Una catechesi che sia davvero per tutti. E se in certi casi le parole non possono uscire fuori dalla bocca delle persone con disabilità, entrano in gioco altri sensi. Ecco allora che una catechesi per bambini, che ha per tema la prima Confessione, può essere vissuta non solo con le parole, ma anche con i cinque sensi e con il gioco, rendendo tutti protagonisti del confronto e della condivisione per incontrare Gesù. È stato questo il tema dell’incontro Nessuno escluso promosso il 24 gennaio scorso dalla Catechesi per la disabilità della Diocesi e dalla Scuola di teologia San Pier Damiani. Un’occasione per riflettere su una Chiesa che sappia includere tutti grazie a competenza, creatività e voglia di non lasciare indietro nessuno. A portare la propria testimonianza è stata Flora Amaduzzi, della Papa Giovanni XXIII, che da anni progetta percorsi di catechesi assieme a persone con disabilità, anche gravi. Anche quelle persone che il mondo, troppo superficialmente, vede solo come peso. «Stare con le persone con disabilità – ha raccontato – mi ha fatto maturare. Ha ridimensionato i miei disagi, mi ha dato nuove priorità nelle scelte, oltre a tanta speranza e fiducia nella vita, apprezzando il valore delle imperfezioni e della semplicità. Mi ha aiutato a guardare al cuore di chi ho di fronte. Più la disabilità di una persona è grave, e più nella debolezza della sua carne si manifesta in modo potente l’azione di Dio».

La metodologia della Globalità dei linguaggi: tutti hanno il diritto di comunicare

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Amaduzzi ha messo al centro della propria esperienza la metodologia della Globalità dei linguaggi. «Parte da questo presupposto – ha detto – ogni persona ha il diritto e la necessità di comunicare, come può e come è capace. Solo così può esprimere il proprio mondo interiore. Tutti, anche le persone più svantaggiate, hanno una musica che risuona dentro e che deve poter venire fuori. Il compito dell’educatore è affinare l’orecchio per ascoltare questa musica, che a volte è impercettibile. In assenza della possibilità di una comunicazione verbale, il nostro corpo utilizza strumenti vicari che la sostituiscono e che utilizzano tutti i nostri sensi».

Il gioco e i cinque sensi come mezzo per incontrare Gesù

Fin dal suo concepimento nel grembo materno, l’essere umano ha affinato tatto, udito, vista, odorato. «I modi di esprimersi sono tanti – aggiunge – e possono essere tramite un urlo, un taglio fatto su un foglio… il senso principe rimane il tatto». Sono stati citate poi alcune esperienze di approccio con i bambini, come quelle svolte in collaborazione con una casa famiglia della Papa Giovanni a Russi. «Fare catechesi non è fare lezione frontale – specifica -, ma fare esperienza e costruire qualcosa assieme. Essere partecipi di un progetto». Da qui l’idea di vivere il sacramento della Confessione attraverso un grande gioco fatto di colori in cui anche Marchino, bambino con disabilità, potesse comunicare scegliendo quale carta-velina rappresentasse per lui la gioia o la rabbia, aiutato nella scelta dagli altri bambini che venivano a portargli i pezzi di carta. O ancora, nella catechesi sulla Comunione, ricomporre il puzzle della sagoma di una persona (che rappresentava Gesù) con il contributo dei pezzi che i bambini hanno a disposizione, evidenziando l’importanza che ha ciascuno nell’essere Chiesa in cammino.

Samuele Marchi