Voialtri non lo so, mo me non ci avevo mica mai fatto caso alle smilanta espressioni metaforiche del nostro dialetto in cui c’entra la parola tësta. Mi ci ha fatto pensare Daniele, un mio ex scolaro della Strocchi che, come i più dei giovani, il dialetto u l’mastiga pöc anche se ci piace di mondi e per questo, d’ogni tanto, mi chiede qualche spiegazione su modi di dire che gli risultano sconosciuti.

Questa volta ce ne ha due: t’ci ‘na tësta d’saraca e t’ci tóta tësta da e’ còl in so. Approfittando delle curiosità linguistiche dialettali di Daniele questa volta sono andato a ripescare, fra i miei ricordi e quelli di qualche amico, diverse altre espressioni in cui compare la parola tësta; in alcune è usata in senso positivo, in molte invece assume un significato negativo.

T’ci ‘na tësta d’saraca e il suo equivalente t’ci ‘na tësta d’zaramândla venivano usati per sottolineare il comportamento da stupido o da sciocco di qualcuno. Chissà poi perché un pesciolino come una sardina e un piccolo rettile come la salamandra avranno dato origine a questi modi di dire a cui aggiungo, sempre tirando in ballo i pesci, anche questi altri detti: t’è una tësta che s’u l’aves un pès u s’anèga o peggio ancora t’è una tësta che s’u l’aves un pès… l’andreb a fê e’ nidi ins un êlbar!

Oggigiorno per mettere in evidenza un qualsiasi comportamento che non si condivide è di frequente e, purtroppo, facile uso, un’espressione alquanto volgare t’ci una tësta d’…

Qualcosa di simile, anche se in forma molto più soft, c’era anche fra i detti di una volta t’ci una tësta d’zìvul (altro pesce azzurro di discrete dimensioni) oppure con un ampio giro di parole t’è una tësta ch’u s’in sbat dal mej la nòt ins l’urël de bucale. Come erano finarlini i nostri di una volta! Altri tempi, che ai giovani forse sembrano lontanissimi! In realtà siamo ancora in tanti ad averlo usato quel vaso da notte di latta smaltata di bianco o di terracotta vargolata di verde o di azzurro che, in mancanza del bagno, era un oggetto tanto indispensabile da far parte del corredo di una camera da letto. Ad esempio quando si sposò una mia zia, l’azdôra della famiglia del marito ci tenne molto a dire a tutti gli invitati che lei agli sposi ci aveva regalato proprio un bel paio d’bucalE!

Ma torno all’altra espressione che ha incuriosito Daniele: t’ci tóta tësta da e’còl in so. Era, e lo è tuttora, sia un modo simpatico e scherzoso per riconoscere a uno la soluzione di un problema che sembrava insolubile, sia una presa in giro per aver scoperto l’acqua calda.

Tutte positive e usate per mettere in risalto la genialità e il talento di una persona sono le espressioni l’è una bëla tësta… l’ha una bôna tësta… l’è õ ch’l’ha dla tësta. Al contrario, una tësta dura o una tësta cvedra andavano e vanno ancora a pennello per chi fa fatica a capire qualcosa. Lo scarso buon senso e il non aver giudizio lo ritroviamo in l’è una tësta busa… l’ha pöca tësta… l’ha una tësta pina d’pân còt… cus al int la tësta una zèmna (o zimnê) d’pân còt?

I superficiali e gli sventati erano dal tëst alziri mentre le persone attente erano e sono quelle bôni d’stê a lè cun la tësta. Chi non chiede o non segue i consigli degli altri l’è õ che vo fê d’su tësta, mentre gli ostinati sono quelli che se i s’met un cvèl int la tësta i n’se cheva piò di int la tësta e i s’romp piotost la tësta…

Se uno parla in continuazione ti può fare ‘na tësta coma un palõ… farti venire un zerc a la tësta o fetan ‘na tësta… fino a stordirti. Il distratto non è a lè cun la tësta oppure vive in un suo mondo tenendo la tësta int e’ sac, mentre gli smemorati i n’ha piò la tësta… i n’sa piò dov ch’i eva la tësta oppure i l’ha int la tësta, ma non ce la fanno a tirel fura d’int la tësta.

Quando uno è preoccupato può avere cvèl êtar par la tësta e se arriva alla disperazione può sbatar la tësta int al muraj oppure non sapere dov sbatar la tësta. A questo punto però di questa testa a n’ho fèna sôra a la tësta e a smet! A voi aggiungere quel che manca.