La scuola come sentinella dei cambiamenti e delle sfide della società. Lo si comprende leggendo la lettera di saluto della dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Matteucci (le scuole elementari Pirazzini, Tolosano; le medie Cova-Lanzoni, le scuola d’Infanzia il Girasole e Giardino dei Sogni), Nicoletta Paterni, che dopo cinque anni lascia la città trasferendosi nelle Marche. Al suo posto la reggenza passa a Pierangela Izzi, dirigente a San Pietro in Vincoli. L’addio all’Istituto Matteucci diviene l’occasione, oltre che per salutare alunni, famiglie e istituzioni della città, anche per tracciare un bilancio del cammino fatto nelle varie scuole con sede nel centro storico della città. Anni complessi caratterizzati dalla pandemia prima e dall’alluvione poi, e con un contesto sociale in continuo mutamento che vede sempre più famiglie straniere abitare nello stradario che fa riferimento alla scuola, con la conseguente necessità di favorire giuste politiche di inclusione. «Sono davvero grata e onorata di aver avuto l’opportunità e la fortuna di lavorare in questa città – si legge nella lettera di commiato – per il rapporto diretto e franco che si è instaurato, per la volontà di costruire e di lavorare per il bene della scuola e della città in generale». «Fresca di concorso – aggiunge – mi è stato affidato l’arduo compito di dirigere una scuola complessa, del centro cittadino, la cui utenza è composta in gran parte da alunni di recente immigrazione o di primo arrivo. Anche quest’anno, nel compilare il check-point per l’autorizzazione alle classi in deroga, soltanto due in tutto l’istituto hanno una presenza di stranieri inferiore al 30%. Superfluo spiegare nel dettaglio cosa questo significhi: scarso equilibrio all’interno delle classi, difficoltà nel raggiungimento dei risultati, anche a causa della scarsa conoscenza della lingua italiana, esodo delle famiglie italiane (tralascio il mio pensiero personale sulla scelta delle famiglie, seppur di stradario, di iscrivere i propri figli in altri istituti) inevitabile la sensazione di estrema fatica nel tenere le redini. Al netto di quanto detto sopra mi preme dire che ho amato questa scuola, alla quale ho dedicato tempo ed energia, non solo perché mio dovere professionale, ma perché è una bellissima scuola, con docenti preparati e motivati, e credo che meriti di più dell’etichetta di “scuola degli stranieri”».

Intervista a Nicoletta Paterni: “Si deve lavorare molto a livello culturale”

Dirigente Paterni, cosa avete fatto in questi anni per invertire questa tendenza?

Ci siamo impegnati tanto per proporre un’offerta formativa eccellente, anche diversificandoci sul territorio, solo alcuni esempi: la creazione della web radio di istituto, l’accreditamento regionale all’Erasmus, l’introduzione del tedesco come seconda lingua comunitaria, la sperimentazione Dada-Logica per le scuole primarie e Dada, dal prossimo anno scolastico alle medie, dove sperimenteremo una settimana corta da 6 ore. Anche a livello pedadogico, dare agli studenti due giorni di stacco dalla scuola favorisce l’apprendimento e il recupero dalla stanchezza per gli impegni scolastici.

Qual è l’innovazione che propone la scuola Dada?

L’apprendimento si fonda soprattutto sulle esperienze che vive l’alunno, sulle relazioni che ha con le persone e con l’ambiente. Con la scuola Dada si vuole uscire dai pre-concetti legati a un trapasso di nozioni puramente trasmissivo o nozionistico. E teniamo conto che tutto questo viene portato avanti da docenti adeguatamente formati e preparati: niente si improvvisa. E per valorizzare al meglio la scuola Dada, abbiamo rinnovato anche diversi ambienti scolastici.

Come hanno risposto le famiglie?

Chi ha provato l’anno scorso, alle Pirazzini, è molto contento. E quest’anno abbiamo avuto un buon numero di iscritti al Tolosano. Di questi cinque anni al Matteucci sono particolarmente orgogliosa che, come scuola, siamo riusciti a introdurre questa innovazione con l’aiuto di tutti e il grande impegno del corpo docente.

È sufficiente tutto questo per scardinare l’etichetta di “scuola degli stranieri”?

Purtroppo no. Ancora oggi vediamo diverse famiglie italiane, che, per stradario farebbero come riferimento al Matteucci, scegliere altre scuole. Non è vero che in centro storico ci siano solo famiglie straniere. La soluzione che, come una bacchetta magica, possa risolvere da un giorno all’altro la situazione non c’è. Ci deve essere un cambio di passo culturale e bisogna lavorare su aspetti diversi. Forse i Giochi olimpici dovrebbero essere svolti almeno ogni anno per insegnare a tutti noi che la diversità è armonia, che siamo cittadini del mondo, che dobbiamo superare lo stereotipo dello “straniero” e imparare finalmente a convivere. Solo a titolo esemplificativo, comunico che nelle future classi prime del plesso Pirazzini non si è iscritto nessun bambino italiano. Paura che i programmi scolastici non vengano svolti? Paura che i propri figli non facciano amicizia con i compagni? O forse che i genitori non riescano a trovare punti in comune con gli altri? Per una vera inclusione è necessario che ci sia un equilibrio tra alunni di varia provenienza e di varia estrazione. Al netto di quanto detto, c’è ancora tanto da fare, mi permetto di dire forse anche a livello di scelte politiche più lungimiranti.

E in tutto questo c’è stata anche l’alluvione, che ha colpito in particolare la scuola d’Infanzia il Girasole.

Nel 2023/24 siamo riusciti a formare una sezione, ma, per il prossimo anno, in cui è prevista la formazione di due sezioni, dubito fortemente che le famiglie sceglieranno una scuola lontana dal proprio stradario, per evidenti e comprensibili motivazioni di comodità. Senza la certezza che la scuola venga ricostruita siamo destinati a soccombere.

Su cosa deve lavorare la scuola del futuro?

Tra gli aspetti imprescindibili vedo l’accoglienza degli alunni, il saperli ascoltare e il saper dare loro le giuste motivazioni. Bisogna far sì che i ragazzi si appassionino e questo si può fare con un approccio didattico più innovativo. Abbiamo dovere morale di far sì che i ragazzi siano preparati e accolti, in una scuola per davvero inclusiva.


Samuele Marchi