L’Erasmus è quell’esperienza che permette agli universitari di frequentare un periodo, compreso tra i tre e i dodici mesi, in un’università di un altro paese europeo. Abbiamo intervistato Arianna Soglia, 22 anni, brisighellese e studentessa di lingue attualmente a Magonza (Mainz) in Germania.

“C’è un metodo di studio molto diverso da quello italiano, le lezioni sono discussioni tra gli studenti e i prof”

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Arianna, parlaci un po’ della tua esperienza. Com’è iniziata?

Partiamo dal presupposto che studio Lingue e letterature straniere (inglese e tedesco), quindi l’Erasmus è un’esperienza caldamente consigliata per entrare nel vivo della lingua e nella cultura che si studia. Personalmente ne sentivo il bisogno, perché, per quanto una lingua si impari anche stando in Italia, il modo in cui la si apprende facendo esperienze concrete è molto più efficace. Ha influito anche il lato più personale: il volersi mettere alla prova. Prima di questa esperienza, facevo la pendolare. Non ero una fuori sede, vivevo ancora con i miei genitori, e sentivo un po’ il bisogno di uscire dalla bolla che sono Brisighella e Faenza per mettermi alla prova.

Quali sono le principali differenze che hai notato fra Italia e Germania?

A livello di persone e stile di vita non ho notato grandi differenze. A livello universitario invece sì. È tutto un altro mondo, infatti adesso, con gli esami, sto vedendo le conseguenze di un sistema a cui non ero “abituata”. Ad esempio, qui in Germania ci sono pochissime lezioni settimanali, solo un’ora e mezzo di lezione a settimana per ogni corso (io ne seguo in tutto sei). Dall’altro lato, è richiesto molto lavoro individuale. Sicuramente, dopo due anni di università in cui i compiti non li avevo avuti, tornare ad averli è stato complicato, soprattutto a livello organizzativo. Ho imparato ad adottare un metodo di studio completamente diverso e più adatto. La cosa che mi ha colpito di più è il modo in cui sono organizzate le lezioni. All’inizio per abitudine ricopiavo gli appunti che prendevo, ma poi ho scoperto che non avevo davvero bisogno di farlo. Le lezioni sono, più che altro, delle discussioni. Il prof fornisce l’estratto di un testo e qualche domanda, che funge da spunto per iniziare a parlare. Del tutto diverso dal sistema italiano, in cui il prof parla e gli studenti prendono appunti. Io, che mi consideravo una persona che interviene in classe, mi sono trovata molto in difficoltà all’inizio, perché loro sono molto più abituati di noi.

In generale, pensi che quello tedesco sia un ambiente adatto anche a chi non si è mai approcciato prima alla lingua?

Il tedesco quando sono arrivata già lo sapevo parlare. Ho però notato, che a Mainz, nonostante non sia una città enorme, tutti parlano inglese. Ho diversi amici italiani qua, che non studiano lingue e che sono partiti senza avere un’idea del tedesco, eppure se la sono cavata, perché tutti, commessi e anziani compresi, conoscono anche l’inglese.

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In Germania come vengono percepiti alcuni temi di attualità internazionali?

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, secondo me, nel periodo in cui sono stata qui, non se ne è parlato molto. Probabilmente, se ne è parlato di più all’inizio. Però la gente ne è sempre stata consapevole. Ad esempio, ho visto tante persone con la spilla di un’associazione benefica, che faceva donazioni nei confronti dei rifugiati. La causa più internazionale che viene sostenuta dalla Germania è la sostenibilità. Di plastica monouso praticamente nei supermercati e in università non se ne trova più. La sostenibilità sta molto a cuore ai tedeschi. Inoltre, nel campus universitario le mense sono in maggior parte vegane e adottano metodi ecosostenibili.

Per cosa pensi che questo viaggio ti sia stato utile?

È stata sicuramente un’esperienza fondamentale per l’aspetto accademico e per esplorare un altro sistema universitario. Ho rivalutato gli aspetti positivi di quello italiano, come ad esempio la facilità della burocrazia. Mi porto a casa anche un’indipendenza nuova e un bagaglio culturale enorme, ho infatti acquisito una sicurezza diversa nel lanciarmi nelle cose.

Finito l’Erasmus cosa farai?

Torno tra poco più di venti giorni e mi aspettano tante nuove avventure. Prima il tirocinio in una scuola media, poi la tesi. L’obiettivo è quello di non perdere i progressi fatti nella lingua, anche se non la praticherò. Per il futuro non ho ancora le idee chiarissime, ma mi piacerebbe fare la magistrale per poter poi diventare prof.

Annalisa Strada

Nella foto di copertina, Arianna è in piedi al centro del gruppo