuando una pianificazione territoriale che limiti il consumo del territorio e che tenga conto sia del rischio sismico che di quello idrogeologico e idraulico. Continuare la caccia alle streghe per individuare uno o più colpevoli non ha senso». Sono stati mesi in trincea anche per gli ingegneri. «Intanto anche diversi nostri colleghi sono stati alluvionati e faticano a riprendere l’attività. Poi, fin dai primi giorni abbiamo collaborato con tutte le amministrazioni comunali dei territori colpiti per i sopralluoghi, per la valutazione dell’agibilità degli edifici, per la gestione tecnica dell’emergenza e mi auguro che ci sia un “nostro” coinvolgimento da parte del Commissario straordinario per l’emergenza anche per quanto riguarda i criteri di redazione delle perizie di stima dei danni e la relativa modulistica»

Fondamentale pianificare: in futuro un diverso modo di costruire le case

Rosetti spiega le diverse situazioni che si devono valutare, a seguito di alluvione, se si è in presenza di edifici costruiti vicino a canali o fiumi, «che hanno subito onde d’urto a seguito di improvvise rotture arginali, che possono aver messo in pericolo la loro stabilità e che vanno analizzate con attenzione» o di immobili nei quali l’acqua ha ristagnato molto tempo, «che reagiscono in modo diverso a seconda dei materiali con cui sono stati costruiti». Questa alluvione potrebbe, dunque, determinare un diverso modo di costruire in futuro le case e gli immobili. «Una regola precisa non c’è. Sicuramente sarà molto importante avere una chiara definizione degli interventi necessari alla ricostruzione – sottolinea – e alla messa in sicurezza. Una tecnologia più evoluta può aiutare magari a livello “locale” sui singoli edifici installando paratie antiallagamento o barriere antiesondazione in porte e finestre o sistemi mobili antiallagamento e antiruscellamento, ma è sempre necessario rispettare gli strumenti di pianificazione territoriali e tenere conto della presenza delle zone in cui esiste un rischio concreto di criticità idrogeologica e idraulica». «Abbiamo esempi di interi quartieri metropolitani che sono stati costruiti e talvolta continuano ad allargarsi – conclude Rosetti – in zone ad alto rischio idrogeologico e/o sismico (si vedano le pendici del Vesuvio) e che sono, in alcuni casi, addirittura abusivi».