Il Centro di Ascolto diocesano con sede a Faenza (CdA) è diventato negli anni sempre più punto di riferimento per intercettare una realtà che, spesso, non si vuole vedere: quella della povertà. Ed è custode anche di una memoria storica su come il nostro territorio si è approcciato ai più bisognosi. Dal 1992 a oggi, ha attraverso vari momenti significativi, anche a livello globale, che si sono poi riflessi anche nel contesto locale. Più di dieci anni fa, per esempio, la crisi economica del 2008. Poi le Primavere arabe, la pandemia, il conflitto in Ucraina. Il CdA è lo spazio in cui questi grandi eventi escono dai massmedia e assumono il volto concreto di chi ha perso il lavoro, di chi è fuggito da una guerra o di chi è rimasto per mesi in solitudine per l’emergenza Covid.

Chiara Lama (Caritas): “Al centro un supporto integrale della persona. Dietro la richiesta di un pacco viveri c’è molto di più”

«Col tempo la realtà del CdA si è strutturata sempre meglio per venire incontro a coloro che bussano alla nostra porta – spiega Chiara Lama, operatrice Caritas in servizio al CdA dal 2012 -. L’approccio è quello di fornire un supporto integrale alla persona. Dietro la richiesta di un pacco viveri, infatti, c’è sempre molto di più. Per esempio, siamo riusciti a personalizzare sempre di più i singoli servizi. Penso al fornire un aiuto burocratico e legale, che per tante famiglie straniere, è molto importante per avviare un processo di inclusione».

Un altro aspetto cresciuto negli anni è l’apporto dei tanti volontari che, dalla mensa al servizio vestiti, fino al dormitorio, danno il loro prezioso contributo. «C’è un’operatrice dedicata specificatamente a loro – spiega Chiara – e che cura il rapporto con tutte le persone che vogliono offrire il proprio servizio. Questo è stato importante, perché gli stessi volontari si sentono valorizzati all’interno di un progetto più ampio e di una casa più grande rispetto a quella del singolo servizio, che è quella della Caritas».

“La solitudine, portata dalla pandemia, non va sottovalutata”

Venendo all’oggi «sono aumentate le persone che, pur avendo un lavoro, chiedono un aiuto. Si tratta di persone che hanno per esempio un tirocinio o un contratto part-time, che non basta al sostentamento familiare. Il tema del lavoro è centrale». Collegato a questo aspetto, c’è anche la situazione degli sfratti. «Come Caritas partecipiamo al tavolo degli sfratti, che vuole proprio trovare soluzioni a una situazione che rischia di diventare davvero problematica anche a Faenza». Un altro aspetto in crescita, è il supporto alle persone sole. «Con la pandemia, in tanti si sono rivolti a noi anche solo per trovare qualcuno con cui parlare. Persone che magari hanno perso i conviventi a causa del Covid. Il disagio della solitudine non va sottovalutato». Tra i segni di speranza, l’apporto dei giovani. «Negli ultimi mesi si sono avvicinati al CdA in tanti, in particolare scout. È da segnalare poi che tante famiglie hanno dato la loro disponibilità ad aiutare in varie forme le persone più bisognose. Lo stiamo vedendo in particolare con l’accoglienza dei profughi ucraini: diverse famiglie hanno aperto la loro porta a chi fugge dalla guerra, ed è un bel segno per tutta la comunità».