La celebre Storia di un’anima, l’autobiografia di santa Teresa di Lisieux, morta in Francia nel 1897 per tubercolosi, rappresenta uno dei massimi capolavori dello spirito, nell’età moderna. Dalla narrazione intensa, semplice e profonda a un tempo, raccolgo alcune suggestioni, brani sparsi, non in forma cronologica, un florilegio forse superficiale, che esprima la finissima sensibilità umana e mistica di Teresa. Prima di entrare, giovanissima, insieme ad alcune sorelle, nel monastero carmelitano di Lisieux, aveva compiuto, con il padre, un indimenticabile viaggio a Roma, in pellegrinaggio da papa Leone XIII, visitando anche alcune città italiane.

Quello che penso dei preti

«Un’altra esperienza che feci riguardo i sacerdoti. Non avendo vissuto nella loro intimità, non potevo capire lo scopo principale della riforma del Carmelo. Pregare per i peccatori, mi rapiva, ma pregare per le anime dei preti, che io credevo più pure dei cristalli, mi pareva sorprendente. Ah! Ho capito la mia vocazione in Italia e non è stato andare troppo lontano per una conoscenza tanto utile! Per un mese ho vissuto con molti santi sacerdoti e ho visto che, se la loro dignità sublime li innalza al di sopra degli angeli, essi sono tuttavia uomini deboli e fragili. Se dei santi preti che Gesù chiama nel Vangelo “il sale della terra”, mostrano nella loro condotta che hanno un grande bisogno di preghiere, che dobbiamo dire dei tiepidi?… Come è bella la vocazione che ha per scopo di conservare il sale… È la vocazione del Carmelo, poiché il fine delle nostre preghiere e dei nostri sacrifici è di essere apostoli degli apostoli… bisogna che mi fermi. Se continuassi su questo argomento, non finirei più».

Gli studenti di Bologna

«A Milano un vecchio signore francese, il quale senza dubbio non aveva l’animo poetico, ci guardava un po’ di sbieco e diceva con un certo cattivo umore, quasi gli dispiacesse di non poter partecipare alla nostra ammirazione: “Ah, come sono entusiasti i francesi!”. Credo che quel povero signore avrebbe fatto meglio se fosse rimasto a casa sua… si lamentava, era scontento delle vetture, degli alberghi, delle persone, delle città… Papà con la sua solita grandezza d’animo, cercava di consolarlo.»

La visita a Bologna

«Con gioia lasciai Bologna, la quale mi era diventata insopportabile a causa degli studenti di cui è piena e che formavano siepe, quando avevamo la sventura di uscire a piedi; e a causa soprattutto del piccolo incidente avuto con uno di essi, fui felice di prendere la via di Loreto… la pace, la gioia, la povertà vi regnano sovrane; tutto è semplice e primitivo, le donne hanno conservato il loro garbato costume italiano e non hanno come quello di altre città, adottato la moda di Parigi; insomma Loreto mi rapì».

Il rottame di ferro inutile

«Ecco la mia preghiera: chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, che Egli viva e agisca in me… tanto più le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo rottame di ferro inutile, se mi allontanassi dal braciere divino) correranno rapidamente all’effluvio dei profumi del loro Amato, perché un’anima infiammata d’amore, non può rimanere inattiva… Tutti i santi l’hanno capito… Soprattutto imito il comportamento della Maddalena, la sua stupefacente o piuttosto amorosa audacia, che affascina il Cuore di Gesù, seduce il mio».

Le donne scomunicate

«Non riesco ancora a capire perché mai le donne siano tanto facilmente scomunicate in Italia, a ogni piè sospinto ci veniva detto “Non entrate qua… non entrate là, sarete scomunicate!”. Ah povere donne, quanto disprezzo per loro! Eppure, son ben più numerose degli uomini quelle che amano Dio, e durante la Passione di Nostro Signore, le donne ebbero più coraggio degli apostoli, poiché sfidarono gli insulti dei soldati e osarono asciugare il Volto adorato di Gesù. Certamente per questo Egli permette sia il loro retaggio sulla terra, poiché l’ha scelto per se stesso. In Cielo saprà ben mostrare che i pensieri suoi non sono quelli degli uomini».

Il mio posto nella Chiesa?

«Considerando il Corpo Mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in alcuno dei membri descritti da san Paolo o piuttosto volevo riconoscermi in tutti. La Carità mi dette la chiave della mia vocazione. Capii che, se la Chiesa ha un corpo composto da diverse membra, l’organo più necessario e nobile di tutti… capii che la Chiesa ha un cuore e questo cuore arde d’amore… Capii che l’amore racchiude tutte le vocazioni, che l’amore è tutto… Allora esclamai nell’eccesso della mia gioia delirante, esclamai: Gesù Amore mio, la mia vocazione…è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa… Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l’amore. Così sarò tutto…e il mio sogno sarà attuato!… Perché parlare di gioia delirante? No, questa espressione non è giusta, è piuttosto la pace, la serenità del navigatore il quale scorge il faro del suo porto. Oh, faro luminoso dell’amore!».

Gli occhi del vecchio monaco

Sono temerario a descrivere con piglio giornalistico, le rapide pennellate sulla gigante statura di una santa che il papa san Giovanni Paolo II ha insignito per la sua profonda scientia amoris, Dottore della Chiesa. Non me ne vogliano i cultori della mistica di Teresa del Bambin Gesù per la brevità di una affastellata sintesi. Se ho creato per chi non conosce La storia di un’anima interese e proficua curiosità, sarò ben lieto. Termino con il racconto dell’incontro, sempre a Roma, di Teresa con il carmelitano. Ancora ignara delle sofferenze che l’avrebbero attesa nel monastero.

«Un giorno in cui visitavamo un convento di carmelitani… mi spinsi fino al chiostro interno… a un tratto vidi un buon vecchio carmelitano che da lontano mi faceva cenno che mi allontanassi, ma io, invece di andarmene, mi avvicinai a lui, e indicando i quadri del chiostro, gli feci cenno che erano belli. Capì senza dubbio dai miei capelli sciolti e dall’aria giovane che ero una bambina, mi sorrise con bontà… Se avessi potuto parlare italiano, gli avrei detto che ero una futura carmelitana, ma…».

Dante Albonetti