Stando alla leggenda, un giorno Dante Alighieri se ne andava in giro in cerca di ispirazione quando incontrò una persona che a bruciapelo gli domandò: “Quale è il cibo migliore?” “L’uovo” rispose immediatamente indugio il poeta. Più o meno un anno dopo, più o meno nello stesso punto, i due si rincontrarono nuovamente, e il tizio gli domandò: “Con che?”, “Col sale” non esitò a rispondere Dante. Questo aneddoto viene usato per elogiare la memoria fuori del comune del Sommo Poeta. Riflettendoci mette in luce anche un’altra dote: la sua attitudine per l’ascolto attivo, l’unico a depositarsi nella memoria a lungo termine.

Ascoltare attivamente qualcuno non vuol dire starlo vagamente a sentire, meno che mai aspettare che abbia finito di dire la sua per dire la nostra. Ascoltare attivamente è concentrarsi per capire e per dare un senso alle parole, ma anche ai silenzi e ai gesti. Oggigiorno l’ascolto attivo avviene così di rado che quando ci capita, quando qualcuno ci ascolta sul serio, siamo colpiti, compiaciuti, riconoscenti. Comprensibilmente: di solito parliamo e chi ci sta di fronte ci guarda a malapena, compulsa sul cellulare, controlla l’orologio, taglia corto, ci parla sopra, ci fa ripetere perché, lo ammette, non ci stava seguendo, cambia argomento bruscamente, sposta l’attenzione su qualcun altro e via così.

La maleducazione che tutti questi piccoli, ma inequivocabili, segni di insofferenza esprimono viene giustificata, soprattutto negli ambienti di lavoro, dallo stato di urgenza costante in cui dobbiamo svolgere i propri compiti. Che è un dato di fatto, ma spesso anche un pretesto per non ascoltare. Perché ascoltare è impegnativo. Ascoltare attivamente, cioè non subire passivamente una trasmissione di contenuti, è accogliere l’altro, è fargli largo nel nostro spazio mentale, è dargli tutto il tempo che gli serve, è sforzarsi di comprendere il suo punto di vista anziché commentarlo, correggerlo, giudicarlo.

Un dato – non so quanto autorevole, ma senz’altro credibile – ci informa che il 10% dei conflitti scaturisce da opinioni divergenti e il restante 90% dal tono di voce usato per veicolarle. Ora, come fa il tono di voce a non inasprirsi se il nostro interlocutore fa di tutto, mentre parliamo, per farci sentire inopportuni e indegni della sua attenzione? Infine una riflessione rivolta ai grandi del mondo: ma vi ascoltate mentre vi parlate o – ancor di più in questo ultimo periodo – quando vi lanciate accuse uno contro l’altro?

Un po’ di ascolto “attivo” aiuterebbe Putin e Zelensky, Netanyahu e Khamenei, Biden e Xi. Un bellissimo video su YouTube di Alessandro Barbero ci racconta come sia scoppiata la Prima Guerra Mondiale senza che i contendenti se ne rendessero conto: i rapporti tra gli Stati, in fondo sono uguali a quelli tra le persone.

Tiziano Conti