Appena sveglia, Giulia fa colazione assieme ai propri coinquilini. Si prepara il the o il caffè e, tra un biscotto e l’altro, scambia due chiacchiere con Luigi, Rossana, Tommy, Maria Luisa e Alberto. Sono giorni speciali: è la prima volta che lei e gli altri giovani «provano a vivere da soli». Chiavi in mano, Giulia esce dalla propria casa e si dirige verso il Conad Arena, dove sta svolgendo un tirocinio lavorativo. Anche gli altri giovani che vivono nella casa hanno la mattina impegnata in attività lavorativa. Luigi è diretto al Museo delle Ceramiche di Faenza, Rossana alla scuola Ghidieri, Tommy al Bricofer, mentre Maria Luisa a una scuola di Russi e Alberto alla Gemos. Da qualche mese è così che parte la giornata dei sei giovani che hanno deciso di partecipare al progetto della “Casa per l’autonomia”, un percorso per ragazzi con disabilità intellettiva, per sviluppare autonomie personali, cognitive, relazionali, affettive e sociali.

Il progetto porta avanti un percorso partito 10 anni fa, con l’obiettivo di far acquisire ai giovani competenze e autonomia

Dopo la prima abitazione in via Scalo Merci a Faenza – dove vivono altri quattro giovani – l’8 ottobre scorso è stata inaugurata la seconda Casa per l’autonomia, con sede sempre a Faenza in via degli Insorti 23/A. Grazie al supporto degli educatori e dei giovani volontari che abitano con loro si sta realizzando quella che don Oreste Benzi profeticamente chiamava Società del gratuito: «ognuno mette quello che può e prende ciò di cui ha bisogno», in un rapporto di reciprocità e scambio di risorse.

Il sogno di don Oreste Benzi: la società del gratuito

Il percorso che ha portato alla nascita delle Case per l’autonomia – con il sostegno della Diocesi, Apg23, Asp, Servizi sociali e Asl – è partito dal basso e nasce da lontano. Da circa dieci anni, grazie al progetto Si Può Fare dell’associazione Grd, i giovani coinvolti hanno sviluppato tante autonomie e maturato nuovi desideri, tra cui quello di provare a vivere da soli, in un contesto comunque comunitario. Il modello è quello degli studenti universitari fuori sede, con il rientro nelle proprie famiglie nel fine settimana. In questo contesto, i genitori sono coinvolti attivamente nell’aiutare i propri figli ad acquisire, giorno dopo giorno, un’ autonomia abitativa. «Non mancheranno momenti di difficoltà e incomprensioni – scrivono i promotori – ma questa esperienza ci racconta che con il dialogo e l’attenzione reciproca è possibile superarli. Questi ragazzi sono “maestri di Pace”».

Alcuni scatti dell’inaugurazione

Samuele Marchi