Siamo fatti per amare ed essere amati. Non per vivere da soli. Lo sappiamo fin dalla nascita, eppure è solo crescendo che ce ne rendiamo conto cercando la nostra identità. In questo senso capire chi si è, come si ama e come si abita il proprio corpo diventano interrogativi importanti. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Elisabetta Cimatti, psicoterapeuta e sessuologa in ambito clinico con adolescenti, adulti, coppie, in gruppo. Con lei abbiamo cercato di fare chiarezza su alcune parole che usiamo abitualmente, su quali sono i desideri dei più giovani e quali sono gli strumenti che gli adulti possono dare loro.

Intervista a Elisabetta Cimatti

Proviamo a fare chiarezza su alcuni termini: cosa si intende per genere, cosa si intende per disforia?

Genere è una parola che dagli anni ’70 ha sostituito il termine sesso. Con genere si intendono vari aspetti della persona. Si intende il sesso biologico, ovvero come la persona nasce, ma si intende anche l’orientamento sessuale, ovvero l’attrazione che proviamo per le altre persone (eterosessuale, omosessuale…), il ruolo di genere, cioè quanto aderiamo a ciò che la cultura si aspetta da noi in base al nostro sesso, e infine l’identità di genere, ovvero quanto ognuno “si sente a casa nel proprio corpo”.


Che cos’è quindi la disforia di genere?
La disforia di genere è un “non sentirsi a casanel proprio corpo biologico. Ho un corpo che ha un sesso biologico ma non sento che mi appartiene, un corpo che fenotipicamente si esprime in un modo che non sento coerente con me stesso. Di solito i ragazzi e le ragazze che hanno disforia sono spesso accompagnati da una sintomatologia: disturbi di ansia, depressivi, alimentari, ritiro sociale, comportamenti autolesionisti. Fino ad arrivare a tratti di personalità borderline, che racchiude alcuni di questi sintomi che possiamo intendere come espressione di un disagio ma anche di una ricerca di identità. Questi disturbi hanno a che fare con la difficoltà a chiarire i confini tra sé e l’altro. Sostanzialmente sono espressione di un modo disfunzionale di ricercare la propria identità.


Perché se ne parla di più negli ultimi tempi?

Il contesto culturale che ha allargato tantissimo i confini, fino quasi a destrutturarli con l’idea di una libertà senza confini penso che abbia ampliato l’espressione di questi bisogni che i ragazzi hanno, con sintomi che hanno proprio a che fare con la difficoltà nel definire limiti e confini. L’altro aspetto che spiega perché oggi parlare di disforia di genere sia frequente è il fatto che prima fosse considerato un tabù la possibilità di sentire un orientamento omosessuale o il transessualismo, oggi non è più così. L’età evolutiva è l’età in cui è centrale il bisogno di trovare una propria identità, in cui il disordine è naturale. È importante starci con i ragazzi dentro questo disordine per aiutarli a mettere ordine senza arrivare troppo in fretta a delle conclusioni che appunto potrebbero essere troppo affrettate.

scuola classe

Importanti i percorsi con i più giovani

Quali sono gli interrogativi dei ragazzi e delle ragazze di oggi su questi temi?
C’è tanto desiderio di costruire delle relazioni che siano storie vere, d’amicizia o affettive. Se ci pensiamo tutti desideriamo una storia, desideriamo costruire una relazione che abbia una grande fedeltà, ma al tempo stesso troviamo difficoltà a viverla. Così anche i giovani. Accompagnarli nel percorso, nella conoscenza di sé è importante. Per far questo i giovani hanno bisogno di calma, di essere accompagnati a “predisporsi ad imparare” piuttosto che a “dimostrare di saper fare” per costruire buone relazioni e una buona sessualità. La fretta, la prestazione, il dimostrare (caratteristiche della società e cultura che ci circonda) hanno poco a che fare con il godere, con una buona sessualità.


Secondo lei oggi c’è più bisogno di educazione alla sessualità o all’affettività?
C’è bisogno di entrambe in modo sano e positivo. Credo che questo sia il vero aiuto per tutti. Non sappiamo come va a finire la ricerca di identità di un ragazzo o di una ragazza, ma sappiamo come poter dare loro gli strumenti giusti per iniziare a costruirla bene. Sappiamo cosa serve di buono per farla iniziare bene, per far iniziare bene la ricerca della propria identità. Sono molto importanti percorsi di educazione alla sessualità e all’affettività, laboratori e progetti che abbiano alla base la ricerca scientifica. Questo perché proprio la ricerca scientifica ci dice che consapevolezza di sé e del proprio corpo, la capacità di gestire le emozioni, la capacità di raccontarsi, il vivere con rispetto la diversità, sono i fattori protettivi di un sano sviluppo e di una buona ricerca di identità. Occorre dare strumenti adeguati a tutti, a prescindere dall’orientamento e da tutto il resto. Ricordo che fui spinta nell’approfondimento multidisciplinare di un sano sviluppo anche sessuale da un ragazzo che un giorno mi disse: “A volte capita che un adulto venga a parlar di questi temi e ci dica cosa non dobbiamo fare nella sessualità, ci informi sull’uso dei contraccettivi, su come evitare le malattie sessualmente trasmissibili. E tutto ciò va bene, ma qualcuno ci può dire cosa possiamo fare per stare bene nella sessualità, nel sesso?”. Ecco io credo che i giovani abbiano bisogno di questo: riscoprire come vivere bene la sessualità e l’affettività. È il punto di partenza per tutti. E per noi adulti costruire insieme a loro queste risposte è una responsabilità.


di Letizia Di Deco