La creatività come risposta a schemi nei quali siamo ingabbiati. Una matita e un foglio per esprimere se stessi, aiutando bambini e ragazzi a trasformare l’ansia di perfezione in un divertimento da condividere. Fino al 28 marzo è stato possibile ammirare alla Galleria Molinella di Faenza la mostra Ingegneria dell’illustrazione con opere di Piki (Anna Lisa Quarneti). Il titolo della mostra, a cura di Matteo Zauli, ha una radice fortemente biografica.

WhatsApp Image 2023 03 25 at 20.02.56
Inaugurazione della mostra

L’artista, diventata illustratrice di successo dopo aver abbandonato una già avviata carriera da ingegnere, è rimasta folgorata dalla passione per l’arte e la creatività. Una mostra che si nutre di molte modalità espressive nelle dimensioni dell’illustrazione, toccando sia nicchie di intimità domestica, sia grandi superfici che evocano la street art, declinando in molte forme la cifra fiabesca e sognante che forse è la cifra stilistica predominante della ricerca di Piki.

L’attività con gli scout della Zona Ravenna-Faenza

WhatsApp Image 2023 03 25 at 20.03.34
Il laboratorio svolto con i capi scout

Una mostra che coinvolge amici, colleghi e i propri giovanissimi studenti. Piki è infatti docente della Scuola d’Arte Minardi, dove gestisce corsi per circa una sessantina di bambini dai 6 agli 11 anni che condividono questa passione. E aiuta anche adulti ed educatori, in un’ottica di formazione. Piki ha curato una bottega di espressione grafica all’uscita per capi scout della Zona Agesci Faenza-Ravenna del 25-26 marzo a San Pietro in Vincoli. «Ho presentato loro alcune attività che è possibile fare con bambini piccoli ma anche ragazzi più grandi – racconta Piki -. Oltre ad alcune tecniche specifiche, come lo stencil, abbiamo lavorato su come sbloccare il segno di fronte al foglio bianco e superare l’ansia da prestazione.

WhatsApp Image 2023 03 25 at 20.03.17

Questo è un tema che riscontro sempre di più nei bambini di oggi. Per loro le arti grafiche devono essere sempre un divertimento e non una frustrazione. Fin dai 6 anni sento loro dire: “in questa cosa non sono capace”, e questo si amplifica poi quando diventano più grandi». Facendo vivere agli educatori stessi queste emozioni «è più facile entrare in empatia con i propri ragazzi, che devono vivere l’arte innanzitutto come uno dei mezzi di espressione di sé, non con l’ansia di dover raggiungere un traguardo migliore degli altri».

s.m.