Oltre 7,7 milioni di beni sequestrati e sette misure cautelari interdittive imposte a persone perlopiù del faentino. È il risultato di una vasta operazione dei finanzieri del comando di Forlì-Cesena per una presunta truffa nel settore delle energie rinnovabili sulle biomasse. Le misure cautelari, disposte dal Gip del Tribunale di Ravenna su richiesta della stessa Procura, sono state emesse nei confronti del presidente (Mario Mazzotti, ex sindaco di Bagnacavallo e consigliere regionale Pd)e di due manager di un’importante centrale di produzione di energia elettrica di Faenza (la Dister Energia Spa), alimentata a biomasse, e nei riguardi di altre quattro persone, responsabili di due società romagnole fornitrici delle relative biomasse legnose (Enerlegno S.r.l di Forlì e Recywood S.r.l. di Faenza). I sette sono tutti indagati a vario titolo per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Agli indagati è stato imposto il divieto di esercitare attività professionali, imprenditoriali o incarichi direttivi in imprese e persone giuridiche nel settore delle energie rinnovabili, nella relativa filiera e in qualsiasi settore che preveda la possibilità di ottenere incentivi statali.
Un vasto sistema di frode per ottenere illecitamente contributi pubblici
Le indagini delle fiamme gialle hanno portato alla luce un vasto sistema di frode che sarebbe stato architettato per ottenere, illecitamente, cospicue contribuzioni pubbliche di origine nazionale erogate dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse) per promuovere, tramite sostegni economici, la diffusione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. I militari hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo nei riguardi della centrale di produzione di energia rinnovabile e del suo legale rappresentante, “in relazione a un illecito profitto di oltre 7,7 milioni complessivamente ottenuto – spiegano – pari ai contributi pubblici indebitamente percepiti e alle imposte evase.
Su oltre 130mila tonnellate di richieste di incentivi solo 30mila avevano i requisiti
È stato verificato che su oltre 130mila tonnellate di biomassa oggetto di richiesta di incentivo, soltanto 30mila tonnellate avevano i requisiti richiesti di tracciabilità da filiera corta”. Finanzieri – anche sulla base di precedenti, diverse investigazioni dei Carabinieri Forestali delle Regioni Emilia Romagna e Toscana – hanno smascherato l’utilizzo di biomasse legnose da parte dell’operatore energetico faentino, conferite e certificate falsamente come incentivabili da altre due società con sede a Faenza e Forlì. Le investigazioni, svolte anche mediante apposite intercettazioni telefoniche ed ambientali (utilizzo dei c.d. trojan), hanno disvelato una prassi illegale, posta in essere in maniera sistematica, basata sulla illecita commistione di biomasse “tracciate”, regolarmente provenienti da zone all’interno di un raggio di 70 km dalla centrale e, pertanto, in possesso dei requisiti normativi per ottenere il massimo incentivo statale, con biomasse “non tracciate”, risultate essere scarti di segagione, potature e ramaglie, provenienti da segherie e impianti di stoccaggio di materiale legnoso, invece non incentivabili e distanti oltre il limite disposto dalla legge.