Nei giorni scorsi la compagnia Cvi de Funtanò ha messo in scena al teatro dei Filodrammatici L.A.Mazzoni la commedia Masétt un è incora mõrt, scritta da Angelo Gallegati che ne ha curato come sempre la regia. Angelo per noi della Berton, per me poi in modo particolare, è un caro amico ormai da tanti anni così, nell’attesa del prossimo debutto del suo spettacolo, ho pensato di fargli raccontare come e quando sia nata la sua forte passione per il palcoscenico. State mo da sentire cosa mi ha detto.

«Il mio primo impatto con il teatro l’ho avuto a 16-17 anni (Angelo è nato a Basiago il 10 ottobre 1934). I miei, i Trabadèl, originari della Masô si erano trasferiti prima a Basiago e poi a San Barnaba dove io sono cresciuto. Nel 1950-51 il mio parroco don Aldo Montevecchi, zio di monsignor Silvano, mi affidò una piccola parte nella commedia I ragazzi della via Pal, che mettemmmo in scena nel cinema-teatro di Reda, voluto e costruito da lui con non pochi contrasti con alcuni redesi politicamente contrari alla Chiesa. La sera del debutto mi ero fatto prendere dal panico e pensai: “Questa l’è la prema e l’ultma vôlta ch’a vegh ins e’ pêlcscenic”. Me la cavai, il pubblico applaudì e la paura si trasformò in gioia.

L’anno successivo don Aldo mi affidò la parte del protagonista in un’altra commedia L’ultima mela del ghiozzo, che affrontai senza problemi, ma fu la mia ultima esperienza da attore in quegli anni perchè il teatro andò in crisi, soppiantato dal cinema che stava diventando l’attrazione preferita dal pubblico». Iniziano gli anni delle grandi novità, del progresso e la trasformazione della società coinvolge anche Angelo che nel 1963 si ritrova a far parte del personale della Casa di Riposo di viale Stradone. «Dopo alcuni anni di ambientamento mi ritrovai in buona armonia con tutto ciò che la Casa offriva e, dato che la struttura era dotata di un teatro (gli attuali Filodrammatici) prospettai a don Gino Montanari (l’infaticabile animatore degli ospiti) la possibilità di formare una piccola compagnia con gli anziani della struttura e alcuni di noi del personale. Sarebbe stato un modo per approfondire e migliorare i rapporti fra chi era ricoverato e chi se ne prendeva cura. Don Gino ne fu entusiasta e con l’aiuto di un’ospite, la signora Antonietta Costa, maestra in pensione, riuscii a formare la compagnia Amici della casa di riposo e a mettere in scena la commedia La fortuna si diverte (Frazcõ l’à vént a e’ lot, nella traduzione di Giuliano Bettoli). A questo spettacolo ne seguirono vari altri tradotti o scritti da me in dialetto: E’ fugh sempar azès, L’è turnè nunè, A Masètt u i’ piaseva e vè, Una ca’ in campagna…). Per ragioni di età e di salute gli ospiti vennero poi sostituiti da amici esterni (Enzo Casadio, Giovanni Liverani) o da dipendenti (Pia Gordini, Laura Sangiorgi, Silvia Ravaioli). Per circa un ventennio la compagnia si esibì in diversi teatri e partecipò a varie rassegne con grande soddisfazione mia e di chi recitava».

Ricordo però che a un certo punto la compagnia cessò l’attività… «Nel 1994 andai in pensione e decisi di lasciare anche il teatro per dedicarmi interamente a questa mia nuova forma di vita. Si dice, però, che la polvere del teatro una volta presa non si stacchi più. Forse è vero perché dopo alcun anni entrai nell’Associazione Amici del Fontanone e la prima cosa che mi venne in mente fu di fare ancora del teatro. Prima con il nome Amici del Fontanone, poi Cvi de Funtanò. Prese forma una nuova compagnia fra volontari e amici, tuttora attiva. Non mi sono mai sentito attore, regista e tanto meno autore, anche se ho fatto un po’ di tutto questo.

Sul sentiero della vita ho incontrato tante persone: alcune hanno creduto in me, mi hanno spinto ad andare avanti e fra queste ci sono stati sicuramente mia moglie Ivana, Giuliano Bettoli, L.A. Mazzoni e ci sei anche tu; altre sono diventate i personaggi delle mie commedie perchè io non ho inventato nulla. I personaggi c’erano già erano un po’ nell’ombra, bastava cercarli e chiamarli per nome (Vizènz, Bandiròl, Mariucia, Masètt…). Non posso non ricordare i tanti interpreti , ma non potendo citarli tutti dico loro grazie per la pazienza e la fiducia che mi hanno sempre dimostrato». Da quella prima volta sul palcoscenico di Reda sono passati più di 70 anni, ma sono convinto che Angelo abbia ancora una buona scorta della polvere teatrale presa allora. Sono sicuro che, grazie a quella, aiutato dalla buona volontà e dall’impegno di chi gli sta vicino Angelo continuerà ad andare avanti e gli auguro di cuore di tener botta ancora a lungo.

Mario Gurioli