Sabato 20 aprile cinema Italia di Faenza, teatro affollato da centinaia di ragazzi in platea e in galleria; a noi adulti presenti è parso un sorprendente happening sociologico: l’onnipresente smartphone da oggetto di riferimento è divenuto tramite tra i protagonisti – i giovani studenti – e un regista, sceneggiatore, scrittore italiano esperto in tecnologie di ripresa digitale. Fernando Muraca è salito sul palco, affiancato da diversi ragazzi e ha iniziato subito il dialogo, ascoltando e rispondendo: tutto ruotava attorno a questa domanda: «Com’è la vita senza i social; anzi, c’è vita senza i social?».

L’incontro con lo scrittore Fernando Muraca

Certamente non si allestisce un incontro così senza una lunga preparazione da parte del corpo docente; infatti, l’incipit risale alle riflessioni estive di un’insegnante (di tecnologia, Silvia Dal Prato), la quale si è resa conto che nemmeno noi adulti siamo ormai in grado di gestire il nostro rapporto con il cellulare, perfino a livello lavorativo. Tutte le convenzioni sociali di buona educazione riferite un tempo al telefono (ai pasti, in presenza di altri che potremmo disturbare) ormai con whatsapp non esistono più; non soltanto nelle relazioni familiari e amicali, ma anche rispetto a messaggi di lavoro. Ispirata anche dal lavoro di Paolo Crepet Prendetevi la luna ha maturato l’intenzione di proporre una sfida alle classi: disconnettersi dalla tecnologia negativa per due giorni interi, 48 ore. Il suo progetto si è rafforzato con l’intervento di un’altra insegnante (Maria Chiara Campodoni), la quale ha condiviso il contenuto del libro Liberamente Veronica, scritto da Fernando Muraca: l’autore da cinque anni lo presenta nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi su tutto ciò che sta dietro l’uso dei “social”.
Troppo spesso vediamo i “social” come divertimento gratuito, ma non lo sono affatto: li ripaghiamo profumatamente, visto che ci rubano informazioni private e tempo. Il libro descrive l’esperienza di un’adolescente che decide di disconnettersi per un mese: il testo è diventato l’oggetto mediatore del progetto, perché forniva un precedente a cui ispirarsi per comprendere cosa aspettarsi dall’esperimento e suggeriva di tenere un diario giornaliero per riflettere durante e al termine della prova.

Emerge la paura della solitudine, tipica dell’età. Ma i social non aiutano a uscire dalla ‘bolla’

Tutti gli studenti, in tempi diversi e con il contributo degli insegnanti, hanno riflettuto sul significato di “tecnologia negativa”. Guardare un film attraverso il computer, magari con la propria famiglia lo è, ad esempio? Ogni classe, prima di affrontare la disconnessione, si è data le proprie regole: le più varie poiché vario è il pomeriggio degli studenti e vario il rapporto dei genitori con le tecnologie, legato in particolare alle esigenze lavorative. Unica norma da rispettare per tutti: non dormire con il cellulare in stanza e organizzarsi diversamente per la sveglia. Così i più intransigenti hanno potuto chiudere lo smartphone in un cassetto, altri hanno potuto usarlo fuori casa in certe situazioni; ognuno doveva provare a seguire le regole stabilite insieme. Da notare che in alcune classi ci sono alunni – molto pochi – che non possiedono un cellulare: sono diventati punto di orientamento, visto che suggerivano strategie di comportamento alternative ai compagni non abituati. In questa libertà di tempi, regole e reazioni qualcuno ce l’ha fatta e qualcuno no, ma tutti ci hanno provato e tanti hanno scritto le proprie emozioni (vedi sotto). Emerge la paura della solitudine, tipica dell’età: purtroppo i “social” non aiutano certo a uscire dalla propria bolla, anzi ostacolano le esperienze nel mondo, fondamentali per crescere, capire se stessi, trovare una strada.

Alla fine degli interventi in sala i ragazzi hanno mostrato di aver inteso quanto i social siano pervasivi nelle giornate di tutti e quanto influenzino il nostro umore. Anche noi adulti ci siamo impressionati nello scoprire certe realtà. Muraca chiacchierando con il pubblico ha fatto misurare, calcolatrice alla mano, quanto tempo un adolescente trascorre pressappoco davanti a uno schermo: circa 7 ore al giorno! Moltiplicando per giorni e mesi di una vita media il risultato è di 9 anni. È sconcertante approfondire quanto incide nella quotidianità questo (ab)uso: in un anno e proprio nell’età evolutiva più delicata, i nostri figli e nipoti trascorrono in media un mese e 19 giorni al cellulare. Non regalerebbero certo questo tempo se gli fosse richiesto, eppure sono dipendenti dalla connessione e li spaventa rinunciare.

Questo evento conclusivo ci è parso riuscito e le tre ore sono volate, grazie anche all’accattivante presentazione di Stefano Casadio; molto apprezzate le parole del sindaco Massimo Isola, che ha messo in risalto l’importanza della collaborazione tra scuola e mondo della comunicazione. Soprattutto bravi i ragazzi, che ci hanno mostrato la loro preparazione, nonché la capacità di essere consapevoli delle sfide che dovranno affrontare. All’uscita, nell’atrio, abbiamo nuovamente guardato con attenzione la mostra allestita con i diari e i manifesti preparati, con il proposito di tappezzare la città, a sensibilizzare in particolare i coetanei. Tante e belle le sollecitazioni ricevute. Noi adulti dobbiamo invertire la rotta, sforzarci di essere più vicini ai nostri ragazzi e più propositivi alla reciproca comunicazione, non soltanto sull’utilizzo delle tecnologie.

Giuliana e Rita

Le impressioni degli studenti

cellulari smartphone

Parlare e scrivere

Oggi ho avuto una brutta giornata a scuola: dovevo parlare con una persona di una cosa super importante, ma non ci sono riuscita. La cosa peggiore è stata quando ho capito che non riuscivo più a dire niente perché ormai sono abituata a scrivere messaggi e – se non vanno bene – posso cancellarli. I messaggi come le parole possono essere un’arma: possono ferire e offendere. Questo è quello che ho capito oggi e sarebbe bello se lo capissero tutti.

Maria

Mi annoio

Non sono rimasto 48 ore senza tecnologie negative. Sono sempre rimasto in casa con mia mamma e mio fratello, abito a Fossolo lontano da Faenza. Senza cellulare e televisione mi annoio.

Sami

In bici con la mappa cartacea

Una faccenda che mi è successa in questo esperimento è proprio accorgersi di quanto serva il telefono nella mia vita. Io che ho la passione della bicicletta ho l’abitudine di usare le mappe dal telefono. E allora come si può fare senza tecnologia?  In questi due giorni mi sono fatto spiegare da mio padre le strade migliori per usare la bici e le meno pericolose, così da evitare di perdermi.

Ian

Nuove idee

Appena tornato da scuola non sapevo che cosa fare. Credo di aver passato circa 45 minuti sul divano a guardare il soffitto cercando di trovare un modo per passare il tempo: quel giorno avevo già finito i compiti e il mio telefono si trovava in un cassetto come nelle regole stabilite in classe. Mi sono guardato intorno e ho notato due bottiglie che mi hanno fatto venire in mente, chissà perché, la forma di un catamarano; ho deciso di crearne uno. Per farlo ho unito le due bottiglie a un pezzo di cartone ricoperto di scotch (per non farlo bagnare) poi siccome una bottiglia pesava più di un’altra ho riempito quella più leggera di acqua, fino a farla pesare esattamente come l’altra. Dopo questa giornata mi sono reso conto che senza passare svariate ore con gli occhi sul cellulare le giornate trascorrevano molto più lente, probabilmente perché avevo più tempo libero.Credo proprio che stabilirò una giornata della settimana in cui non userò i social.

Christian

Mi mancano i social

Per me è strano stare senza cellulare. Solitamente sto sempre attaccato a quello schermo. Mi sono mancati i social. Ho guardato il soffitto per un po’, poi mi sono chiesto se invece non fosse meglio studiare. Finito i compiti sono uscito con mia sorella e quando sono rientrato abbiamo aspettato che mio babbo tornasse. Il secondo giorno ho mollato, era troppo difficile per me.

Francesco

Felicità

In questi due giorni ho trovato qualità in me stessa: per esempio fare creazioni con il dash o leggere. La cosa che mi ha colpito di più sono state le passeggiate; io tutte queste cose non le facevo da quando avevo 9 anni. Insomma, ho scoperto delle qualità che non sapevo di avere. Stare due giorni senza telefono mi ha aperto un altro mondo e, se non avessi provato questi due giorni, probabilmente questi hobby non li avrei mai scoperti.

Emanuela