Un viaggio nella religiosità e nella cultura europea alla ricerca della bellezza salvifica e della speranza. Il libro Trittico delle cose ultime “Grünewald, Raffaello, Holbeinda” scritto dall’architetto Giorgio Gualdrini è sicuramente un volume da leggere e approfondire. Scrivo questa recensione anche in ricordo di mia mamma prof. Lia Leonardi Castellari, per tanti anni collega dell’architetto Gualdrini. Il terribile dolore dovuto alla perdita di un giovane nipote ha ispirato Giorgio nella creazione di questo libro così ricco di dottrina, di cultura e di arte. L’autore analizza tre dei più grandi capolavori dell’Arte dipinti nel 1500, e precisamente:

– La “Crocifissione” di Grünewald a Colmar in Alsazia, che fa parte de Le retable d’Issenheim o Isenheimer Altar;

– il “Cristo nella tomba” di Holbein a Basilea;

– la “Madonna Sistina” di Raffaello a Dresda.

Il polittico di Isenheim

3 Grunewald Altare di Isenheim

Il polittico di Isenheim è un’opera sconvolgente, caratterizzata da un espressionismo straordinario, che mi ha sempre profondamente affascinato sin da quando la vidi per la prima volta nel 1994, mentre frequentavo un corso di tedesco all’Università di Freiburg/Breisgau.

L’altare era destinato alla preghiera dei monaci antoniti, nonché dei tanti malati che venivano accolti nel monastero di Isenheim, perché portatori del “fuoco di Sant’Antonio” o altre malattie, incurabili, come la sifilide e l’ergotismo. Aveva funzione di infondere consolazione e speranza. L’altare presenta tre facce: nella prima ad altare chiuso trova posto la raffigurazione della Crocefissione fiancheggiata sugli sportelli laterali fissi da San Sebastiano e da Sant’Antonio. Nella predella è raffigurato il Compianto sul Cristo morto. Nella seconda faccia (altare aperto con la prima anta) troviamo da sinistra verso destra l’Annunciazione, l’allegoria della Natività e la Resurrezione. Nella terza faccia (altare aperto con le seconde ante) troviamo ai due lati i santi eremiti Antonio e Paolo e le Tentazioni di Sant’Antonio. Al centro, ripartito in tre, le sculture in legno realizzate da Hagenauer. Philippe Daverio ha definito l’opera “la Cappella Sistina dell’Europa del Nord”.

Il dolore insostenibile del Cristo crocifisso nel realismo brutale di Grünewald – come l’ha definito Melania Mazzucco -, il verismo del suo corpo devastato, ricordano l’Olocausto, e il fatto che il Cristo si carica sulle spalle i mali dell’Umanità, per salvarla.

Il Cristo sofferente dice ai malati che anche il figlio di Dio aveva sofferto ogni dolore e che anche loro erano figli di Dio, e che solo morendo Cristo poteva risorgere. Tutto il male sofferto – da lui e da loro – aveva un senso. E la luminosa Resurrezione, in un’altra anta del polittico, mostra infatti lo stesso Cristo già torturato salire sorridente al cielo in una abbagliante nuvola d’oro.

Il “Cristo nella tomba” di Holbein

holbein cristo morto holbein

Alla crocifissione di Grünewald si ispira il “Cristo nella tomba” di Holbein a Basilea, opera anch’essa caratterizzata da un profondo espressionismo che colpì profondamente Dostoevskij.

La Madonna Sistina di Raffaello

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La Madonna Sistina è forse l’opera più famosa di Raffaello. Come evidenzia Barbara Jatta su l‘Osservatore Romano, Raffaello concepì e dipinse una meravigliosa e riflessiva Madonna velata con il Bambino fra le braccia che si libra a piedi nudi nel cielo in una nube di cherubini, ai lati san Sisto e santa Barbara, in basso i due angioletti più famosi della storia dell’arte. Il volto della Madonna e del Bambino nascondono un’apprensione, un turbamento. Anche se in forma profondamente diversa dal realismo brutale di Grünewald, e di Holbein, Raffaello mostra una Madonna e un Bambin Gesù preoccupati per le sofferenze che dovranno patire per redimere l’Umanità.

Essa era ed è popolarissima in Russia e affascinò sia Dostoevskij, sia Vasilij Grossman. Grossman ammira la maternità e la fragilità di una ragazza, poco più che bambina.

Una simile grazia, dopo la Madonna Sistina, non si può più dire che sia ineffabile o misteriosa. Con la sua Madonna, Raffaello, ha svelato lo splendido arcano della maternità. Ma non da questo dipende l’inesauribile vita del suo quadro ma dal fatto che il corpo e il volto della ragazza sono la sua anima. Per questo che la Madonna è così bella. C’è in questa rappresentazione visiva dell’anima di una madre qualcosa che la mente umana non riesce a cogliere.

Era lei che calcava coi suoi piedi nudi e leggeri la terra fremente di Treblinka, percorreva il tragitto da dove il convoglio veniva scaricato fino alla camera a gas. La riconosco dall’espressione del volto e degli occhi. Vedo suo figlio e riconosco anche lui per l’espressione strana, senza niente di infantile. Era questa l’espressione delle madri e dei bambini quando sul fondo verde scuro dei pini scorgevano il muro bianco delle camere a gas di Treblinka, così erano le loro anime. Così afferma Grossman.

Un viaggio nella bellezza salvifica dell’arte

trittico delle cose ultime

Pertanto, i tre Capolavori sono espressione di un’unica forma di Bellezza, volta alla trasmissione della fede cristiana, che papa Francesco chiama la Via Pulchritudinis (la via della Bellezza). Una bellezza non fine a se stessa, ma capace di infondere Fede e Speranza. Come ha recentemente detto papa Francesco ai giovani: «La speranza cristiana non è negazione del dolore e della morte, è celebrazione dell’amore di Cristo Risorto che è sempre con noi, anche quando ci sembra lontano». Credo che queste parole di Papa Francesco ben rappresentino l’opera di Giorgio Gualdrini.

Questi tre Capolavori in ragione della loro storia e delle loro tormentate vicende, ci invitano anche a riflettere sull’Unità Europea (la città di Colmar, facente parte dell’Alsazia contesa tra tedeschi e francesi), sul dialogo interconfessionale (la città di Basilea, luogo di Calvino e di Erasmo da Rotterdam), e sui rapporti tra Oriente e Occidente (la Madonna Sistina, prima a Piacenza, poi inopinatamente venduta dai monaci a Dresda, poi nascosta in una grotta durante la seconda guerra mondiale, poi portata a Mosca dopo la guerra, e infine restituita a Dresda), temi particolarmente cari all’architetto Gualdrini.

Come scriveva Goethe: Orient und Okzident sind nicht mehr zu trennen.

Paolo Castellari