Esplorare una grotta, trascorrere una serata attorno al fuoco, camminare lungo sentieri che testimoniano mutamenti geologici di milioni di anni. Esperienze che sono frutto di un lungo percorso che ha portato oggi il Carnè a essere una delle mete più amate a livello regionale e nazionale. Con il responsabile del centro visite Ivano Fabbri, che in trent’anni di lavoro ha visto crescere il parco, ne ripercorriamo passato, presente e futuro.

Ivano Fabbri (referente centro visite Carné): “Mancava tutto, oggi è qualcosa di unico”

Quando è iniziata la tua attività al parco Carnè?

Mi sono formato in Speleologia, e quella che è nata come una passione è poi diventata un vero e proprio lavoro. Nell’aprile del ’92 l’Amministrazione mi chiese di seguire le visite alla Grotta della Tanaccia, e allo stesso tempo una volta alla settimana facevo attività di manutenzione al parco. All’epoca era chiuso e molto diverso da oggi.

Cosa mancava?

Tante cose che oggi diamo per scontate all’epoca erano tutte da costruire. Il parco era isolato per via di una frana, e vi si poteva accedere solo tramite un ingresso d’emergenza molto scomodo. Non era allacciato all’acquedotto e non c’erano impianti elettrici: di fatto era praticamente inagile. Personalmente, l’emozione più bella che mi lega al Carnè è vedere come quel piccolo parco con una casa colonica sia diventato tra i parchi più attrezzati e visitati in Regione. E oggi chi passa dal Carnè torna sempre volentieri.

Quali sono stati gli step principali della storia del Carnè?

L’allacciamento all’acquedotto è arrivato nel ’94, mentre la strada di accesso è stata riaperta nel 2000 grazie a un finanziamento pubblico a cui ha lavorato in particolare il compianto Walter Verlicchi, funzionario provinciale. Grazie a lui e a un ulteriore finanziamento è stato possibile aprire la capanna scout. In quegli anni sono state gettate molte basi del parco che visitiamo oggi. Dal fienile venne ricavato l’alloggio per la vigilanza, e si iniziò a creare il museo della fauna del parco regionale. Nel 2009 si insedia per la prima volta l’amministrazione del parco con un suo organo direttivo.

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Una foto del centro visite Carnè nel 1994

Oggi c’è tanta soddisfazione, ma in passato hai mai pensato di mollare?

Più di una volta, ma ho stretto i denti. All’inizio ci sono stati molti alti e bassi, come dicevo il parco versava in uno stato di abbandono ed era tutto da costruire. Tante persone erano scettiche sul suo futuro. In particolare, c’è stato un momento in cui si voleva che la strada per le auto arrivasse a pochi metri dal centro visite, costruendo un parcheggio. Questa scelta avrebbe snaturato il Carnè facendolo diventare un posto come tanti altri. Non puoi pretendere di arrivare al Carnè senza camminare. È stato un momento duro, ma per fortuna il progetto è stato abbandonato.

Quali sono le caratteristiche che rendono unico il parco?

Non sono molti i luoghi al mondo dove puoi camminare sul gesso affiorante. La roccia carsica qui ha poi caratteristiche uniche: in tutto sono 223 le grotte finora scoperte e distribuite nel parco, per un totale di oltre 40 km di ambienti sotterranei. Inoltre c’è un clima particolare, anzi, più climi, dato che nella stessa fascia convivono un clima mediterraneo e uno d’alta quota. Sono poi i cristalli di gesso, che assorbono il calore e lo ridistribuiscono nei periodi più freddi, a rendere speciale l’olio di Brisighella. A tutto questo si aggiungono aspetti paesaggistici e archeologici.

Cosa consiglieresti di visitare a chi non conosce ancora il parco?

La visita in grotta penso sia un’esperienza molto emozionante, in particolare se fatta in maniera escursionista. Il parco concentra attorno sé anche tanti luoghi di valore per ogni tipo di visitatore: lasciando l’auto a Brisighella si incrociano la via degli Asini, la grotta Tanaccia, i concerti alla Marana, gli scavi archeologici di Rontana, il parco geologico, i sentieri…

Ho sempre pensato che i parchi avessero un enorme potenziale: vogliono dire salute per il territorio, economia, attenzione alle future generazioni. In questi mesi i parchi sono stati presi d’assalto dalle persone, perché vi riconoscevano luoghi sani. Nei prossimi 30 anni il parco cambierà sicuramente ancora, in particolare si sta sviluppando un progetto di foresta che arricchirà il valore naturalistico dell’area.

Samuele Marchi

Il convegno

Sabato 11 dicembre si terranno le celebrazioni per i 50 anni del Parco Carnè antesignano del Parco della Vena del gesso Romagnola. Fu acquistato dalla provincia di Ravenna, dal Comune di Faenza e dal Comune di Brisighella nel 1971 sotto spinta dell’allora sindaco di quest’ultima Egisto Pelliconi, definito “visionario” da Antonio Venturi, presidente dell’Ente di gestione dei parchi e la biodiversità-Romagna, per aver intravisto il potenziale di quell’area.

Il convegno si terra all’ex convento dellOsservanza (via Fratelli Cardinali Cicognani 37). Inizio alle 9.30 con saluti istituzionali, poi alle 10 la tavola rotonda a cui parteciperà anche Egisto Pelliconi. Alle 12 la presentazione di un video clip e della nuova brochure del centro visite, per concludere la mattinata alle 13 al rifugio Cà Carnè con la posa della targa commemorativa.

Alle 15 ci sarà la tavola rotonda Dal ‘seme’ Carnè alla candidatura a patrimonio Unesco. Successivamente alle 16.30 la presentazione della pubblicazione “Il museo Geologico Diffuso del Parco della Vena del Gesso Romagnola”.

Per l’intera giornata negli spazi dell’Osservanza ospiteranno mercatini di natale dei produttori agricoli e dell’artigianato del parco, oltre a stand e animazione per famiglie e bambini.

f.g.