Si è spento a 91 anni lo scorso 1 novembre Luigi Berlinguer, padre della legge 62 del 10 marzo 2000, sulla parità scolastica. Uomo di sinistra, politico, docente di diritto, appassionato da sempre ai problemi dell’educazione, della scuola e dell’università, fu alla guida del ministero Pubblica istruzione da maggio 1996 ad aprile 2000, spendendosi felicemente e in modo definitivo per l’attuazione della libertà di scelta delle famiglie in campo educativo e scolastico.
Invitato a Faenza il 6 settembre 2017 dalla Fondazione Marri-Sant’Umiltà e dalla diocesi di Faenza Modigliana, ebbe parole inequivocabili sulla possibilità dei vari soggetti sociali di organizzare e gestire scuole e servizi educativi. «Istituire una scuola paritaria in Italia è un diritto, non una concessione statale. Lo Stato pertanto deve assicurare a queste scuole piena libertà». Con la legge 62/2000 aveva preso il via un sistema scolastico nazionale unificato, con scuole gestite dallo Stato e scuole gestite da enti locali o dal privato sociale, tutte appartenenti allo stesso organismo. In un’intervista concessa al settimanale Tempi a 20 anni dall’approvazione della legge, ribadiva: «La scuola è una, una sola. Chi la gestisce è del tutto secondario: statali e paritarie sono pubbliche, il sistema nazionale di educazione è uno solo e obiettivo prioritario dello Stato è espanderlo». E ancora: «La querelle sul famigerato articolo 33 della Costituzione che consente a enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione «senza oneri per lo Stato» è superata da un pezzo: significa che non si possono pretendere oneri per lo Stato, ma se lo Stato decide di prendere iniziative nessuno glielo può impedire. Punto. Non c’è nessun divieto, nessuna proibizione, la facoltà di intervenire è prevista nell’ordinamento. La questione è un’altra» Quale? Qual è l’urgenza secondo il ministro Berlinguer? «Il 10 marzo del 2000 abbiamo affermato che esiste una sola scuola e che essa ha sempre una finalità pubblica. E che la priorità della Repubblica è l’espansione dell’offerta formativa. Siamo arrivati a questo obiettivo, ad assicurare la l’attività scolastica raggiunga tutti? No. Lo dicono i dati drammatici sull’abbandono e la dispersione: la scolarizzazione non è il cruccio dello Stato italiano. E questo, in un Paese che ha approvato riforme radicali e leggi per riconoscere il diritto all’istruzione è gravissimo». «Serve una presa di coscienza seria, perché serio è il problema. L’unica distinzione ammessa per affrontarlo è tra chi fa bene o chi non fa bene scuola, tra scuola che funziona e scuola che non funziona. Indipendentemente da chi le gestisce. Si chiama qualificazione dell’attività educativa. E, ripeto, non è una battaglia, ma è “la” battaglia per il futuro e lo sviluppo del paese».
Battaglia, compito, sfida: chiamiamola come vogliamo. Far bene scuola, qualificare l’attività educativa, assicurare alle giovani generazioni conoscenze e competenze che le abilitino a muoversi con libertà e senso critico nel mondo di oggi, così rapido nel suo trasformarsi. In tutto questo, statali o paritari siamo egualmente coinvolti, possiamo e dobbiamo collaborare, convergere sull’unico obiettivo, gareggiare nel bene e nel bello. Ben consapevoli che la preziosa parità concessa dalla legge 62 è tuttora parziale e imperfetta, giuridica sì, economica no, e che famiglie e studenti che accedono alla scuola paritaria sono purtroppo ancora penalizzati. Così come gli enti gestori che ricevono briciole di sostegno dallo Stato e dall’Ente pubblico, che in tal modo risparmiano costi assai significativi per assicurare educazione ed istruzione a migliaia di alunni dall’infanzia alla secondaria di II grado.
Alessandra Scalini