A distanza di poco più di una settimana inizia la conta dei danni. Non solo strade e case, ma anche aziende agricole e industrie hanno dubito danni per decine di milioni di euro. A Cotignola un tratto dell’argine è crollato, creando un’impressionate frattura lungo il lato sinistro del fiume Senio a circa 400 metri a valle della Chiusaccia. Per ore acqua e fango hanno allagato i campi, per poi rovesciarsi sulla zona artigianale, fino allo svincolo dell’autostrada, sfiorando il centro cittadino.
Sono una quarantina le aziende di Cotignola colpite dall’alluvione
Sono 500 i cittadini colpiti e oltre una quarantina le aziende investite, molte delle quali già vittime dall’alluvione 2023 e dalle bombe d’acqua di maggio scorso. Tra queste ci sono anche i due stabilimenti della Vulcaflex, che produce materiali di rivestimento per automotive, moda e arredamento della quale è amministratore delegato Roberto Bozzi, presidente di Confindustria Romagna.
Il punto con Roberto Bozzi, presidente di Confindustria Romagna
Presidente Bozzi, cos’è accaduto nella sua azienda?
Ho due stabilimenti qui a Cotignola a distanza di tre km l’uno dall’altro. La sera di mercoledì 18 settembre è passata la Protezione civile per evacuare anche l’azienda in cui lavoriamo h24, in piena produzione. Abbiamo fermato gli impianti, chiuso gli stabilimenti e evacuato il personale. La mattina successiva ci siamo ritrovati i piazzali sommersi, ma questa volta l’acqua non è entrata.
Dopo quanto tempo siete ripartiti?
Abbiamo fermato la produzione mercoledì notte, il venerdì pomeriggio sono ripartiti gli impianti, per riprendere con un ritmo normale il lunedì successivo.
Non è la prima volta per lei.
Per me è la seconda alluvione con la stessa logica, a cui si aggiunge però la tempesta di maggio che ha fatto disastri. Un totale di tre eventi atmosferici straordinari in un anno e mezzo.
A qualcuno è andata persino peggio.
In tante aziende l’acqua è entrata, da un minimo di 50 cm fino a oltre un metro d’acqua. Un danno enorme. Alcuni sono ripartiti, altri fanno fatica ancora oggi.
Riesce già a quantificare l’entità dei danni?
Stiamo ancora mappando la situazione. L’anno scorso parlavamo di 23 fiumi esondati, oggi tra Emilia e Romagna sono quattro. Su due però la situazione è paragonabile a quella dell’anno scorso, una zona molto piccola dove ha colpito con la stessa intensità. Solo fra Lugo e Cotignola al momento contiamo decine di milioni di euro di danni, ma il computo è destinato inevitabilmente a salire. Sono una quarantina le aziende colpite solo a Cotignola, ma il numero supera abbondantemente le sessanta aziende, se ci allarghiamo verso Lugo.
Qual è lo stato d’animo degli imprenditori?
Sono positivi, è gente che si rimbocca le maniche e lavora per riaprire gli stabilimenti e ripartire il prima possibile. C’è però delusione e preoccupazione per il futuro. Per tanti di loro si è ripetuta la stessa scena in un anno e mezzo.
C’è il rischio dell’abbandono?
Ho visto molti dipendenti anche miei demoralizzati dopo la seconda alluvione, con la voglia di andare via dalla zona. La posizione di un imprenditore è diversa, spostarsi non è facile, ma se non invertiamo la tendenza il rischio che le imprese se ne vadano c’è.
Cosa bisogna fare secondo lei?
Non do colpe a nessuno, perché finora ci si è mossi su linee guida basate sulla straordinarietà. A distanza di un anno e mezzo, però, è chiaro a tutti che la strategia va cambiata. Ci siamo accorti che qui non parliamo di un’alluvione che capita ogni 500 anni, ma di catastrofi che si ripresentano a distanza di meno di un anno. Ci aspettiamo interventi di pianificazione delle acque con procedure straordinarie, come accaduto per il rigassificatore: non possiamo permetterci le tempistiche consuete, i dieci o quindici anni canonici. Serve anche qui il modello Ponte Morandi di Genova e poi lavorare su vasi di espansione per riuscire ad abbassare i livello dei fiumi in casi di piena, perché gli argini non reggono.
Dal primo gennaio 2025 scatterà l’obbligo delle assicurazioni contro le calamità naturali per le imprese. Il rischio, secondo Confindustria è di rendere meno competitive e attrattive larghe porzioni del territorio.
Conosco ancora poco la legge, ma di certo non è aumentando i costi che si risolvono i problemi, servono opere urgenti. Non è un tema di assicurarsi o meno, o potersi permettere di assicurarsi, è un grande tema di competitività e futuro di un intero territorio. Le assicurazioni peraltro risarcirebbero solo i danni materiali ma non quelli intangibili o indiretti come il fermo produttivo. Non tengono conto, ad esempio, di un mercato feroce. Poi c’è un altro problema: chi è disposto ad assicurare aziende che sono state colpite dall’alluvione per tre volte in sedici mesi e quanto potrebbe costare? Se non agiamo subito, se non cambiamo passo, la Romagna davvero rischia la desertificazione.
E’ di ieri la notizia di un appoggio del mondo economico romagnolo al sindaco ‘dissidente’ Isola.
Personalmente lo sostengo. Un territorio, per poter crescere, ha bisogno che aziende e istituzioni lavorino insieme per migliorarne il benessere: solo così riusciremo ad essere i primi della classe. Intanto Confindustria sta facendo pressioni a livello regionale e nazionale.
Barbara Fichera