Un tempo di silenzio davanti al Signore è in realtà un tempo in cui fioriscono delle parole di speranza che di propagano come onde in un lago quando vi cade un sasso: il macigno delle nostre preoccupazioni va a fondo ma risuona come sussurro tutto quanto il Signore ci dice. Così torniamo a dar voce alle testimonianze di chi ha vissuto una settimana di esercizi spirituali in seminario a Faenza nella scorsa Quaresima. Dopo Maria, che abbiamo letto nei giorni scorsi, ecco le parole di un’altra giovane partecipante, Chiara.

La testimonianza di una giovane partecipante: “La nostra storia non è mai sbagliata”

Chiara, che cosa ti ha lasciato questa esperienza? Se dovessi descriverla con un’immagine quale sceglieresti e perché?

Sceglierei un paesaggio di montagna con il sentiero che si inerpica tra i massi fino in cima alla vetta, sole splendente e compagni di viaggio pronti a partire insieme. Non siamo soli nel cammino che ci porta verso il Signore. Lui non ci lascia soli, siamo pieni di braccia forti che ci sostengono, accompagnano nella nostra vita. La chiave sta nel vederli, aprire gli occhi, respirare profondamente e capire quanto di bello c’è attorno a noi. Tutti viviamo momenti bui, fatiche, discussioni, paura di rimanere soli, di non farcela. Ciò che mi dà la forza per riuscire ad andare avanti e vivere la vita appieno è la consapevolezza che non sono e non sarò mai sola. Il Signore, è sempre al mio fianco, in un amico, in un familiare, in un gesto o semplicemente in una mia scelta. Questa è la cosa forse più grande che mi porto a casa. Nel silenzio lui c’è, nella confusione lui c’è, sempre. Le nostre cicatrici rappresentano la nostra unicità. Ogni cicatrice è un autografo di Dio, che non è l’autore ma colui che le ricuce. Lui c’è anche nelle nostre ferite. La nostra storia non è mai sbagliata e saremo sempre amati da Dio tanto quanto gli altri.

La parola “esercizi” fa venire in mente l’impegno, la fatica. C’è stato qualcosa di faticoso che valeva comunque la pena di fare?

I pasti in silenzio all’inizio erano fonte di imbarazzo, di domande, di sorrisi. Poi si sono trasformati in momenti irripetibili, nella possibilità di concentrarsi di più sui piccoli gesti, sugli sguardi, su ciò che si mangiava… alla fine della settimana si sono rivelati quasi come i momenti più intensi. Un’altra fatica era la sveglia alle 6.30 di mattina. Mi preoccupava l’abbiocco post pranzo a lavoro. In quella settimana, forse mossa da una carica di vivere e fare cose particolari, nemmeno una volta si è presentato. Tutte le fatiche si sono trasformaste alla fine in opportunità.

Agli esercizi hanno partecipato tanti giovani. Perché secondo te un giovane ha bisogno di prendersi questo tempo di preghiera?

Sveglia, lavoro, palestra, cena, riunione scout o parrocchiale, impegno di famiglia, altro. Ripeti per 6 o forse 7 giorni a settimana.
La nostra vita, quella di tutti, ma in particolare dei giovani, è sempre di corsa a partire dalla mia. Fermarsi a pensare, riflettere, pregare ti può dare la possibilità di ricaricarti e scegliere di cambiare piccole cose nella routine quotidiana. Per esempio svegliarsi 10 minuti prima la mattina per non arrivare al lavoro, all’università o a scuola di corsa.

A chi consiglieresti questa esperienza e perché?

A chiunque voglia darsi la possibilità di tenere le mani aperte e fare in modo che il Signore le prenda con sé, attraverso il trifoglio che suor Maria Elisa ci ha descritto: essere luce, donarsi e farsi amare e accogliere. Lo consiglierei anche a chi ha una vita frenetica come il mio Google Calendar, affollato di impegni. Prenditi 6 giorni per ricaricarti e regalarti momenti unici.

Letizia Di Deco