Giovanni Zama, ma per i più è da sempre Gianèto d’Zamarèja, domenica otto ottobre taglierà il traguardo del secolo di vita. Cent’anni sono tanti, ma lui se li porta ancora bene e si prepara a festeggiarli insieme alla moglie Maria (lei ne ha soltanto, si fa per dire, 94), ai loro otto figli, tredici nipoti, dieci pronipoti e, sicuramente, un bel gruppo di parenti e amici.

Basiago, 8 ottobre 1923

Lo conosco si può dire da sempre, per via che, da burdël fin dopo i vent’anni, nel mio andirivieni giornaliero dai Balarde˜, passavo in bicicletta davanti a casa sua, lì fuori Porta delle Chiavi, lungo quella che era allora la vecchia via Emilia. Da una semplice conoscenza sono passato a qualcosa di più grazie a Giuliano Bettoli a cui lo legava un vincolo di parentela (Maì ‘d Zamarèja, nonna materna di Giuliano, era la sorella di Tugnèt il babbo di Gianèto), ma soprattutto una grande amicizia. Di Gianèto, di alcune loro avventurose spedizioni oltre confine, Giuliano ha scritto diverse volte, in particolare su 2001 Romagna; nel 2018, poi, l’ho fatto anch’io con un paio di articoli qui sul Piccolo, ma in un’occasione unica come questa è giusto parlarne ancora perchè Gianèto è stato ed è ancora un personaggio che vale la pena di conoscere. L’altra mattina sono andato a trovarlo e ci siamo fatti una bella chiacchierata cominciando dalla storia della sua famiglia. Da una ricerca effettuata da Rita Zama, la sua secondogenita, risulta che la famiglia Zamarèja, originaria della Celle, è arrivata a Basiago nel 1840. Qui nel 1847 nasce Giacomo Zama che, sposatosi con Lucia Liverani, mette al mondo otto figli e fra questi c’è Antonio (Tugnèt) il babbo di Gianèto. Tugnèt a sua volta avrà tre figli dalla prima moglie Colomba Mazzotti, che muore di “Spagnola”, e altri quattordici da Carola Liverani, sposata in seconde nozze. Gianèto nasce l’8 ottobre 1923 ed è il terzogenito del secondo matrimonio. Frequenta la scuola elementare a Basiago, ma solo fino alla terza e la licenza di quinta la prenderà poi nell’immediato dopoguerra partecipando ai corsi serali della cosiddetta “Scuola popolare”. Fin da bambino lavora nel campo e per la velocità con cui si muove viene soprannominato Saèta.

La storia

Durante la seconda guerra mondiale ha l’età per essere arruolato nell’esercito, ma dopo essere stato fatto rivedibile varie volte per via dei suoi prolungati digiuni che l’hanno ridotto a pelle e ossa, viene riformato. Rientrato nella casa di Basiago, dove sono sfollati tutti i Bettoli, viene catturato dai tedeschi e caricato su un camion, ma riesce a sfuggire alla deportazione; fingendo infatti di avere un bisogno urgente e, ottenuto per questo il permesso di scendere, se la dà a gambe con i pantaloni in mano. Passato il fronte, dato che il loro podere non è molto grande e le braccia in casa sono ormai tante, Gianèto e i suoi fratelli si adattano a lavorare a giurnêda per i loro vicini, oppure a far parte della squadra dla machina da bàtar e lì Gianèto, che non digiuna più, si fa notare per la grande forza di cui è dotato che gli consente di portare sulle spalle fino a due quintali. Risalgono al periodo post bellico anche alcuni episodi che lo vedono coinvolto in forti contrasti politici (da una parte lui con i democristiani di Basiago, dall’altra i socialisti e i comunisti della Cosina) che sfociano in vere e proprie azioni militari con raffiche di mitragliatrice contro il campanile di Basiago e il lancio di bombe a mano verso gli assalitori. Durante una gita in camion al passo della Colla, organizzata dalla Democrazia cristiana di Faenza, Gianèto conosce Maria Bassi della famiglia dei Malzèta di Reda, che sposerà il 21 aprile del 1951.

I viaggi di Gianèto

Dopo il viaggio di nozze a Roma, Gianèto e Maria vanno ad abitare a Faenza in casa di Raflì Lama a ridosso della Porta delle Chiavi (un cucinotto e una stanza) e lì nascono i primi tre figli. Gianèto lavora sodo nei campi, ma non solo; attrezzata una carioca passa da un contadino all’altro a sgranare granturco e a torchiare vinacce stando via da casa anche 15-20 giorni. Maria, impegnata con i bambini, gli dà però una mano prendendogli le prenotazioni. Nel 1957 vanno ad abitare in via Forlivese nella nuova casa costruita facendo debiti e sacrifici. Lì nasceranno gli altri cinque figli. Gianèto, presa la patente e rilevata una licenza di servizio pubblico, inizia quell’attività che continuerà a praticare fino ai novant’anni, macinando migliaia e migliaia di chilometri. Con le sue mitiche auto con prolunga ha trasportato scolari, magliaie, maestre, sposi, pellegrini, turisti, uomini politici e d’affari su e giù per tutta l’Italia e pure all’estero. Si è spinto fino a Capo Nord, in Grecia, in Turchia, in Palestina, in India e fino a Katmandu, la capitale del Nepal, rimanendo fuori quindici, venti giorni, un mese intero. Il bello è che, una volta ritornato a casa, aveva varie altre attività da portare avanti, aiutato però sempre da Maria che, oltre a badare alla famiglia, è sempre stata la sua efficientissima segretaria factotum. Un’esistenza lunga, laboriosa ed avventurosa quella di Gianèto, tanto che ci si potrebbe scrivere un libro da concludere con il suo messaggio finale per la gioventù di oggi: «Int la vita e’ bsógna sèmpar des d’atôrna!». Auguri Gianèto!

Mario Gurioli