Dedicare queste parole di saluto a Roberto Bandini (deceduto nei giorni scorsi, ndr) è difficile, molto difficile, perché Roberto è famiglia, è un pezzetto di cuore che piange. Per noi tutti che abbiamo avuto la fortuna di condividere con lui tanti passi del cammino della vita, è stato sempre una presenza costante: nelle occasioni di gioia, ma anche nei momenti di bisogno e di difficoltà, Roberto era sempre presente davanti alla porta di un ospedale o vicino al letto per qualche malattia di qualcuno di noi. La vita, gli ha riservato tanti momenti di dolore e sacrificio, ma anche belli e gioiosi e riferimento costante per lui è stato il valore della fedeltà. Prima di tutto verso la amata Anna, compagna di una vita, davvero ogni giorno insieme “nella buona e cattiva sorte”, ai figli Roberta, Filippo e Antonio, i suoi gioielli più preziosi che hanno scritto la pagina più bella della sua vita per le persone che sono, dove si fondono le  doti umane e professionali, con uno spessore che non sempre è facile incontrare nel mondo di oggi.

Il cuore di Roberto ben presto si è allargato per accogliere le scelte d’amore dei figli e per l’arrivo dei nipoti che gli hanno permesso di vivere forse il ruolo più bello che la vita riserva, quello di nonno, e lui è stato un grande nonno: presente, premuroso, un riferimento affettivo che riempirà per sempre i loro cuori. Gli impegni familiari non gli hanno tuttavia mai impedito di vedere ciò che succedeva fuori dalla sua porta, e fin da giovanissimo a Marradi, suo paese nativo, nella semplicità e nel sacrificio del mondo contadino, (lavoro del padre e anche suo durante la prima giovinezza) pensava in grande, a un mondo nuovo dove le differenze sociali potessero accorciarsi e dove anche i più fragili potessero trovare risposta ai loro bisogni. Da sempre pensava che la politica poteva essere la strada maestra da percorrere, una politica di impegno e servizio, capace di non lasciare indietro nessuno.

Così trova nel mondo del volontariato, nel sindacato e nel partito le passioni che lo accompagneranno per sempre. Aderisce alla Democrazia Cristiana, poi dopo gli sconvolgimenti degli anni ’90 al Partito Popolare e alla Margherita, fino a diventarne segretario per tanti anni a Faenza. Le delusioni in quegli anni non sono mancate, anche per i veloci cambiamenti storici; era un uomo di pace e di dialogo, ma capace anche di dure battaglie per le cose nelle quali credeva e i suoi valori di riferimento non sono mai venuti meno anche quando la sua vita è completamente cambiata e mai ha rinnegato la semplicità delle sue origini dove erano le radici del suo vivere.

Credeva nello studio, come strumento indispensabile di promozione umana, filosofia che ha trasmesso anche ai figli e lui stesso da adulto ha conquistato il traguardo del Diploma che non gli era stato possibile raggiungere da giovane, fino ad affacciarsi al mondo dell’Università. Sulla scrivania teneva un piccolo foglio con scritto “I Care“ il messaggio di Don Milani che dalla piccola Barbiana è volato nel mondo. Quel “mi sta a cuore”  mi preoccupo di te è sempre stato un riferimento anche per Roberto che ha visto proprio nelle positive relazioni l’essenzialità del suo fare e pensare. 

Era di aspetto elegante, riservato con una certa austerità che trovava radici nel suo essere un uomo di Fede profonda, che mai ha messo in discussione i principi valoriali della Chiesa, anche in questo presente così contraddittorio e con non pochi compromessi morali. Questi ultimi anni sono stati durissimi, la malattia ha preso il sopravvento, ma i semi piantati hanno dato il loro frutto nell’amorevole assistenza dei figli, poi sono rimasti inalterati il ricordo e la stima di chi lo ha conosciuto, ne sono prova tanti attestati di affetto ricevuti n questi giorni.

Possiamo davvero terminare questo saluto con le parole di san Paolo nella Lettera a Timoteo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la Fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice mi consegnerà”.

Riposa nella Pace eterna, caro Roberto.

Fedora Anforti