Quando il cinema incontra l’anima. L’anima di un secolo e l’anima tormentata dell’uomo per cui quel secolo sarà ricordato. Più prosaicamente, invece, gli amanti del cinema ricorderanno il regista Christopher Nolan per questo film, l’apice della filmografia del regista britannico. Quel tanto agognato punto di incontro fra cinema d’autore e blockbuster che aveva sfiorato con ‘Dunkirk’ e ha finalmente raggiunto, alla sua dodicesima opera.
‘Oppenheimer’ è una pellicola sui generis per Nolan: meno spettacolarità, meno complessità narrativa. Ma è sufficiente una grande storia, una delle più affascinanti che la storia dell’umanità ha da offrire. Ne nasce un capolavoro. La trama: il film racconta gli inizi della carriera del fisico, gli studi in giro per l’Europa. Esperienze che confluiscono nell’incarico più prestigioso: direttore del Progetto Manhattan.
A Los Alamos, coordina gli sforzi americani di anticipare la Germania nella corsa al nucleare. Due terzi di film sono dedicati agli sviluppi che portano alla costruzione dell’ordigno. Ma Oppenheimer è tutto fuorché il film sulla bomba atomica. Il focus è sempre mantenuto sull’uomo, sulle sue contraddizioni, sia nella vita privata che professionale. Il Trinity Test, la prima prova dell’ordigno, è il climax della pellicola. L’esplosione è tanto spettacolare quanto orripilante. Trasmette allo spettatore le stesse sensazioni provate dal fisico: l’estasi e la gioia di star ammirando un evento storico, il culmine di un lavoro durato mesi; ma soprattutto il terrore che solo un’arma del genere è capace di infondere.
Filippo Cappelli