«Ne ho fatti nascere tanti, forse duecentocinquanta, ma un conto preciso non l’ho mai fatto». A dirlo è Maria Benerecetti Bassetti, l’ostetrica o meglio la bêglia, come si dice su dalle sue parti. Grazie a quel caro amico che è Luigi Versari, l’ho incontrata nella sua casa di Tredozio, in angolo fra la strada che sale sul Monte della Collina e quella che porta sul Tramazzo, e me la sono fatta raccontare la storia di quello che per lei non è mai stato un mestiere, ma una vocazione avuta fin da quando era bambina.

Modigliana: la storia dell’ostetrica Maria

Maria è nata il 21 luglio 1938 a Cignano, nella casetta del contadino adiacente all’ex villa del Seminario di Modigliana, a un paio di chilometri da Lutirano. Figlia unica di Francesco Benerecetti e di Giulia Carloni (proveniente dal podere Case di Sotto di Badia della Valle), va a scuola a Lutirano fino alla quarta elementare. Rimasta orfana di padre, frequenta la quinta a Casola Valsenio nel collegio delle suore Dorotee, ma ha una forte nostalgia per la sua casa, piange spesso e, terminato l’anno scolastico, rientra a Lutirano. Già allora sogna di fare l’ostetrica e sua madre, perchè lei possa continuare a studiare, va a servizio prima alla Badia presso la famiglia Cattani di Vossemole, poi dal signor Filippo Fabroni di Marradi. Maria entra nell’Istituto Lega di Modigliana e frequenta le medie ottenendo la licenza che le permette di iscriversi a una scuola di ostetricia. Indirizzata da un insegnante di Tredozio che le ha dato lezioni di inglese e di latino, lei pensa di iscriversi a Genova; sua madre vuole invece che vada a Firenze dove sarà ospite presso la signora Mina Vespignani Fabroni. A 19 anni, la sera della vigilia di Natale, si fidanza a Lutirano con Aldo Bassetti (classe 1931), un giovane autotrasportatore di Tredozio; lui per un anno, di domenica, la va a trovare in macchina a Firenze. Ottenuto il diploma in ostetricia e ginecologia, nel 1960 si sposa e si trasferisce a Tredozio. Partecipa a vari concorsi (Ancona, Modena, Varese) e nel frattempo esercita la libera professione. Agli inizi degli anni ‘60 sono ancora tante le donne che partoriscono in casa, specialmente sulle nostre colline, e spesso viene chiamata ad assisterle. Chissà perchè, ma i bambini nascevano più che altro di notte e le avventure non le sono certo mancate. Il primo che aiuta a nascere è un maschio e il parto, che non presenta complicazioni, avviene al Cerreto, un podere su dalle parti del Monte Busca. Ben più problematico è quello che le capita successivamente: un parto podalico, rischioso per la sopravvivenza del nascituro.
Nel visitare la gestante a cui si sono già rotte le acque si accorge infatti che il bambino si presenta con i piedi anzichè con la testa; manda subito a chiamare il medico condotto che visita la partoriente dicendo che è tutto a posto e se ne va rifiutandosi di firmare per il ricovero in ospedale. Maria rimane ad assistere la donna e ci mette tutta se stessa e quel che ha imparato a Firenze! Il travaglio dura dalle 3 del pomeriggio alle 5 del giorno dopo, quando finalmente lei può stringere fra le mani il neonato sano e salvo. Nella sua lunga carriera, di parti podalici glien’è capitato un altro diversi anni dopo; forte però dell’esperienza precedente non ha aspettato l’intervento del medico e quando lui è arrivato lei ha già fatto tutto da sola. Fra le donne che hanno partorito fra le mura domestiche c’è anche lei, la bêglia; i suoi due figli infatti (Giovanni nel 1962 e Andrea nel 1968) sono nati in casa. Nel 1965 le viene assegnata per concorso la condotta di Lutirano nel comune di Marradi, dove sono già in servizio altre due ostetriche, ma quando andranno in pensione rimarrà lei da sola a gestire le nascite di un territorio vastissimo. Maria quando la chiamano si sposta con la sua macchina; a volte però la vanno anche a prendere. Una notte d’inverno, per esempio, un suo parente di Lutirano si presenta da lei perchè al Piano di Sotto, nella parrocchia di Bulbana, c’è bisogno della levatrice. La carica sul motore e arrivano a fino Cignano, poi devono proseguire a piedi perchè non c’è la strada ed è caduta anche parecchia neve. Arrivati al Piano di Sotto vengono accolti in cucina, dove brucia un gran fuoco mentre nella camera della partoriente si gela. Maria allora fa portare un letto vicino al camino così la neonata può nascere al caldo. Un’altra avventura notturna le è capitata negli anni ‘80; questa volta il parto avviene a Fontaneta, in una casa sperduta fra i monti di Val della Meta, dove si è insediata una comunità di hippie. È di sera e Maria ci va insieme alla sua collega Maria Fabbri, in macchina fin dove si può e poi a piedi lungo un sentiero. Arrivate in casa assistono ad una scena che ha dell’incredibile: la cucina è completamente annerita dal fuoco che brucia sul pavimento fuori dalla cappa; nella stanza accanto, su una coperta e un telo stesi sopra una specie di letto fatto con dei bastoni, c’è una ragazza che ha le doglie e attorno a lei quindici hippie che zitti e immobili seguono tutte le fasi della nascita di una bimba. Nonostante la precarietà della situazione, anche quella volta il parto si risolve felicemente. Maria si ritiene fortunata e ringrazia il signore perchè nella sua lunga professione di bêglia (è andata in pensione nel 1998), svolta sempre con lo stesso entusiasmo di quando aveva iniziato, non le è mai capitato niente di irrimediabile. A volte incontra qualcuno dei tanti aiutati a venire al mondo e se lo guarda con un orgoglio e una soddisfazione che hanno in sé qualcosa di materno.

Mario Gurioli