Confessarsi o riconciliarsi? «Parole come peccato, male, redenzione, castigo, merito, giudizio, senso di peccato, comunicano ancora qualcosa oggi?» La domanda se l’è posta Gilberto Borghi, insegnante di religione nelle scuole superiori di Faenza, che per le edizioni del Messaggero di Padova ha dato alle stampe “Il male negli occhi dell’amore. Cinquanta risposte per operatori pastorali sul peccato e dintorni” (Il messaggero di Padova, 136 pagine, 14 euro).

Intervista al professore Gilberto Borghi: “Manca un retroterra per impostare il rapporto con Dio”

male negli occhi libri

Professore Borghi, quelle parole possono essere ridette, o debbono solo essere abbandonate?

In classe, di fronte alla spiegazione della parola “espiazione” studenti adolescenti del ventunesimo secolo reagiscono con un ‘”Prof, ma che senso ha?”. I ragazzi per me ne colgono il significato, ma ne hanno perso il senso.

Intanto lei scrive che si rivolge a operatori pastorali. Dunque non solo ai sacerdoti.

Credo ci sia bisogno di ridire queste parole anche ai laici. Catechisti, educatori, accoliti, persone coinvolte dentro a un servizio pastorale. Perché la sensazione che ho è che ci siano abbastanza difficoltà ad articolare un pensiero sulla misericordia di Dio. E come al solito sono gli studenti che mi hanno portato a questo. Come fu per il tema della sessualità. La Confessione è un sacramento molto difficile su cui portare attenzione oggi. Significa essere già dentro a una certa attenzione alla vita di fede, mentre i ragazzi stanno a un livello precedente. Per cui su male e peccato non trovano parole sufficienti per capire queste cose. Manca un retroterra su come impostare il rapporto con Dio, anche di fronte al male.

Con questo libro lei dice che intende fare “un tentativo di non abbandonare parole come peccato e male”, ma di renderle di nuovo sensate per l’orecchio di uomini e donne di oggi …

Dio ci ama a prescindere e a qualsiasi costo. Un Dio che punisce, può sembrare giusto, ma è poco misericordioso. Semmai è costruito a nostra immagine e somiglianza. Ma la realtà è che Dio ci ama a qualsiasi costo. L’immagine di Dio che punisce produce atteggiamenti anti evangelici. Con questo non è che va bene tutto. Ma tutto dipende dall’atteggiamento che si ha verso le persone. Quale relazione si ha con chi vuole riconciliarsi.

Tanti sacerdoti sono preoccupati del calo di partecipazione al sacramento della Riconciliazione.

Verissimo. Il calo è evidente. Ma bisogna chiedersi quanto tempo, quanta energia e attenzione viene posta dai sacerdoti sulla confessione. Qual è la qualità della relazione che il sacerdote mette in campo senza giudicare. Perché il sacerdote è lì per riconciliare, non per giudicare. E comunque c’è anche un altro aspetto.

Quale?

Il calo della fede. Sempre meno le persone dicono a sé stesse che Dio le ama. Il nocciolo è questo e il rischio che ne deriva è che si percepisca la confessione come un atto magico che copre, che nasconde, che ci fa sentire rasserenati. C’è uno spazio enorme che i sacerdoti possono abitare con attenzione per lavorare a favore del fedele e per capire le dinamiche effettive dell’amore di Dio per noi.

In sostanza c’è un lavoro da compiere per tornare a distinguere il bene dal male. Un lavoro che innanzitutto è pastorale e di relazione personale.

L’importante è capire come distinguiamo il bene dal male. Tracciamo una linea netta? Bianco e nero? Questo non ha radici nel Vangelo. Gesù Cristo offre la sensazione netta che il confine sia sfumato e graduale. Il confine c’è, ma è difficile per chiunque capire dove si trova il peccatore nel suo cammino. Se il peccato è mancanza di fede e amore a Dio, per valutare il valore di un atto c’è bisogno di capire a che punto egli si trova rispetto a Dio. E questo solo Dio lo può sapere. Ma Lui ha deciso di non condannare. Perciò il sacerdote è Gesù che accoglie le persone come il padre accoglie il figliol prodigo e fa di tutto per lui che torna a casa.

Il rischio è di tornare sulla considerazione già fatta: ma allora va bene tutto?

Facendo questo lavoro, mi sono accorto che il Catechismo della Chiesa cattolica è su questa linea ed è molto più aperto di quanto di solito si percepisce. Tutti noi siamo peccatori e siamo in cammino verso la casa del Padre, desiderosi di accoglienza e di misericordia. Nel Catechismo si parla di riconciliazione e di misericordia. Al punto che di fronte a certe rigidità che persistono, di fronte a certuni che si rivelano un po’ intransigenti, verrebbe da chiedersi: ma l’hanno letto? Lo conoscono?

Giulio Donati