L’architetto Giorgio Gualdrini, nel tempo del tweet, offre ai lettori un libro corposo, frutto di anni di studio e di viaggi all’estero: 560 pagine di scatti fotografici ed evocazioni letterarie, meditazioni filosofiche e domande religiose suscitate dall’accostamento a tre celeberrime opere d’arte. L’introduzione è di monsignor Erio Castellucci, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana. La presentazione del “Trittico delle cose ultime” (Pazzini editore) è in programma il prossimo 6 ottobre al Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, con inizio alle 17.30.

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“Un poema della bellezza sofferente”

Alla presentazione, oltre all’autore e alla direttrice Claudia Casali, intervengono il filosofo Natalino Valentini dell’università di Urbino, il teologo Gian Domenico Cova e la storica dell’arte Alessandra Rizzi, ambedue di Bologna. Margherita Rondinini leggerà brani di alcune opere letterarie citate da Gualdrini nel suo libro, da poco recensito sul quotidiano Avvenire dallo scrittore Eraldo Affinati. «Questo volume attiva il cervello e il cuore – scrive nell’introduzione monsignor Castellucci – emoziona e commuove, fa riflettere e ragionare. Il fascino drammatico della Crocifissione di Grünewald a Colmar, insieme alla Madonna Sistina di Raffaello a Dresda e al Cristo nella tomba di Hans Holbein a Basilea, magistralmente scandagliati dall’autore di questo libro, in compagnia di centinaia di altre opere menzionate e inquadrate, spesso con poche incisive parole, rende l’opera dell’architetto Gualdrini «un poema della bellezza sofferente». Di questo “trittico” l’autore indaga non soltanto i più profondi significati, sotto il profilo iconografico e simbolico, ma anche l’inesauribile “storia degli effetti” generata dai tre dipinti lungo i secoli nei diversi ambiti della cultura umana: artistico, letterario, filosofico, biblico, teologico, spirituale. Le diverse tappe di questo intenso e affascinante percorso interpretativo sono scandite dalle incalzanti domande di senso, punti interrogativi conficcati nella linea d’intersezione tra la terra e il cielo, tra il “tempo penultimo” e il “tempo ultimo”. Meditando e contemplando queste tre icone della modernità, l’opera alimenta e orienta il nostro pensiero verso le “cose ultime”, ma ci sollecita anche a riconsiderare la dignità delle “cose penultime”, nella consapevolezza che la personale “coscienza della fine” genera un proprio modo di stare al mondo». La relazione tra bellezza e sofferenza guiderà il lettore nell’affrontare questo testo, frutto di un decennio di intenso lavoro.

Giulio Donati