Una giornata di spiritualità e preghiera, testimonianze e momenti di riflessione, occasioni di festa e convivialità per essere veri costruttori di pace. Sabato scorso, vigilia di Cristo Re, si è svolta in Seminario a Faenza la Giornata Mondiale della Gioventù Diocesana 2023, l’evento che annualmente richiama tutti i giovani delle varie parrocchie del territorio a ritrovarsi per vivere insieme un momento di incontro, preghiera e festa basato sul tema proposto da papa Francesco.

“Lieti nella speranza”


Quest’anno il tema proposto era Lieti nella speranza (Rm 12,12): ovvero l’invito a continuare a essere portatori della gioia che vive chi confida nel Signore e che tanto abbiamo sperimentato nell’esperienza della Gmg Mondiale a Lisbona poche settimane fa. È un’esortazione forte a godere appieno delle gioie e delle speranze che possiamo trovare nella fede in Cristo, una fede incarnata, vissuta, sperimentata nella quotidianità, che aiuta ad affrontare anche i momenti di tristezza e le angosce nostre e di chi ci circonda. Significativa, a tal riguardo, è stata la testimonianza, in apertura della Gmg, di Daniele Ballarin e don Giancarlo, due operatori del Sermig di Torino (Servizio missionario giovani), il gruppo di giovani cattolici fondato a Torino il 24 maggio 1964 da Ernesto Olivero con lo scopo di combattere la fame nel mondo tramite opere di giustizia, promuovendo lo sviluppo e la solidarietà verso i più poveri.

Operare per costruire il bene: il significato della vera pace


«La vera pace non significa solo assenza di guerre e violenze – precisa don Massimo Geminiani, incaricato alla Pastorale giovanile -, ma significa operare per costruire il bene, come ha sottolineato anche il nostro vescovo Mario. Il Sermig non si limita a proporre manifestazioni o riflessioni perché queste devono tradursi in opere concrete». Una testimonianza forte sulle opere che ogni giorno vengono messe in atto in luoghi come l’Arsenale della pace a Torino e in altri luoghi del mondo. Un racconto, con lo scopo di invitare i giovani ad approfondire il significato della speranza cristiana e a spendersi in opere pratiche e vere, sempre con gioia. Questa gioia è stata poi oggetto di un momento di laboratorio nel quale i circa cento giovani presenti si sono divisi in gruppi e confrontati con varie figure di “operatori di pace” che, negli anni più recenti, in tutto il mondo, si sono spesi in prima persona per la fratellanza dei popoli e la comunione fra uomini, tema quantomai presente anche nelle questioni mondiali del nostro presente. Ogni gruppo ha poi proposto un pensiero che, in un post-it, è stato attaccato in una grande mappa del mondo. I Paesi nei quali hanno vissuto questi operatori di pace sono stati poi colorati di verde, «segno della speranza che hanno portato in quei luoghi» spiega don Massimo.

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La relazione non è possesso esclusivo, ma offerta di sè

A seguire, la Veglia di preghiera, con riflessioni sull’enciclica Pacem in terris, e poi la professione di fede che 25 giovani diciottenni di varie parrocchie hanno emesso alla presenza del nostro vescovo, monsignor Mario Toso, il quale ha invitato tutti a mettere in atto il loro «fiuto speciale nel sentire che […]la relazione vera ha bisogno di tempo, impegno, costanza, di rinunce: la relazione non è possesso esclusivo, ma offerta di sé. Il desiderio di autenticità che è nel vostro cuore giovane ha una soluzione, ha una speranza concreta, ha un punto fermo al quale non possiamo rinunciare: Gesù Cristo. Lui è vivo per continuare a dirci che la forza non ha l’ultima parola, ma l’amore, l’offerta di noi stessi». «Il vescovo ha poi invitato ai giovani a entrare nelle istituzioni per fare sentire la propria voce, – aggiunge don Massimo – solo stando in quei luoghi di rappresentanza si può incidere nel lungo termine per costruire la pace: devono avere il coraggio di mettersi in gioco». Infine la gustosa cena preparata dai volontari della parrocchia di Modigliana e un momento di festa nel refettorio del Seminario “Pio XII”, che quest’anno festeggia i suoi 70 anni. Significativa è stata anche questa coincidenza per ricordarci che la fede non è un cieco o illusorio guardare avanti, ma un appello, pressante, a tenere fissi gli occhi sul presente, sapendo che è il primo luogo dove il futuro prende forma. Grazie a tutti i partecipanti e all’équipe di Pastorale Giovanile che ha coordinato l’evento.

Mattia Brienza

Il messaggio del vescovo Toso ai giovani

Di seguito riportiamo l’intervento pronunciato sabato scorso dal vescovo, monsignor Mario Toso, in occasione della veglia in Seminario per la Gmg diocesana.

Cari giovani, viviamo in un tempo dove la divisione e la sofferenza della guerra si sono fatte vicine alle nostre case. Assistiamo con tristezza all’aumento di violenze, al rifiuto degli ultimi che rimangono ai margini dei nostri confini o dentro le nostre periferie. Siamo testimoni di un mondo che ha come fondamento la legge del più forte, la convinzione implicita che ha valore solo ciò che riesce ad imporsi, ad emergere sugli altri. Siamo immersi nella suprema legge del possesso e dell’acquisto, non solo per le cose materiali (abbiamo passato da poco il black Friday), ma anche nelle relazioni, soprattutto nei confronti delle donne (ho nel cuore la vicenda di Giulia). Ma voi sentite che tutte queste cose non riescono a dare una risposta alle tante domande vere, profonde che ci abitano: sono vere e proprie ferite, squarci profondi in noi e negli altri. Infatti, voi giovani avete un fiuto speciale nel sentire che tutto questo non è autentico. La relazione vera ha bisogno di tempo, impegno, costanza, di rinunce: la relazione non è possesso esclusivo, ma offerta di sé. Non sono io a insegnarvi quanto sia difficile tutto questo, cioè quanto sia difficile vivere relazioni mature, libere e liberanti.

VESCOVOPROFESSIONE

In tutto questo, sono qui per annunciarvi che il desiderio di autenticità che è nel vostro cuore giovane ha una soluzione, ha una speranza concreta, ha un punto fermo al quale non possiamo rinunciare: Gesù Cristo. Lui ci lascia la pace, ci dà la sua pace, quella pace che niente e nessun altro ci può dare, perché è l’unico che ha vissuto fino in fondo le ferite delle leggi del più forte. È stato abbandonato dai suoi amici, è stato lasciato solo, è stato giudicato ingiustamente, è stato torturato e ucciso. Ma tutto questo non ha avuto l’ultima parola. E la pace è proprio questo: Lui è vivo per continuare a dirci che la forza non ha l’ultima parola, ma l’amore, l’offerta di noi stessi. Adesso vivremo con forza questa offerta di noi stessi perché saremo chiamati a professare, a dichiarare a voce alta in cosa crediamo, in cosa riponiamo la nostra fede e la nostra fiducia. In Dio Padre che ha creato tutto perché fosse buono, in Gesù Cristo che ci invia ad annunciare la sua morte e risurrezione, nello Spirito santo che anima la Chiesa e le dona gli strumenti per testimoniare che la nostra vita ha senso solo nell’amore: a voce alta noi offriamo la nostra vita affidandoci a questa fede perché germogli in noi oggi, in questa nostra terra, nel luogo in cui viviamo, una pace concreta e non uno slogan, una pace profonda e non astratta.

Abbiate fede in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella Chiesa sua sposa. Cercatelo, approfondite il vostro dialogo e la vostra conoscenza di Lui perché solo in Lui troverete l’autenticità e la bellezza, la pace vera e l’amore autentico. È Lui la risposta e la soluzione che dà senso alla vita.

Mario Toso, vescovo