Sono tante le attività commerciali colpite dall’alluvione del maggio scorso. Alcune hanno deciso di non riaprire, altre stanno affrontando complessi lavori di ripristino e poi c’è chi è riuscito a ripartire, anche per dare un segnale di speranza a quartieri feriti e ancora spopolati. È il caso del Caffè Ferniani, situato in piazza Ferniani, nella zona di via Lapi conosciuta anche come Bassa Italia. Il bar, insieme alla parrucchiera, è l’unico esercizio commerciale affacciato sulla piazza che ha riaperto. Sono invece ancora chiuse la macelleria (da noi intervistata a inizio agosto, ndr) e la tabaccheria, su cui campeggia il cartello vendesi.

In tutto 40-50mila euro di danni dopo l’alluvione

La notte del 16 maggio l’acqua in queste zone è arrivata ad altezze vertiginose e il fango ha letteralmente invaso tutto. «All’interno del bar l’acqua ha raggiunto i 4,80 metri di altezza – racconta la titolare Maria Teresa Bertuzzi -. Sono riuscita ad accedere ai locali solamente la mattina del 18 maggio e c’era ancora un metro d’acqua e tanto fango. Io poi abito di fronte al bar quindi, durante quei giorni drammatici, mi dividevo tra i lavori di ripristino al bar e a casa: per fortuna ho salvato l’appartamento al secondo piano, ma ho avuto danni a cantina, tavernetta e parti comuni del palazzo. All’interno del bar invece praticamente non si è salvato nulla, se non i tavoli e le sedie. Ho dovuto cambiare tutti gli arredi, bancone compreso, per un danno che ammonta a 40-50mila euro, considerando anche il mancato fatturato e i mesi in cui non ho percepito stipendio».

La riapertura senza aiuti economici

Maria Teresa però non si è persa d’animo e ha iniziato subito i lavori di ripristino per poter riaprire, con l’aiuto di tanti volontari. «Devo dire – prosegue – che anche i proprietari dei locali, perché io sono in affitto, sono stati estremamente corretti affrontando tutti i lavori di loro competenza. Sono stati rifatti gli impianti, i servizi igienici e sono stati scrostati tutti i muri di 6-7 centimetri». Dopo sei mesi di lavoro è arrivata l’attesa riapertura, lo scorso 21 ottobre. «Un momento davvero bellissimo, è difficile descrivere l’emozione che ho provato a parole. Tante persone, clienti e non, si sono complimentate, ho ricevuto veramente tanti attestati di stima». Riapertura che è avvenuta nonostante la totale assenza di ristori. «Non è arrivato alcun tipo di aiuto economico – spiega Maria Teresa -. Per ripartire ho utilizzato esclusivamente i miei risparmi. Avevo partecipato al bando indetto dalla Camera di Commercio di Ferrara e Ravenna per ricevere un contributo di 7mila euro, poi ridotto a 1.600 euro per le tante domande presentate ma per un intoppo burocratico non sono arrivati. Ora ho presentato domanda per ricevere i contributi, stanziati dall’ordinanza di Figliuolo». Maria Teresa, nonostante le difficoltà, non ha mai pensato di non riaprire più oppure di spostare il bar in un’altra zona della città e così il Caffè Ferniani è ora un presidio per un quartiere che rischia di diventare fantasma. «Sono subentrata nella gestione del bar due anni fa, dopo aver gestito per 34 anni il bar Chicco d’Oro, in via Torricelli. Il mio lavoro mi piace, non riesco a stare a casa senza fare nulla e non ho mai pensato di rinunciare a riaprire. Questo era un bel quartiere, pieno di verde, vicino al centro storico e voglio aiutarlo, per quanto possibile, a ripartire perché il mio timore più grande è che tante persone decidano di vendere la casa e trasferirsi e che quindi la zona si spopoli e sia soggetta a degrado. Si è già messa in moto la speculazione immobiliare, alcuni appartamenti sono già stati svenduti».

«La chiusura del ponte del Borgo crea disagi»

Con i primi piani ancora deserti e tante persone ancora fuori casa, inevitabilmente ci sono delle ripercussioni sull’attività del Caffè Ferniani. «Il lavoro è calato, tanti miei clienti non vivono qui in questo momento e incide molto anche la chiusura del Ponte delle Grazie perché un’altra zona da cui proviene buona parte della mia clientela è proprio il Borgo, ora parzialmente isolato e in sofferenza. Sto lavorando molto con gli artigiani che sono al lavoro all’interno delle case alluvionate. Inoltre ho fatto domanda anche per la licenza di tabaccheria, in modo da offrire un servizio aggiuntivo». Le sfide per far rinascere i quartieri sono ancora tante e aiutare gli esercizi commerciali a riaprire può essere cruciale. «Ci sarebbe davvero bisogno – conclude Maria Teresa- di bandi specifici e stanziamenti ad hoc per le piccole realtà commerciali. Anche cifre modeste possono essere una spinta a riaprire e se un quartiere si ripopola di negozi, bar e attività le persone possono essere più invogliate nel tornarci a vivere e allora sì che davvero si può parlare di ripartenza».

Samuele Bondi