Se si guardano le immagini relative alla riqualificazione urbana della stazione dei treni di Faenza, si vede che lo scalo merci sparirà nella terza fase del progetto. E che fine faranno le merci che, via treno, arrivano oggi alla stazione? Il Pums, Piano urbano della mobilità sostenibile, individua come prioritario lo spostamento dello scalo e la «realizzazione del nuovo in area esterna al centro storico e dismissione dell’esistente». E il Pums ha chiaro dove dovrebbe essere posto: «L’intervento interessa un’area di circa 51.400 mq ubicata tra via Corgin e via Deruta», come agli atti di indirizzo e di pianificazione, ancora nella giunta precedente, era già stato individuato.

Quale il costo per questo intervento? Il Pums non lo specifica. Il perché è presto detto: l’investimento, la gestione dell’infrastruttura sarà promossa dall’Amministrazione, ma solo per individuare o incentivare soggetti privati, mettendo a disposizione l’area. Quindi, sostanzialmente, parliamo di un recupero delle precedenti giunte. Ma è ancora attuale il progetto?

Entro il 2023 bisognerà individuare una nuova area per lo scalo merci

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Una prima bozza progettuale del terzo step del progetto di riqualificazione della stazione, con il collegamento tra piazzale Battisti e via Medaglie d’oro.

La nostra Regione, punto di congiunzione di due corridoi europei (Mar Baltico – Mar Adriatico e Scandinavia – Mediterraneo) ha oggi sette scali ferroviari. A pochi chilometri opera lo scalo di Villa Selva (140mila mq), ma soprattutto lo scalo di Ravenna, al servizio del suo porto. Il treno è al servizio di economie di scala (e per questo gli interporti si sono sviluppati al fianco o del porto o dei centri industriali). Ancora: un treno completo riesce a portare circa 1.200 tonnellate. Per capirci, per spostare la stessa quantità di merce, sarebbero necessari (stante le norme attuali di circolazione stradale) circa 35 bilici.

Il traffico su rotaia (dati FerCargo) prima della pandemia parlano di una crescita annua tra 2018 e 2019 del 4% del traffico su rotaia. Molti paesi europei già stanno spingendo maggiormente il ferro rispetto alla gomma, anche con incentivi o divieti. Sembra allora un’opportunità il mantenimento di un punto raccordato, per potere non solo sfruttare i vantaggi forniti dagli aiuti per tali interventi, ma maggiormente in una logica green. Il treno, a oggi, è senz’altro più “verde” rispetto a tanti competitori, tra cui il camion. Anche se, va detto, il treno da solo non riesce a servire tutti i clienti. E da qui la lotta tra gomma e rotaia si fa sinergia. Quindi, aumentando il trasporto su rotaia, non si perderebbero posti di lavoro, ma la tipologia si sposterebbe in quello che è definito primo e ultimo miglio.

Mattia Randi