Non servono più regole o burocrazia, ma un vero cambio di cultura che metta al centro le persone e un’etica di responsabilità. Sono queste alcune delle considerazioni emerse dal convegno Lavoro, scuola, formazione professionale: la sicurezza innanzitutto promosso dalla Pastorale sociale della Diocesi. A indicare l’attualità del tema sono in primo luogo i numeri: lo scenario che abbiamo davanti è drammatico: nel 2021 sono stati 1.221 i morti sul luogo di lavoro (dati Inail), cui si aggiungono quelli “ignoti” perché avvenuti nelle pieghe del lavoro in nero, un ambito sommerso in cui si moltiplicano inaccettabili tragedie. Tra i settori più colpiti ci sono l’industria, i servizi, l’edilizia e l’agricoltura. Il convegno è stato aperto dal vescovo, monsignor Mario Toso, che ha introdotto il messaggio della Cei per il 1° maggio La vera ricchezza sono le persone, indicando i pilastri sui quali fondare una cultura della cura del lavoro e della sicurezza.

I pilastri indicati dal vescovo Mario

Innanzitutto «il valore soggettivo e personale del lavoro – ha indicato il vescovo – quello che è definito “capitale umano”, vale a dire “gli uomini stessi, in quanto capaci di sforzo lavorativo, di conoscenza, di creatività, di intuizione delle esigenze dei propri simili, di intesa reciproca in quanto membri di una organizzazione” (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 276); la complementarità tra lavoro e capitale, che supera un’antica antinomia attraverso sistemi economici dal «volto umano», così che la principale risorsa rimanga l’uomo stesso; le condizioni di un lavoro sicuro e dignitoso, misure protettive e vigilanza nelle imprese, antidoto a conflitti sociali ed economici; una cultura della cura, nutrita dalla Parola di Dio, che impedisce la strumentalizzazione del lavoro al profitto; l’educazione e la tutela dei più deboli nel mondo del lavoro, che evidenziano il lavoro come diritto e dovere fondamentale della persona e che facilitano il riscatto del lavoro dalla logica del profitto; investimenti nella ricerca e nelle nuove tecnologie, nella formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro; inserimento nei programmi scolastici e di formazione professionale della disciplina relativa alla salute e alla sicurezza del lavoro; i dovuti controlli da parte dello Stato e dei sindacati sulle condizioni di sicurezza sul posto del lavoro».

«Con l’impegno a rendere il lavoro più umano, partecipativo, creativo, solidale – ha concluso il vescovo – il pensiero deve andare a chi ha perso la vita nel compimento di una professione che costituiva il suo impegno quotidiano, l’espressione della sua dignità e della sua creatività, e anche alle famiglie che non hanno visto far ritorno a casa chi, con il proprio lavoro, le sosteneva amorevolmente. Così come non possono essere dimenticati tutti coloro che sono rimasti all’improvviso disoccupati e, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita».

Lavoro, Formazione, scuola

A partire dalle sollecitazioni del vescovo, sono poi intervenuti i relatori, rappresentanti del mondo delle imprese, dei sindacati, della formazione e della scuola. La lotta alle false cooperative e la ricerca di un maggior dialogo tra scuola-formazione-impresa sono tra gli aspetti sottolineati da Mauro Neri, presidente di Confcooperativa Romagna. Inoltre si è posto l’accento anche su un altro tema fondamentale: quello della crisi demografica. Davide Servadei, presidente Confartigianato Emilia-Romagna, ha sottolineato la necessità di un cambio culturale sul tema della sicurezza sul lavoro. «Non servono più regole – ha ribadito – ma una mentalità che parta dalla testa delle persone». Tra le buone pratiche per lo sviluppo del lavoro nel territorio, sono stati citati gli Its e Ifts, come quelli relativi alla ceramica e ai materiali compositi. Assuero Zampini, presidente di Coldiretti Ravenna, ha sottolineato gli importanti passi in avanti, in tema di sicurezza sul lavoro, fatti dal mondo agricolo e ha ribadito l’importanza degli investimenti e della ricerca per quello che è un settore che guarda ormai a un tipo di agricoltura 4.0, e che deve fare dell’eccellenza un motore imprescindibile.

Partecipazione e prevenzione sono due delle parole chiave utilizzate dal segretario Cisl Romagna, Francesco Marinelli. Riprendendo quanto già indicato da Servadei, per Marinelli serve «un nuovo modello culturale che parta dal basso e che coinvolga tutti, dal dipendente al datore di lavoro». Esempio virtuoso di questo sono stati i protocolli di sicurezza redatti in tempo di Covid, che hanno messo al centro la persona e non il profitto fine a se stesso. Giuseppe Pagani, presidente Aeca, ha ribadito il tema dell’etica della responsabilità che deve coinvolgere tutti: dall’azienda alla scuola passando anche per le famiglie e la società nel suo complesso. L’ex dirigente scolastico Maria Luisa Martinez, ha messo al centro la parola orientamento scolastico, su cui si dovrebbe investire maggiormente.

A chiudere il convegno è stato Flavio Venturi, incaricato alla Pastorale sociale, che ha ricordato i prossimi appuntamenti che proseguono l’attività della Settimana sociale dei cattolici a Taranto, tra questi l’incontro a inizio giugno a Russi sul tema dell’economia circolare.