Si è svolto a Marghera un incontro tra il Gruppo Lafert e le rappresentanze sindacali per discutere del piano industriale 2025-2028, che prevede la chiusura dello stabilimento di Fusignano e il licenziamento di 60 dipendenti. I sindacati contestano le scelte aziendali e chiedono un’inversione di rotta.
Il confronto tra azienda e sindacati sulla crisi Lafert
Martedì 28 gennaio, nella sede di Confindustria Veneto Est a Marghera, si è tenuto un incontro cruciale tra i vertici del Gruppo Lafert, le rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) degli stabilimenti di Venezia, Ravenna e Bologna e le rispettive strutture territoriali dei sindacati.
Al centro della discussione, la decisione dell’azienda di chiudere il sito produttivo di Fusignano, con il conseguente licenziamento collettivo di tutti i 60 dipendenti.
Dopo un primo confronto svoltosi il 23 gennaio presso la Regione Emilia-Romagna, l’incontro di Marghera ha visto l’amministratore delegato di Lafert illustrare l’andamento del gruppo dal 2018 al 2024, evidenziando come il 2024 rappresenti un anno critico, con una flessione del fatturato di oltre il 25% rispetto al biennio 2022-2023 e un risultato economico negativo.
Le strategie aziendali e le criticità sollevate
Nel corso della riunione, l’azienda ha presentato un piano industriale per il quadriennio 2025-2028, con particolare attenzione al 2025. La strategia delineata si basa su tre punti principali:
Taglio dei costi: previsione di un recupero di 6,4 milioni di euro, grazie alla riduzione delle spese di fornitura, alla revisione dei contratti di servizio e all’efficienza produttiva negli stabilimenti di San Donà di Piave e Noventa di Piave.
Tra le misure, la chiusura dello stabilimento di Fusignano, che porterebbe un risparmio di 1,4 milioni di euro.
Riorganizzazione delle attività produttive, per migliorare efficienza e qualità, risolvendo problemi di scarti e sicurezza già segnalati dalle Rsu.
Espansione delle vendite, con particolare attenzione al mercato nordamericano, per il lancio di nuovi prodotti e il rafforzamento della rete distributiva.
Per il triennio 2026-2028, invece, il piano si limita a prevedere una crescita di fatturato e volumi, senza fornire dettagli sulle azioni concrete per raggiungere questi obiettivi.
La posizione dei sindacati e le richieste
La delegazione sindacale ha espresso forte contrarietà, ritenendo il piano industriale basato unicamente su tagli e non su investimenti reali. Secondo i sindacati:
La chiusura di Fusignano appare un sacrificio imposto ai lavoratori, senza una visione di sviluppo alternativa.
È inaccettabile che le responsabilità della crisi vengano scaricate sui dipendenti.
Non emergono garanzie per il futuro, neanche per gli stabilimenti di San Donà di Piave e Noventa di Piave, che potrebbero affrontare problemi ancora più gravi a causa dell’intenzione aziendale di acquistare componenti dall’Asia per ridurre i costi.
L’uso della cassa integrazione appare poco trasparente e non finalizzato a una reale tutela dei lavoratori.
I sindacati chiedono quindi il ritiro della procedura di licenziamento collettivo e una revisione del piano industriale, puntando su investimenti concreti e sviluppo dei prodotti, anziché su mere riduzioni di costi.
Nuovo incontro il 6 febbraio
L’incontro si è concluso con una riconvocazione di tutte le parti per giovedì 6 febbraio, per proseguire il confronto sul piano industriale presentato ed entrare nel merito dei singoli titoli.