Una preghiera per la pace a Santa Maria Maggiore e una Giornata di preghiera e di digiuno per la pace nel mondo. Si è conclusa con questo doppio annuncio a sorpresa l’omelia della Messa presieduta questa mattina in piazza San Pietro in occasione dell’apertura della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Al termine, papa Francesco ha infatti esortato i 368 partecipanti alla sessione conclusiva del Sinodo, in corso fino al 27 ottobre prossimo, a “volgere lo sguardo al mondo”.
“Ce n’è bisogno – ha spiegato – mentre fuochi di guerra continuano a sconvolgere popoli e nazioni”. “Domenica prossima – ha poi annunciato – mi recherò nella basilica di Santa Maria Maggiore per pregare il Rosario e per rivolgere alla Vergine un’accorata supplica. Chiedo anche a voi di unirvi a me in quella occasione. Il giorno dopo, 7 ottobre, vi invito a vivere una giornata di preghiera e digiuno per la pace nel mondo”.
“Il Sinodo è un cammino, in cui il Signore mette nelle nostre mani la storia, i sogni e le speranze di un grande popolo: di sorelle e fratelli sparsi in ogni parte del mondo, animati dalla nostra stessa fede, mossi dallo stesso desiderio di santità, affinché con loro e per loro cerchiamo di comprendere quale via percorrere per giungere là dove lui ci vuole portare”. È l’immagine iniziale scelta dal Papa. “Ascoltare e comprendere le voci, cioè le idee, le attese, le proposte, per discernere insieme la voce di Dio che parla alla Chiesa”, il compito della fase conclusiva del processo sinodale.
“La nostra non è un’assemblea parlamentare, ma un luogo di ascolto nella comunione, in cui, come dice san Gregorio Magno, ciò che qualcuno ha in sé parzialmente, è posseduto in modo completo in un altro e benché alcuni abbiano doni particolari, tutto appartiene ai fratelli nella carità dello Spirito”, ha ribadito Francesco, secondo il quale “non è in grado di sentire la voce del Signore chi con arroganza presume e pretende di averne l’esclusiva”. Ogni parola, invece, “va accolta con gratitudine e semplicità, per farsi eco di ciò che Dio ha donato a beneficio dei fratelli”, ha raccomandato il Papa, invitando a “non trasformare i nostri contributi in puntigli da difendere o agende da imporre”, ma a offrirli “come doni da condividere, pronti anche a sacrificare ciò che è particolare, se ciò può servire a far nascere insieme qualcosa di nuovo secondo il progetto di Dio”. “Altrimenti finiremo per chiuderci in dialoghi tra sordi, dove ciascuno cerca di tirare acqua al proprio mulino senza ascoltare gli altri, e soprattutto senza ascoltare la voce del Signore”, il monito. “Ciascuno, qui, si sentirà libero di esprimersi tanto più spontaneamente e liberamente, quanto più percepirà attorno a sé la presenza di amici che gli vogliono bene e che rispettano, apprezzano e desiderano ascoltare ciò che ha da dire”, l’auspicio per i lavori sinodali: “E questa per noi non è solo una tecnica di facilitazione del dialogo o una dinamica di comunicazione di gruppo: abbracciare, proteggere e prendersi cura è infatti parte stessa dell’indole della Chiesa”.
“Tra noi ci sono molte persone forti, preparate, capaci di sollevarsi in alto con i movimenti vigorosi di riflessioni e intuizioni geniali”, ha osservato Francesco: “Tutto ciò è una ricchezza, che ci stimola, ci spinge, ci costringe a volte a pensare in modo più aperto e ad andare avanti con decisione, come pure ci aiuta a rimanere saldi nella fede di fronte a sfide e difficoltà. Però è un dono che va unito, a tempo opportuno, alla capacità di rilassare i muscoli e di chinarsi, per offrirsi gli uni agli altri come abbraccio accogliente e luogo di riparo: per essere, come diceva San Paolo VI, una casa di fratelli, un’officina d’intensa attività, un cenacolo di ardente spiritualità”. “Il cuore aperto, il cuore in dialogo, ma non è del Signore il cuore chiuso nelle proprie convinzioni”, ha aggiunto a braccio: “Non c’è maggioranza o minoranza: quello che è fondamentale è l’armonia nelle differenze, che può fare soltanto lo Spirito Santo”.
“La Chiesa ha bisogno di luoghi pacifici e aperti, da creare prima di tutto nei cuori, in cui ciascuno si senta accolto come figlio in braccio a sua madre e come bimbo sollevato alla guancia dal padre”, l’ultima fotografia del Papa per i padri e le madri sinodali. “Il Sinodo, data la sua importanza, in un certo senso ci chiede di essere grandi – nella mente, nel cuore, nelle vedute –, perché sono grandi e delicate le questioni da trattare, e ampi, universali gli scenari entro cui esse si collocano”, ha argomentato Francesco: “Ma proprio per questo non possiamo permetterci di staccare gli occhi dal bambino, che Gesù continua a mettere al centro delle nostre riunioni e dei nostri tavoli di lavoro, per ricordarci che l’unica via per essere all’altezza del compito che ci è affidato, è quella di abbassarsi, di farci piccoli e di accoglierci a vicenda come tali, con umiltà”.
“Il più alto nella Chiesa è quello che si abbassa di più”, l’aggiunta a braccio. “Vivere i giorni che ci attendono nel segno dell’ascolto, della custodia reciproca e dell’umiltà – la consegna finale del Papa – per ascoltare la voce dello Spirito, per sentirci accolti ed accogliere con amore e per non perdere mai di vista gli occhi fiduciosi, innocenti e semplici dei piccoli, di cui vogliamo farci voce, e attraverso i quali il Signore continua a fare appello alla nostra libertà e al nostro bisogno di conversione”.