Come ogni anno, il monastero delle clarisse dell’Eremo-Santuario Sant’Antonio da Padova di Montepaolo (Dovadola) celebrerà la solennità di Santa Chiara d’Assisi. Le giornate dedicate alla santa saranno due: sabato 10 agosto alle 19 con i Primi vespri della solennità di S. Chiara e domenica 11 agosto alle 11 il vescovo della diocesi di Forlì e Bertinoro, monsignor Livio Corazza, presiederà l’Eucaristia. Si concluderà alle 19.00 con i Secondi Vespri. L’eremo di Montepaolo è il più importante santuario antoniano in Emilia-Romagna e si trova sulle colline tra Dovadola e Castrocaro. La chiesetta venne ricostruita ai primi del ’900 dove Sant’Antonio dimorò per alcuni mesi. Pubblichiamo di seguito il contributo di suor Mariangela e delle Clarisse Urbaniste.

La storia di Santa Chiara d’Assisi

santachiara

Chiara d’Assisi ha conosciuto fin dall’infanzia il peso della guerra; l’inizio del XIII secolo è segnato, nella penisola italiana, da una grande instabilità politica: lo scontro tra l’impero e il papato coinvolge gradualmente tutte le strutture sociali, aumentando la conflittualità interna alle cittadine e tra i diversi territori. Del resto, la cultura dei ceti aristocratici era impregnata di valori guerreschi che, cantati da giullari e trovatori, si diffondevano anche ai ceti più umili. San Francesco cresce a sua volta in questo humus cavalleresco, sperimenta la battaglia e la prigionia, ma poi il suo cammino di conversione (come osserva lo storico Marco Bartoli in Chiara Una donna tra silenzio e memoria, ed. san Paolo, 2001) viene segnato proprio dal graduale distacco da questa mentalità: l’abbandono delle armi e della ricchezza, il disprezzo del potere e della vanagloria, fino alla scelta delle ‘vittime’ della guerra, rappresentate dai lebbrosi.

I rapporto con i lebbrosi: gli esclusi per eccellenza

La diffusione in Occidente della lebbra fu infatti conseguenza del ritorno dei crociati dalle terre d’oltremare. I lebbrosi erano gli esclusi per eccellenza e secoli di guerre avevano prodotto anche una crescita generale dell’intolleranza. Ogni guerra infatti produce una sua cultura del nemico e questa ha delle conseguenze che vanno al di là della fine delle ostilità militari. Nell’arco del XII secolo si può cogliere lo sviluppo della cultura dell’intolleranza: dalla contrapposizione ai musulmani, all’odio antigiudaico, per poi giungere alla persecuzione di tutti coloro che erano percepiti come diversi: eretici e scismatici.

La pace come rimedio e cura

In questo contesto splende ancor più la scelta di pace di Francesco d’Assisi, che parte dalla compassione per le vittime. Secondo una bella testimonianza, riportata dai suoi compagni, egli paragonava la ricerca della pace alla cura dei malati: «la pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori. Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza. Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti» (Fonti francescane, 1469). Chiara condivide questo sogno di pace di Francesco, che non è passività di fronte al male. La mitezza evangelica non è disarmata, usa armi diverse, che esprimono resistenza e forza, ma senza violenza.

La preghiera come ‘arma’ per combattere la violenza

Nella vita di S. Chiara almeno in tre occasioni si rivela particolarmente efficace l’arma della preghiera contro la violenza:

all’inizio della sua nuova vita evangelica, quando i parenti vorrebbero riportare a casa con la forza la sorella Agnese, che l’ha seguita dopo soli 15 giorni dalla sua fuga. Dodici uomini, accesi di furore, cominciano a trascinarla via, ma poi devono desistere poiché la ragazza diviene pesante come piombo… grazie a Chiara che, prostrata a terra, ha pregato per lei. Nel 1240, il pericolo incombe su tutta Assisi e ancor prima sulla Comunità di S. Damiano: le truppe ‘saracene’ al soldo di Federico II hanno già superato il muro di cinta e sono entrate nel chiostro… Chiara si rivolge al Signore: “Ti prego, custodisci queste tue serve che ora io non posso più custodire” e alle sue orecchie una voce come di bambino: “Io vi custodirò sempre”. “ E allora, mio Signore, riprende Chiara, se ti piace, proteggi la città che ci sostenta per amor tuo”. E Cristo a lei: «Sosterrà gravi prove, ma sarà difesa dalla mia protezione». (Fonti francescane, 3202) Avviene che i saraceni se ne vanno in fretta, spinti dalla forza della sua preghiera, ma è anche possibile che, seguendo le tradizioni islamiche, si siano voluti fermare davanti ad una comunità di donne in preghiera. Di nuovo, nel 1241 Assisi è assediata dall’esercito di Vitale di Aversa e Chiara è informata che la città sta per essere consegnata; ma non si rassegna alla resa, che tanto male può portare alla sua città. Inventa una ‘liturgia penitenziale’, ponendo sul proprio capo e su quello delle Sorelle abbondante cenere, prima di presentarsi al Signore nella preghiera di intercessione. E ancora una volta quella supplica è esaudita, tanto che Assisi ricorda tutt’ora (il 22 giugno di ogni anno) la liberazione ottenuta da Chiara e le sue Sorelle. Chiara ci insegna, anche oggi, la vera alternativa alla guerra: non essere paralizzati dal senso di impotenza, ma, confidando nella preghiera, costruire concrete prospettive di pace.

Suor Mariangela e le Clarisse Urbaniste