Ieri “a Uvira, nella Repubblica Democratica del Congo, sono stati beatificati Luigi Carrara, Giovanni Didoné e Vittorio Faccin, missionari saveriani italiani, assieme ad Albert Joubert, sacerdote congolese, uccisi in quel Paese il 28 novembre del 1964. Il loro martirio è stato il coronamento di una vita spesa per il Signore e per i fratelli. Il loro esempio e la loro intercessione possano favorire percorsi di riconciliazione e di pace per il bene del popolo congolese. Un applauso ai nuovi beati!”. Lo ha detto, ieri mattina, Papa Francesco, affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo apostolico vaticano, dopo aver recitato l’Angelus con i circa 12mila fedeli e pellegrini riuniti in Piazza San Pietro.
Il Pontefice ha rinnovato il suo appello per la pace nei luoghi dove si soffre per la guerra: “Continuiamo a pregare perché strade di pace si possano aprire in Medio Oriente – Palestina, Israele –, come pure nella martoriata Ucraina, in Myanmar e in ogni zona di guerra, con l’impegno del dialogo e del negoziato e astenendosi da azioni e reazioni violente”.
“Meraviglia e gratitudine davanti al miracolo dell’Eucaristia”
“Come può Gesù darci da mangiare la propria carne?”. Quello che si chiedono quanti ascoltano Gesù che dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo”. E “anche noi oggi ci poniamo questa domanda, però con meraviglia e con gratitudine”, ha detto Papa Francesco nel corso dell’Angelus domenicale di ieri. “Ecco – ha sottolineato il Pontefice – due atteggiamenti sui quali riflettere: meraviglia e gratitudine, davanti al miracolo dell’Eucaristia”. Primo atteggiamento è “la meraviglia, perché le parole di Gesù ci sorprendono. Ma Gesù sempre ci sorprende, sempre. Anche oggi, nella vita di ciascuno, Gesù sempre ci sorprende. Il pane dal cielo è un dono che eccede ogni aspettativa. Chi non coglie lo stile di Gesù resta sospettoso: sembra impossibile, addirittura disumano mangiare la carne di un altro. Carne e sangue, invece, sono l’umanità del Salvatore, la sua stessa vita offerta come nutrimento per la nostra”. E “questo ci porta al secondo atteggiamento: gratitudine – primo, meraviglia, adesso, gratitudine –, perché riconosciamo Gesù lì dove si fa presente per noi e con noi. Si fa pane per noi”. “Chi mangia la mia carne rimane in me e io in lui”. “Il Cristo, vero uomo, sa bene che bisogna mangiare per vivere – ha evidenziato il Santo Padre -. Ma sa anche che questo non basta. Dopo aver moltiplicato il pane terreno (cfr Gv 6,1-14), Egli prepara un dono ancora maggiore: Lui stesso si fa vero cibo e vera bevanda (cfr v. 55). Grazie, Signore Gesù. Con il cuore possiamo dire: grazie, grazie”.
Il pane celeste sazia la fame di speranza
Francesco ha precisato: “Il pane celeste, che viene dal Padre, è proprio il Figlio fatto carne per noi. Questo alimento ci è più che necessario, perché sazia la fame di speranza, fame di verità, fame di salvezza che tutti noi sentiamo non nello stomaco, ma nel cuore. L’Eucaristia ci è necessaria, a tutti”. Gesù, ha aggiunto, “si prende cura del bisogno più grande: ci salva, nutrendo la nostra vita con la sua, e questo per sempre. E grazie a Lui possiamo vivere in comunione con Dio e tra noi. Il pane vivo e vero non è dunque un qualcosa di magico, no, non è una cosa che risolve di colpo tutti i problemi, ma è lo stesso Corpo di Cristo, che dà speranza ai poveri e vince l’arroganza di chi si abbuffa a loro danno”. Di qui l’invito: “Chiediamoci allora, fratelli e sorelle: ho fame e sete di salvezza, non solo per me, ma per tutti i miei fratelli e sorelle? Quando ricevo l’Eucaristia, che è il miracolo della misericordia, so stupirmi davanti al Corpo del Signore, morto e risorto per noi?”. “Preghiamo insieme la Vergine Maria, perché ci aiuti ad accogliere il dono del cielo nel segno del pane”, ha concluso il Papa.
Fonte: Vaticanews