La Chiesa di Faenza-Modigliana annuncia con gioia l’ordinazione presbiterale del diacono Stefano Lega, 33 anni. La celebrazione, presieduta dal vescovo monsignor Mario Toso, sarà sabato 31 maggio alle 18 in Cattedrale. Il giorno seguente, domenica 1 giugno alle 11, il novello sacerdote presiederà la sua prima Santa Messa nella chiesa dei Santi Ippolito e Lorenzo in Faenza, occasione in cui tutta la comunità potrà unirsi nella lode e nella gratitudine.

Intervista a don Stefano Lega: “Cercherò di essere un prete di comunione, seguendo l’esempio di Gesù buon pastore”

Come ti stai avvicinando al momento dell’ordinazione? Che emozioni provi?

Queste ultime settimane sono ricche di gratitudine per quanto ricevuto finora e per il dono che sto per ricevere. Se guardo il cammino di questi anni vedo tanti volti, tante occasioni di toccare con mano la presenza del Signore nella mia vita: una presenza “disarmata e disarmante”, se vogliamo utilizzare l’espressione offertaci da papa Leone nel giorno della sua elezione. Provo, inoltre, molta emozione e trepidazione, perché si tratta della vita, della mia vita: l’idea di “prestare” le mie mani, la mia voce, il mio tempo, la mia vita, appunto, al Signore, affinché la sua presenza sia resa visibile nel pane offerto e spezzato, nel perdono, nei sacramenti, nella vita delle comunità, nella carità… mi fa tremare perché è qualcosa di veramente grande, ma ciò che mi dà pace è la fede che è Lui che agisce e opera in me, con me e nonostante me.

ordinazione stefano

Come ti hanno fatto crescere questi anni di diaconato?

Questi tre anni di diaconato sono stati fondamentali e decisivi nel cammino di scoperta e approfondimento della mia vocazione e sono stati un’immersione a 360° nella comunità ecclesiale: l’amore per Cristo e la scelta di dono della vita fatta con l’ordinazione diaconale si sono incarnati in maniera totalizzante e definitiva nel servizio a questa nostra Chiesa diocesana, negli ambiti e nelle modalità di volta in volta indicatemi dal Vescovo. Lo studio della teologia, il lavoro e il servizio pastorale si sono continuamente intrecciati e impastati, diventando il terreno fertile su cui ora, con una nuova effusione dello Spirito, si innesta questa ulteriore configurazione del mio personale modo, unico e “irreplicabile” proprio perché mio, di rispondere all’Amore.

In quali servizi ti stai dedicando in Diocesi?

Dopo alcuni anni di insegnamento nella scuola di S. Umiltà, mi è stato chiesto di mettere la mia formazione economica (sono laureato in Economia) al servizio della Diocesi, di cui, da novembre scorso, sono stato nominato Economo. Inoltre, ormai da diversi anni ho anche l’incarico di Cerimoniere, ovvero mi occupo di coordinare l’organizzazione delle celebrazioni liturgiche presiedute dal Vescovo e di assisterlo nello svolgimento delle stesse, con il fine di favorire il più possibile la preghiera di chi vi partecipa, curandone in modo particolare la decorosità, la coralità, l’ordine e la sobrietà. Infine, presto servizio pastorale nelle parrocchie di Brisighella, Fognano e Pieve Tho, in supporto al parroco, don Marco Ferrini. Lì mi occupo in modo particolare della catechesi degli adolescenti, del gruppo scout Valdilamone1 e delle visite e della comunione ad alcuni anziani.

Come stai vivendo la responsabilità del servizio di Economo?

In questo servizio coordino l’ufficio amministrativo della Curia diocesana, assistendo e coadiuvando il Vescovo nei suoi importanti e delicati compiti di amministrazione dei beni della Diocesi e di guida, indirizzo e vigilanza verso le parrocchie e gli altri enti a lui soggetti. Percepisco la delicatezza e l’importanza pastorale di questo ambito, perché l’utilizzo del denaro e dei beni di cui disponiamo, oltre che le naturali relazioni economiche che ne derivano, sono un terreno di prova in cui si gioca nientemeno che la testimonianza del Vangelo. Non un qualcosa da cui fuggire, ma un prezioso e potente (e, per questo, anche pericoloso) strumento a servizio dell’azione pastorale della Chiesa, dell’annuncio e della carità. Per questo sono grato al Vescovo per la fiducia accordatami nel pensare a me per questo servizio. Non ne nascondo la fatica ma ne colgo l’opportunità “vocazionale” di occasione di sequela e offerta al Signore nel qui e ora della mia vita, sapendo che il Signore non ci lascia né soli né sprovvisti di ciò che ci occorre.

Stefano Lega

Come educatore, riesci a cogliere il sentimento dei giovani verso la fede e la spiritualità. Come sono i giovani di oggi? Di cosa hanno bisogno per incontrare il Signore?

Vedo nei ragazzi e nei giovani una grande sete di senso, di profondità, di relazioni vere, di qualcuno che li “veda” e che si interessi a loro. Li percepisco come grandi vasi che desiderano essere colmati. Spesso, però, viene offerto loro un “vino” vecchio, stantio, a basso costo e così il vaso si riempie, ma la sete aumenta… Io credo che ci sia tanto bisogno di tornare ad annunciare loro il “vino” nuovo, quello del dono di sé che sconfigga l’individualismo, quello del lavoro e del sacrificio che smascheri i miraggi del tutto e subito, del successo senza fatica, quello di un Gesù che è amico mio, amico tuo e amico loro, non una tassa da pagare alla nonna o un insieme di riti vuoti, ripetuti in maniera stanca e abitudinaria, quello di una Chiesa che non è un circolo chiuso e arroccato, ma una comunità di fratelli che si accolgono nei propri limiti e si raccolgono per trarre Vita da colui che l’ha data per noi e non smette di amarci e di camminare al nostro fianco.

Penso che i nostri giovani abbiano bisogno di tutto questo e che il forte disagio che la nostra società sta vivendo in tante sue componenti e ambiti sia il segno che i nostri otri sono pieni, ma di vino vecchio. Per questo il lavoro con i giovani è duro, in salita e necessita di tanto tempo “perso”, di costanza, disilluso, ma è prezioso e vitale per il mondo e per la Chiesa. Farsi accanto, non come maestri, ma come amici e fratelli. Ascoltare, non con orecchio giudicante, ma con cuore aperto. Annunciare, senza paura ma in maniera comprensibile e attuale, non per forza con le parole, che Gesù è la via che ci conduce alla nostra vera e più piena realizzazione, la verità più profonda di noi stessi e della storia, la vita che ci è già stata data in dono.

stefano lega diacono

Di cosa ha bisogno, invece, la Chiesa locale?

La nostra Chiesa di Faenza-Modigliana, sia come comunità diocesana che come comunità parrocchiali e realtà associative, credo abbia bisogno di impostare un lavoro per discernere cosa è essenziale per assolvere la sua missione e agire di conseguenza: potare ciò che serve, tagliare ciò che è secco e sta diventando solo un dispendio di tempo ed energie. Come annunciare il Vangelo, a Faenza, nel 2025?

Poi abbiamo bisogno della linfa vitale delle vocazioni: di giovani, uomini e donne che sposino il progetto di Dio per la loro vita come preti, mogli, mariti, consacrati, consacrate, laici impegnati nella politica e nella società, diaconi, missionari… di gente che con la propria vita mostri le meraviglie che il Signore può compiere in noi.

Infine abbiamo bisogno di unità: troppo spesso i nostri gruppi e le nostre comunità sono divise, rancorose, attaccate a vecchi schemi. Quanta fatica facciamo a fare le cose insieme, a rinunciare al nostro orticello, a fare un passo indietro per guadagnare in comunione e vitalità!

Che prete sarà don Stefano?

Un prete “normale”: con pregi e difetti, potenzialità e passioni accanto a fatiche e fragilità. Vorrei essere un prete di comunione: un prete in comunione con il Signore Gesù, che non rinuncia a nutrirsi del rapporto personale con lo Sposo per rincorrere il fare e la prestazione; un prete in comunione con il suo Vescovo e con i confratelli, capace di dire di sì e di vivere l’amicizia e la fraternità presbiterale; un prete in comunione con le comunità e negli ambiti che sarò chiamato ad abitare, non come uomo solo al comando, ma seguendo il modello di Gesù buon pastore.

Samuele Marchi