Il 14 marzo è stato ricordato il 15esimo anniversario della morte di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, il cui scopo è contribuire all’attuazione della preghiera di Gesù: “Perché tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21). Grande figura carismatica dei nostri tempi, è nota per la sua infaticabile azione in favore della comunione, della fraternità e della pace tra persone di Chiese diverse, fedeli di molte religioni e anche tra quanti non si riconoscono in un preciso credo religioso. Lo spirito dei Focolari, inoltre, punta a portare un nuovo stile di vita anche in campo civile, in economia e nella politica. Chiara ha lasciato un’immensa eredità che non cessa di ispirare persone e società. Terminata il 10 novembre 2019 la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione, la Congregazione delle cause dei Santi presso la Santa Sede prosegue lo studio e la valutazione di quanto raccolto.

Quella proposta da Chiara è una spiritualità da incarnare nel quotidiano e che coinvolge tutti gli aspetti della vita umana. Gli universali valori evangelici vengono rispettosamente proposti, in una tipica prospettiva comunitaria. Una spiritualità personale, ma non individuale, bensì comunitaria, perché l’unione con Dio si raggiunge tramite e assieme i fratelli. Forse proprio per questo tipico aspetto comunitario, coloro che vivono questa spiritualità si sentono solidali fra loro e in un certo modo uniti, anche se sostenuti da valori umani, etici, religiosi diversi.

Testimonianze dal Movimento dei focolari di Faenza

La ricordiamo attraverso alcune testimonianze della nostra comunità.

«Il nostro incontro con i Focolari è avvenuto tanti anni fa, in una gita a Loppiano. Quel primo incontro ha suscitato un forte interesse ad approfondire e conoscere di più e meglio quella nuova proposta di vita evangelica. Ci ha attirato la figura di Chiara e il suo carisma che scoprivamo attraverso le esperienze di giovani di vari Paesi del mondo e di famiglie, che raccontavano come il Vangelo poteva essere vissuto nella quotidianità, mettendo in pratica le sue parole nella vita di coppia, nel lavoro, in parrocchia, con gli amici. Un’operazione non facile, che richiede un esercizio costante e quotidiano. È per questo che Chiara l’ha definito “un’arte”, un metodo, che però può essere vissuto da tutti. Anche noi ormai da tanti anni, ci siamo incamminati su questa strada e pur con le difficoltà della vita, cerchiamo di vivere secondo questa spiritualità, sia singolarmente che come coppia. Sentiamo fondamentale avere fra di noi quell’unità che non è solo andare d’accordo, ma anche negli inevitabili contrasti, cercare sempre il bene dell’altro, cercare di amare per primi, vedere Gesù nell’altro»

(Gabriella e Ruggero)

«Anche se non l’ho conosciuta personalmente Chiara per me è stata una grande anima, che ha saputo vedere il Creatore in tutto e ha condiviso con noi la sua esperienza verso una santità non solo personale ma comunitaria. Ha visto il bene anche nelle persone di altre religioni e culture, rispettandole sempre. Inoltre, Chiara mi ha fatto scoprire il grande segreto di Gesù abbandonato (il grido di Gesù in croce) e sento che amando Lui nulla è perduto. Per me Chiara oggi è il presente che vivo tutti i giorni. Non medito tanto sui suoi scritti, ma lei mi ha insegnato quei due o tre concetti che mi aiutano a offrire a Gesù tutta la mia vita e mi accompagnano ogni giorno»

(Merita)

«Ho incontrato Chiara, e con essa la spiritualità dell’unità, che avevo quattro anni e mezzo, ad uno dei raduni biennali di bambini di tutto il mondo. Con tutte le fatiche e le mie debolezze, sento però che la tensione alla fraternità universale, per realizzare la frase di Gesù “che tutti siano uno” fa parte di me. L’esperienza della mondialità, il sentirsi una grande famiglia planetaria, mi ha fatto crescere con il desiderio di esserci per l’altro. Infatti, Chiara mi ha insegnato che il fratello è la strada maestra per incontrare Dio» (Maria Chiara)
«Se penso alla scomparsa di Chiara mi viene in mente una serata di circa quindici anni fa e la sensazione che finiva un pezzo della mia storia. Perché? Dalla sua voce avevo sentito parlare di Dio come amico, espressione di amore e compagno di strada dell’attimo presente, occasione unica per vivere in pieno la mia vita. Mi torna in mente anche l’estate post esame di maturità condivisa con amici in Sicilia e la scoperta del vangelo come stile di vita di tutti i giorni. E poi tante persone che ho conosciuto e con cui ho condiviso un pezzo della mia storia: in tantissime occasioni ho potuto “sperimentare” la frase del vangelo “Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro…”. Che dire: nulla accade a caso, la mia storia continua e Dio cammina con me»

(Daniele)

«Sono grata al Movimento e quindi a Chiara perché mi fa toccare con mano l’essenza del Cristianesimo, che non si limita al pregare, partecipare alla liturgia o alla vita della parrocchia, ma è lasciarsi amare da Dio con i nostri limiti e fragilità, certi che Lui è pronto a risollevarci e abbracciarci dopo ogni nostra caduta. Sentirci amati da Lui ci rende possibile amare ogni persona che incontriamo, anche quelle istintivamente antipatiche, amarle con piccoli gesti concreti, perché i volti delle persone che incontriamo sono il riflesso del volto di Gesù»

(Nadia)