Presentata la rassegna di Teatro per le Scuole, organizzata da Accademia Perduta/Romagna Teatri al Teatro Goldoni di Bagnacavallo. Inaugura la rassegna lo spettacolo “Lumache” che indaga il valore della lentezza, in un mondo sempre più frenetico

La rassegna al via giovedì 28 e venerdì 29 novembre. Sette gli spettacoli in programma, destinati a scuole materne, primarie e secondarie di primo grado

Parte giovedì 28 e venerdì 29 novembre la rassegna di Teatro per le Scuole organizzata da Accademia Perduta/Romagna Teatri al Teatro Goldoni di Bagnacavallo. Sette spettacoli (per 14 repliche), in scena fino ad aprile 2025, destinati ai bambini e bambine delle Materne e ai ragazzi e ragazze delle Scuole Primarie e Secondarie di I grado.

Ad inaugurare la rassegna sarà lo spettacolo Lumache del Teatro Città Murata, uno spettacolo destinato alle Scuole Primarie che indaga il valore della lentezza, in un mondo dove invece la velocità sembra essere diventata un elemento imprescindibile del vivere (28 e 29 novembre).

Gli altri sei spettacoli in programma dopo l’esordio con “Lumache”

Seguirà, il 12 e 13 dicembre, per le Scuole Primarie di I grado, Sono solo parole di Zerocomma Zero Uno.

I social media hanno modificato la lingua, la stessa cosa che accadde quando arrivarono la stampa, la radio e la tv, ma il vero cambiamento in questo caso è stato quello di generare lo spazio per creare una lingua nuova, né scritta né parlata, che usano soprattutto le nuove generazioni.

Per cercare un dialogo con i ragazzi e le ragazze è quindi necessario un mezzo di comunicazione diverso dalla sola parola detta a voce da un palco. Ecco che il racconto passa attraverso una story su Instagram, un balletto su TikTok, una videochiamata con Snapchat o un video su YouTube.

Il 21 e 22 gennaio andrà in scena L’usignolo e l’Imperatore della Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus, ispirato all’omonima fiaba di Andersen che traccia percorsi tematici di sorprendente attualità, come il rapporto tra reale e virtuale, naturalezza e artificio.

Lusignolo e lImperatore

La rassegna proseguirà il 13 e 14 febbraio con Rosaluna e i lupi, nuova produzione di Accademia Perduta portata in scena dalla compagnia Progetto g.g. Uno spettacolo che attraverso i corpi degli attori e i pupazzi mossi a vista, stimolerà l’immaginario dei piccolissimi esplorando i temi della cura, del coraggio, ma anche della diffidenza e della paura.

Il 6 e 7 marzo sarà poi la volta della compagnia Il Baule Volante con Nico cerca un amico, spettacolo che affronta il tema della diversità, attraverso il racconto di un viaggio di ricerca intrapreso con grande speranza ed un atteggiamento di apertura e fiducia verso “l’altro da sé”.

Nico cerca un amico

Gli ultimi appuntamenti della rassegna saranno Briciole di felicità della Fondazione Sipario Toscana, in scena il 20 e 21 marzo, e Storia di un No della Compagnia Arione De Falco, il 3 e 4 aprile.

Storia di un No racconta di Martina che ha quattordici anni, non ha vestiti firmati, non ha il motorino e non ha la mamma. Racconta di Alessandro, che ha una felpa di marca, un ciuffo a cui dedica venti minuti ogni mattina e che di Martina s’innamora praticamente subito. Almeno così dice lui. Storia di un No è la storia di un incontro, della necessità di considerare l’altra metà della coppia come essere funzionale a noi e ai nostri bisogni, dell’amore confuso con il possesso.

È la storia di Martina che sceglie di pensarsi intera e quindi dice basta, creando con la sua consapevolezza una reazione a catena in grado di cambiare le cose.

Inizio spettacoli alle ore 9.45. Informazioni e prenotazioni: 0545 64330

Per la rassegna Teatri d’Inverno invece il Teatro Goldoni ospita “Autoritratto”, spettacolo di Davide Enia. Appuntamento per lunedì 2 dicembre

Prima Nazionale, al Teatro Goldoni di Bagnacavallo, lunedì 2 dicembre, alle ore 21, per il nuovo spettacolo di Davide Enia, Autoritratto.

Dopo il debutto all’ultima edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto, avvenuto nello scorso mese di giugno, la tournée teatrale 2024/25 partirà proprio da Bagnacavallo e la sera successiva, martedì 3 dicembre, lo spettacolo approderà al Teatro Piccolo di Forlì.

Autoritratto si avvale delle musiche, eseguite in scena, di Giulio Barocchieri ed è prodotto da Accademia Perduta/Romagna Teatri, CSS Teatro stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Spoleto Festival dei Due Mondi con il patrocinio della Fondazione Falcone.

Davide Enia ph. Tony Gentile

Racconta Davide Enia: “io non ho nessun ricordo del 23 maggio 1992. Non ricordo dove fossi, con chi, quando e dove ho appreso la notizia della bomba in autostrada che ha ucciso il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e alcuni agenti della scorta. I miei parenti, i miei amici, i miei compagni, tutte le persone che conosco hanno un chiaro ricordo di quel giorno. Io ho un vuoto che non si riempie. Le mie difese emotive hanno operato una rimozione tanto profonda quanto dolorosa. Ma non è la rimozione una degli effetti della nevrosi?

In Sicilia praticamente tutti abbiamo avuto, almeno fino alle stragi, un rapporto di pura nevrosi con Cosa Nostra. È un discorso che ha a che fare con la coscienza collettiva condivisa, con la pratica del quotidiano, con strutture di pensiero millenarie. Per diverse ragioni, da noi la mafia è stata minimizzata, sottostimata, banalizzata, rimossa o, al contrario, mitizzata.

Ovvero: non è mai stata affrontata per quello che è. E, a questo sfocamento dell’oggetto da studiare, è corrisposta una inconscia introiezione di quelle identiche modalità di comportamento, stesse pratiche, simili scatti emotivi. Per uno sguardo che indugia su un particolare, a Palermo può partire un aggàddo, una rissa.

Il padre che impone al figlio l’iscrizione a una data facoltà universitaria moltiplica la logica del patriarca cui si deve obbedire.

La difficoltà di nominazione del desiderio e la conseguente consegna alla dittatura del silenzio rende la logica del Potere pronta ad aggredire e a imporsi con maggiore facilità. Questo è quindi uno dei problemi che abbiamo con Cosa Nostra: in una maniera dolorosa e sconcertante, a volte la mafia rappresenta uno specchio della nostra vita familiare, dei nostri processi decisionali e operativi, del nostro modo di osservare il mondo e intendere le relazioni, del nostro rapporto con la religione.

Sono tutte operazioni che scavano a livello inconscio, e che proprio nella comune base linguistica creano le prime cicatrici emotive. In una culla culturale in cui «’a megghiu parola è chìdda ca ‘un si dice”», la miglior parola è quella non detta, che si configura come prima soglia dell’omertà, affrontare per davvero Cosa Nostra significa iniziare un processo di autoanalisi. Non volere quindi capire in assoluto la mafia in sé, quanto cercare di comprendere la mafia in me. Questo assunto configura così una necessaria intelaiatura biografica nella costruzione del testo.

A Palermo tutti quanti abbiamo pochissimi gradi di separazione con Cosa Nostra. Il primo morto ammazzato l’ho visto a otto anni, tornando a casa da scuola.

Conoscevo il giudice Borsellino, abitava di fronte casa nostra, sono cresciuto giocando a calcio con suo figlio. E padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia, era il mio professore di religione al liceo.

Come me, i miei amici, i miei compagni, i miei concittadini, tutti quanti abbiamo toccato con mano la mafia. Tutti possediamo una costellazione del lutto in cui le stelle sono persone ammazzate da Cosa Nostra.

Ecco una costante dei palermitani: sentirsi ovunque costantemente in pericolo. La nevrosi è inscritta nel nostro orizzonte degli eventi. Lo spettacolo poi prenderà in esame un caso particolare, un vero e proprio spartiacque nella coscienza collettiva: il rapimento e l’omicidio di Giuseppe di Matteo, il bambino figlio di un collaboratore di giustizia, rapito, tenuto per 778 giorni in prigionia in condizioni spaventose e infine ucciso per strangolamento per poi venire sciolto nell’acido. Una storia disumana che si configura come l’apparizione del male, il sacro nella sua declinazione di tenebra.

Siamo in presenza dell’orrore, di una ferocia smisurata, di una linea di azioni così abiette da essere impossibile ogni aggettivazione. E su tutto vibra il sacrificio di una vittima innocente. La verticalità della vicenda ha in sé tutti i requisiti della tragedia, soprattutto nella formulazione di domande che non possono avere risposte.

Gli strumenti linguistici a disposizione per affrontare questo lavoro sono quelli che il vocabolario teatrale ha costruito nella mia Palermo: il corpo, il canto, il dialetto, il pupo, la recitazione, il cunto. È dentro questo linguaggio circoscritto che questo problema linguistico va affrontato, sviscerato, interrogato, risolto. Questo nuovo lavoro è una tragedia, una orazione civile, un processo di autoanalisi personale e condiviso, un confronto con lo Stato, una serie di domande a Dio in persona. Per questo, questo lavoro è un autoritratto al contempo intimo e collettivo”.

Prosegue anche la rassegna Favole con “Bella, Bellissima” in programma domenica 1 dicembre

La rassegna Favole del Teatro Goldoni di Bagnacavallo prosegue domenica 1 dicembre, alle ore 17, con una nuovissima produzione di Accademia Perduta/Romagna Teatri: Bella, bellissima!, uno spettacolo della regista Nadia Milani, con drammaturgia di Beatrice Baruffini, interpretato da Giulia Canali, Noemi Giannico ed Eleonora Mina.

Le musiche sono firmate da Andrea Ferrario. La voce di Orco è di Claudio Casadio. Bella, bellissima!  racconta, attraverso il teatro di figura e d’immagine, una storia semplice e importante sul valore del punto di vista personale, del non-giudizio, della non-omologazione a determinati canoni di bellezza.

Bella bellissima

“Bella, Bellissima!”, pensa Orco di Strega e, ogni volta che la vede, sente le farfalle nello stomaco. Finché un giorno, trova finalmente il coraggio di invitarla ad un pic-nic nel bosco.

Strega è emozionantissima dell’invito inaspettato, si prepara con cura e indossa il suo abito migliore, quello che la fa sentire bella, anzi, bellissima! Ma, sulla via verso il suo appuntamento, incontra alcuni abitanti del bosco che non la pensano esattamente nello stesso modo: per essere bella, bellissima Strega deve aggiustarsi il naso, la gobba, i capelli ed anche il vestito. E Strega decide di seguire i loro consigli: usa la magia per “aggiustarsi” e quando finalmente agli occhi di tutti è bella, bellissima, corre dal suo amato Orco.

Bella Bellissima2

Peccato che, al suo arrivo, è talmente diversa da come la ricordava che Orco non la riconosca neanche… perché Strega, per lui, è la più bella, bellissima del mondo esattamente così com’era. Chi decide che cos’è la bellezza?

Nell’epoca dei selfie, delle fashion blogger della bellezza “instagrammabile”, è importante tornare a raccontare una storia semplice che incontri lo sguardo delle bambine e dei bambini per provare a ribaltare il nostro punto di vista, per tornare là, alle origini del non giudizio, quello che loro naturalmente praticano ogni giorno.