L’alluvione che ha colpito Faenza, con conseguenze drammatiche e ancora evidenti ha regalato anche storie positive, piccoli segnali di speranza e rinascita per un territorio ferito ma ancora capace di emozionare. A testimoniarlo è Mario D’Ambrosio, originario di Pavia, che a maggio ha deciso di aiutare Faenza a risollevarsi, insieme a tante persone provenienti da tutta Italia e poi, dopo circa due mesi di volontariato, ha scelto di rimanere a vivere nella nostra città.

Intervista a Mario D’Ambrosio: “Il 22 maggio ero già a Faenza”

Mario, innanzitutto com’è maturata la scelta di partire come volontario?

Ero a casa, a Pavia e ho visto immagini tremende in tv, che mi hanno scosso profondamente. Per me aiutare è qualcosa di naturale, nel mio piccolo se posso dare una mano lo faccio sempre volentieri e di fronte a qualcuno che ha bisogno non riesco proprio a voltarmi dall’altra parte! Quindi ho contattato Emergency e appena possibile sono partito: il 22 maggio ero già a Faenza, in compagnia del mio cagnolino e fino al 15 luglio ho dato una mano dove c’era più bisogno.

In quali zone di Faenza hai dato il tuo contributo? E cosa ti è rimasto impresso dopo questi due mesi vissuti da angelo del fango?

Sono stato praticamente in tutte le zone più colpite: ho svuotato e ripulito scantinati, appartamenti e negozi in corso Saffi, nella zona di via Ponte Romano dove acqua e fango arrivavano al secondo piano, in Borgo dove ho visto tante case colpite dalla doppia alluvione e nella zona di via Lapi. I primi dieci-quindici giorni sono stati veramente angoscianti perché si toccava con mano la disperazione di tante persone che avevano perso tutto e si lavorava moltissimo, senza però vedere dei risultati perché la situazione era davvero critica, il fango era ovunque e i disagi pesantissimi, con fogne otturate e tombini saltati. C’era sempre tantissimo da fare, coordinato da Emergency e dagli Amici di Paride non restavo mai con le mani in mano. Posso dire di non aver mai visto un disastro di proporzioni simili, nel 2012 andai ad aiutare a Monterosso (provincia di La Spezia), ma a Faenza la devastazione è stata totale. Ciò che porto nel cuore sono proprio le persone che ho incontrato e aiutato: i romagnoli sono davvero belle persone, aperte, solari e capaci di reagire davanti al dramma. Ricordo sempre con piacere i ritrovi in piazza, alla fine delle giornate passate a spalare fango e acqua.

“Mi piace pensare che il bene ricevuto ritorni indietro”

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Mario con altri volontari a casa Mita di Faenza.

Dove hai alloggiato a Faenza?

La prima settimana sono stato ospite del locale Clandestino e poi sono arrivato al centro sociale Casa Mita dove ho dormito su una branda donata dalla 100 km del Passatore. Il presidente Emiro, Anna, Romana e tutti gli altri mi hanno davvero trattato come un figlio, mettendomi a disposizione tutto ciò di cui avevo bisogno per poter continuare ad aiutare.

E poi cosa è successo? Come hai scelto di fermarti a vivere nella nostra città?

Mi sono innamorato di Faenza e della Romagna. È un territorio che mi dona serenità e sono davvero felice di essere qua, non sono stressato come quando vivevo a Pavia. Per questo motivo già durante l’attività di volontariato ho iniziato a cercare lavoro, per poter prolungare la mia permanenza. A metà luglio poi mi è stato offerto un impiego dal Comitato d’Amicizia e ora mi occupo di effettuare piccoli traslochi, ritiro di rifiuti, sfalci e potature. A 53 anni non mi sarei mai aspettato di ottenere un contratto a tempo indeterminato, a Pavia purtroppo ero disoccupato. Inoltre mi è stato messo a disposizione anche un alloggio, all’interno di un capannone del Comitato d’Amicizia, in via Pana: per tutto quello che hanno fatto per me posso solo ringraziarli infinitamente. Mi piace pensare che il bene che ho fatto sia in qualche modo tornato indietro. Ora devo solo trovare una casa, la speranza è di riuscirci entro la prossima primavera.

Il problema di trovare una casa: “Si deve investire di più nell’edilizia popolare”

Come tanti faentini dunque stai faticando a trovare un alloggio?

Sì, al momento trovare una sistemazione è davvero complicato e posso confermare che siamo di fronte ad un’emergenza abitativa. Le case danneggiate sono molte, l’alluvione ha colpito duramente anche tante case popolari (280 quelle alluvionate) e gli affitti sono alle stelle.
Servono assolutamente fondi per l’edilizia residenziale pubblica e per aiutare le famiglie a ristrutturare le proprie case: le spese sono davvero ingenti per ripristinare un’abitazione e tante persone non possono farcela da sole, hanno giustamente bisogno di aiuto.
Senza contare le aziende che post alluvione sono ferme e devono ripartire.

Il tuo futuro comunque lo immagini a Faenza?

Sì, mi trovo benissimo e sono molto contento di aver aiutato tanti faentini a rialzarsi e a tornare a sorridere, in un periodo difficile. È sicuramente un’esperienza che rifarei.

Samuele Bondi

nella foto, Mario a sinistra con un altro volontario