Il direttore del TG La7, Enrico Mentana, ha affermato che Sergio Mattarella sia il miglior Presidente che abbiamo avuto insieme a Sandro Pertini: io aggiungerei anche Carlo Azeglio Ciampi. Presidenti che abbiamo sentiti vicini alle nostre preoccupazioni e al nostro cuore. Ieri sera Mattarella si è accomiatato, come Presidente della Repubblica, da tutti noi italiani.

Come nello stile dell’uomo è stato un discorso rigoroso, pacato e denso di contenuti: l’ultimo intervento di fine d’anno di Sergio Mattarella è probabilmente tra i più brevi ed ecumenici del suo settennato. In piedi, una quindicina di minuti, con alle spalle la finestra del giardino illuminato e le bandiere simbolo del nostro paese, il capo dello Stato si è congedato con la sobrietà, lo stile che lo ha sempre contraddistinto. Quasi con distacco, inversamente proporzionale all’intensità – politica ed emotiva – di un periodo, quello dal 2015 al 2022, da far tremare le vene ai polsi, in cui la pandemia è precipitata su un sistema politico in grave difficoltà e su una legislatura segnata da tre governi di segno opposto in cinque anni. Però, sia pur parlando in termini generali, nella rivendicazione elegante e orgogliosa del proprio profilo c’è un’indicazione, che magari non è proprio un identikit, ma un principio offerto a chi dovrà eleggere il suo successore. 

La rivendicazione sta nella consapevolezza di chi lascia un paese, avendone preservata “l’unità istituzionale e morale”, proprio nel momento più difficile della sua storia. E questo è “il patriottismo concretamente espresso nella vita della repubblica”, e ogni riferimento all’idea di patriota emersa ultimamente, in questa frase sembra proprio voluto. Unità resa possibile dallo straordinario “senso di responsabilità” degli italiani che, di fronte all’ignoto, hanno saputo attingere alle proprie risorse e seguire le indicazioni della scienza. E da quella profonda connessione sentimentale con le istituzioni che è forse la vera risorsa della Repubblica.

Ma questa unità, dice sostanzialmente Mattarella, è una costruzione politica, giorno per giorno, fatta di scelte: il compito del capo dello Stato è stato ed è quello di esserne il garante.  Questo vuol dire avvertire sin dal momento dell’elezione due “esigenze di fondo”: “spogliarsi di ogni appartenenza e farsi carico dell’interesse generale” e “salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore”.

Ci siamo “rialzati”, ma non è finita. Perché c’è un paese da riscostruire. E la parola “ricostruzione” è sempre declinata nella sua accezione non solo economica, ma anche etica, sociale e materiale. Che rende innanzitutto necessario uno sforzo nella mentalità con cui dobbiamo affrontare una fase che non si è chiusa. Non ci sarà un ritorno al mondo di prima, ma una complicata trasformazione segnata da nuovi conflitti e “nuove disuguaglianze” sociali. 

E se Mattarella esce di scena, questo punto di vista sull’Italia resta.

Certo, ora sarà Senatore a vita: immagino che quando interverrà le sue parole saranno pesanti.  E, con esse, la necessità che vedano impegnati ciascuno di noi a favore delle nostre comunità e del nostro paese. 

Buon anno!

Tiziano Conti