Il 7 aprile scorso la sala del Consiglio comunale di Faenza ha ospitato l’evento Minardi 40, una storia che corre ancora – Dal debutto all’eredità di un sogno, per celebrare i 40 anni dal debutto del Team Minardi in Formula Uno, avvenuto nel Gp del Brasile del 1985. Per ripercorrere tappe e aneddoti di un’avventura che ha portato il nome di Faenza nel mondo abbiamo incontrato Giancarlo Minardi, fondatore della squadra motoristica e oggi presidente del Cda di “Formula Imola”, società che gestisce l’Autodromo di Imola.
Intervista a Giancarlo Minardi

Minardi, l’hanno definita “un eroe un po’ folle”, per la sua avventura in Formula Uno. È d’accordo?
Abbiamo realizzato un’impresa non facile, superando tanti ostacoli. Siamo rimasti nel mondo della Formula Uno 21 anni, disputando 340 gran premi e forse sì, agli occhi di alcuni osservatori esterni, all’inizio poteva essere un progetto con un pizzico di sana follia.
Il 7 aprile 1985 sul circuito di Jacarepaguà il debutto della squadra Minardi. Le sue emozioni al via della gara?
Quel Gran Premio è, ancora oggi, un ricordo indelebile. Sulla griglia di partenza mi sono veramente reso conto che non era più un sogno, ma eravamo in Formula Uno, tra i top team e i piloti migliori del mondo.
Poi, nel 1988 a Detroit arrivò il primo punto conquistato. Cosa ha significato per lei?
Conquistammo il primo punto nel Gran Premio degli Stati Uniti, grazie a Pierluigi Martini, appena rientrato in Formula Uno dopo oltre due anni, per sostituire Campos e capace di arrivare sesto. Fu un’emozione indimenticabile, ma soprattutto quel punto fu fondamentale per la sopravvivenza del team. Grazie a quel sesto posto riuscimmo infatti ad evitare le prequalifiche nella seconda parte di stagione e ad arrivare tra le prime dieci squadre in classifica costruttori, obiettivo molto importante all’epoca.
Qual è il Gran Premio a cui è più legato?
Ogni Gran Premio ha la sua storia, è paragonabile a un bilancio annuale, per un’azienda. Ho tantissimi ricordi, sia belli che brutti e fa parte del gioco. Non sono legato a una gara in particolare, ma sicuramente ricordo con grande gioia tutte le volte in cui siamo entrati in zona punti. Per noi era come vincere un Gran Premio.
Qual è invece il pilota a cui è più affezionato?
Con Martini c’è una frequentazione più assidua per motivi lavorativi ma in realtà considero tutti i piloti che hanno corso in Minardi come dei figli. Ho voluto bene a tutti loro e penso proprio che loro ne abbiano voluto a me.
Il più talentuoso ad aver corso per la Minardi?
In ventuno anni la Formula Uno è cambiata molto, quindi non sarebbe giusto fare confronti. Ognuno di loro ha portato la propria competenza, il proprio know-how e ha aiutato la squadra a raggiungere i propri obiettivi.
Al debutto, in pista c’era uno staff di soli 12 componenti e il budget è sempre stato infinitamente inferiore rispetto ai top team. Come è stato possibile competere con colossi motoristici?
Tante componenti l’hanno reso possibile. Devo dire grazie a meccanici, ingegneri e in generale a tutto lo staff presente e anche agli sponsor, tra cui molti emiliano-romagnoli, che hanno reso sostenibile questa avventura. Certo, in alcuni anni ci siamo trovati a “fare le nozze con i fichi secchi”, però con determinazione e affrontando non pochi sacrifici siamo riusciti a dar vita a un’avventura lunga 21 anni. Eravamo una squadra vera, rispettata dagli altri team e con la voglia di migliorarci sempre, di alzare l’asticella, anno dopo anno.
Tra i vari aneddoti spicca la frequentazione con Enzo Ferrari. Che ricordo ha del Drake?
È stata una frequentazione durata per anni, perché il primo incontro è avvenuto nel 1974 e l’ultimo nel 1988, pochi mesi prima della sua morte. Conoscere Ferrari è stata un’esperienza bellissima, che ha segnato la mia vita e la mia carriera lavorativa.
Nell’ultimo Gp di Singapore, sulla griglia di partenza c’erano otto piloti su venti formati dalla “scuola Minardi”. Quanto è orgoglioso?
Nel 2001 al via c’erano addirittura 11 piloti che avevano debuttato in Minardi. Questo è un aspetto di cui vado molto fiero. Ho avuto la fortuna di poter fare il lavoro dei miei sogni e lanciare piloti, meccanici e ingegneri che, ancora oggi, stanno scrivendo la storia della Formula Uno.
Per Faenza invece cosa ha rappresentato questa avventura?
Per la città è stato qualcosa di straordinario e il legame tra Faenza e il circus della Formula Uno continua ancora oggi, con la Racing Bulls che ha raccolto l’eredità del Team Minardi, dando lavoro a 600 persone, nella sede faentina. Questo porta a un ritorno importante per tutto il territorio, sotto il profilo occupazionale ed economico e mi fa enormemente piacere.
La Formula Uno odierna l’appassiona?
Mi piace molto e la seguo sempre perché è competitiva, con tante squadre di livello a giocarsi la vittoria. È difficile vedere dei sorpassi proprio perché ci sono team forti, molto vicini tra loro come prestazioni, ma la parte tecnica mi appassiona molto.
Samuele Bondi