Katalin Karikó è una donna straordinaria: la sua autobiografia “Nonostante tutto” è uscita in questi giorni nelle librerie italiane.
Non l’ho ancora letta, mi riprometto di farlo, ma la storia di questa persona merita di essere sottolineata.
Una vita dedicata allo studio e alla ricerca, la fanciullezza trascorsa a osservare piante e animali nella sperduta campagna ungherese, il premio Nobel per la medicina conferitole nel 2023 per aver dato un contributo fondamentale ai vaccini antiCovid.
Dal suo vissuto emergono umiltà, determinazione, passione, a fianco ad una successione di ostacoli.
L’infanzia poverissima in una famiglia contadina di un Paese socialista, gli anni dell’università e dei controlli da parte della polizia politica, la decisione di trasferirsi, alla metà degli anni Ottanta, negli Usa per studiare i segreti dell’Rna (l’acido ribonucleico che nelle cellule, tra l’altro, sovrintende alla sintesi delle proteine).
Un viaggio da migrante d’altri tempi, con i pochi risparmi nascosti nell’orsacchiotto di peluche della figlia di due anni e il marito Bela che, appena arrivato a Philadelphia, si mette a lavorare come “uomo tuttofare” in un condominio.
E poi i nuovi capi americani, che diffidano delle sue idee. Nonostante tutto, la biochimica ungherese insiste: vuole comprendere il ruolo dell’Rna messaggero e utilizzarlo a fini terapeutici.
La svolta nel 1997: Karikó inizia a collaborare con l’immunologo statunitense Drew Weissman. All’inizio degli anni Duemila i due scienziati capiscono come usare l’mRna per veicolare vaccini antivirali: è la tecnica che sarebbe poi stata sviluppata dall’americana Moderna e dalla tedesca BionTech (di cui lei è vicepresidente dal 2013) per i vaccini contro il Covid.
Da lì la popolarità e il premio Nobel dell’anno scorso, condiviso con Weissman.
Intanto in famiglia la figlia Susan in Francia nel 2008 e nel 2012, alle Olimpiadi di Pechino e Londra, vince due medaglie d’oro nell’“otto con” di canottaggio”. È la bimba che nel 1984 era volata dall’Ungheria agli Usa stringendo un orsacchiotto imbottito di banconote.
“Non mi risulta che ci siano altre famiglie con un Nobel e due ori olimpici” ha affermato la professoressa, in Italia per il lancio del suo libro. “Ora manca solo l’Oscar a mio marito”.
A 58 anni dagli USA si è trasferita da sola in Germania per lavorare alla BionTech, in un Paese di cui non conosceva la lingua. Racconta che la prima settimana ha pianto tutte le notti. “Anche quella volta è stato fondamentale Bela, mio marito. Mi disse che ce l’avrei fatta: se è la migliore occasione che ti offrono, vai. Imparerò anche a cucinare”.
Katalin Karikó ci insegna, in un mondo che ogni giorno sembra andare a rotoli sempre di più e il valore delle vite umane scomparso quasi totalmente, che ci sono donne e uomini che hanno come obiettivo salvare le persone in pericolo e migliorare la qualità della vita a tutte le altre.
Tiziano Conti
“Nonostante tutto. La mia vita nella scienza” di Katalin Karikó (Bollati Boringhieri, pagg. 272, euro 22)
Foto Wikipedia di Krdobyns – Opera propria, (figlia)
Copertina del libro