Un tronco abbandonato in un bosco. Una radice contorta. Un pezzo di legno che a prima vista sembrerebbe destinato a scomparire nella terra. Ma per Giorgio Palli, artista faentino originario di San Cassiano, non c’è nulla di più vivo. “È la natura stessa la vera artista di quello che creo – spiega – io mi limito solo a modellare i segni che mi dà”. E proprio su questi segni si fonda la sua più recente opera: una grande scultura dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, collocata tra la chiesa e il campo sportivo di Castel Raniero, con lo sguardo rivolto alla valle d’ingresso alla Valle del Lamone.

L’opera, realizzata in legno di ciliegio proveniente da Lozzole, nasce come gesto di protezione e speranza per un territorio duramente segnato dalle recenti alluvioni. “Quest’opera vuole rappresentare la protezione della Madonna sulla valle, ferita dal fiume Lamone”, racconta Palli. La scultura sarà inaugurata oggi, venerdì 9 maggio, alle 19, in occasione delle celebrazioni per la Beata Vergine delle Grazie, patrona di Faenza e della diocesi, nonché nell’ambito del folk festival “La Musica nelle Aie”.
Ma non è tutto. Nella chiesa di Castel Raniero, in contemporanea, è allestita una mostra personale dell’artista, visitabile nel weekend, che offre un viaggio dentro il suo mondo poetico e spirituale, fatto di presepi originali, richiami biblici e riflessioni profonde scolpite nel legno. Un percorso tra le radici della fede e della natura, tra spiritualità e creatività.
Un’arte che nasce dalla terra

“Non riesco a stare fermo se non intaglio un pezzo di legno”, confessa Giorgio Palli. Nato come ceramista, ha trovato nel legno la sua voce più autentica a partire dagli anni Novanta. Il suo processo creativo inizia sempre da un incontro: quello con un pezzo di legno dalle forme insolite. Non lo cerca, lo trova. E in quel pezzo vede volti, animali, mani, ali. “Mi basta una curvatura per immaginare un’espressione”, racconta. Da lì inizia il lavoro, paziente e rispettoso, che non impone, ma accompagna.
Tra le opere esposte a Castel Raniero spicca un’Arca di Noè imponente e tenera al tempo stesso, dove gli animali si affollano in coppia: cavalli, leoni, gatti accanto ai topi, e in coda le lente tartarughe. Tutto è scolpito con cura minuziosa, senza perdere la freschezza del gesto. C’è poi un’installazione ispirata al Cantico delle Creature di San Francesco: dalle radici di un albero emergono gli elementi naturali, gli animali e infine sora morte, in un crescendo che è al tempo stesso un inno alla vita e una riflessione sul tempo.
In un altro angolo della mostra, un Gesù Bambino gioca con i Re Magi, nascondendo la stella cometa e chiedendo loro: “Chi state cercando?”. “Mi piace rappresentare l’umanità di Gesù – spiega Palli – era Dio ma era anche uomo”. E così il sacro diventa anche quotidiano, tenero, vicino.
Un artista per la comunità
Nelle sue opere, Giorgio Palli non cerca l’estetica fine a sé stessa. Ogni scultura è pensata per uno spazio, per una comunità, per una storia condivisa. Così è stato per la “baby band” scolpita nel parco San Francesco di Faenza, dove i cippi di vecchi cedri abbattuti sono rinati sotto forma di bambini musicisti: un inno alla gioia e alla creatività.
La sua poetica è profondamente radicata nel territorio. Le sue opere dialogano con i luoghi, li rigenerano, li trasformano in spazi carichi di senso e di bellezza. “Le mie sculture vogliono essere un segno che resta, che parla anche quando io non ci sarò più”, confida. Tra i riconoscimenti più significativi, spicca il dono di un pastorale scolpito consegnato a papa Francesco, segno della stima che accompagna il suo cammino artistico anche oltre i confini locali. In passato, un’opera ceramica era stata donata a papa Giovanni Paolo II.
Un’arte per guardare oltre
Giorgio Palli è un artista che non smette mai di stupire. Non solo per la qualità tecnica delle sue opere, ma per la profondità spirituale che le attraversa. Ogni intaglio è un atto di ascolto: della natura, delle storie, della vita. Ed è proprio questo che rende le sue sculture così autentiche.
Mentre i visitatori si aggirano tra le sue opere a Castel Raniero, il silenzio si fa spesso contemplazione. Le radici tornano a parlare, i tronchi diventano narrazioni, e il legno si fa carne, si fa volto, si fa speranza. “Già penso alle prossime opere – conclude Palli – spero di poter lasciare ancora qualche segno di bellezza nel mondo”. E a giudicare da ciò che abbiamo visto, possiamo esserne certi.